Intervista. Dego, il mio violino dalla parte delle donne
Francesca Dego
Mentre osserva lo scintillio del tramonto sul Golfo dei poeti, Francesca Dego prende un respiro profondo. E quando imbraccia il violino circondata dagli antichi alberi del giardino di Villa Marigola, le corde sembrano vibrare più forte, facendo scorrere un brivido fra il pubblico in attento silenzio. Perché l’ultimo anno e mezzo è stato particolarmente complesso per una giovane donna diventata una delle più grandi star internazionali del violino, che al “Lerici Music Festival”, nelle note di Schubert e Mendelsshon, fa risuonare con eleganza e consapevolezza tutte le sue gioie e i suoi dolori.
La gioia di festeggiare i 6 anni di matrimonio con il direttore d’orchestra Daniele Rustioni (un’altra delle stelle che illuminano il festival voluto e diretto dal maestro Gianluca Marcianò). Ma anche il dolore di avere perso l’amatissimo padre, lo scrittore e critico letterario Giuliano Dego, durante il lockdown. Francesca Dego nell’attesa dell’uscita a settembre del cd dei Concerti per violino numero 3 e 4 di Mozart (KV 216 e KV 218), per Chandos, accompagnata dalla Royal Scottish National Orchestra diretta da Sir Roger Norrington.
La Francesca Dego che vediamo sul palco del “Lerici Music Festival” sembra avere una energia in più. È la ripartenza dopo il lungo stop dovuto all’emergenza Covid?
Io sono una privilegiata. Da metà maggio non ho piu smesso di suonare. Vengo da un anno e mezzo di totale fermo e di grandissime delusioni, di cose importanti che sono saltate e che non si possono recuperare. Come tutti, certamente. Nel ricominciare a lavorare, c’è una diversa presa di coscienza e gratitudine per quello che facciamo. C’è una emozione particolare nel fare concerti, ancora di più nel condividerla con colleghi e amici. In questa ottica c’è il piacere di ritrovarsi con chi vogliamo noi. E qui al Lerici Music Festival ci è data questa possibilità. Quest’anno il mio amico Gianluca Marcianò mi ha detto: «Vieni a fare quello che vuoi tu». Questa libertà artistica fa si che si possano creare progetti che rappresentano veramente gli artisti. Così io ho portato l’Ottetto di Schubert, eseguito con l’insieme dei migliori archi italiani, ensemble costituito al Gravedona Chamber Music Festival, il festival di musica da camera che organizzo insieme a Jacopo Di Tonno da tre anni sul Lago di Como e che si svolgerà dal 6 agosto al 27 agosto. Sta nascendo quindi una collaborazione anche per il futuro col “Lerici Music Festival”.
Col maestro Marcianò, quindi, pensate di iniziare uno scambio di concerti di alto livello?
Col “Lerici Music Festival” sta nascendo una bellissima collaborazione, basata su progetti di qualità. Il maestro Marcianò è un catalizzatore di artisti da tutto il mondo a Lerici, con una attenzione particolare per i giovani. Mi ha colpito suonare con la Lerici Festival Orchestra, una orchestra di giovani di ottima qualità, ben 65 elementi che convergono da moltissimi Paesi e in cui il maestro crede moltissimo. In futuro ci scambieremo i concerti creando un piccolo circuito.
Lei da Lerici lancia in anteprima anche il suo prossimo progetto discografico dedicato a Mozart.
A settembre uscirà il primo volume volume dell’incisione integrale dei concerti per violino e orchestra di Mozart. Si tratta di due volumi insieme a Sir Roger Norrington, il massimo studioso di questo repertorio mozartiano con Harnoncourt, che all’alba degli 87 anni ha deciso di registrare queste Concerti per la prima volta e lo farà insieme a me. Oltretutto si tratterà della sua ultima registrazione. È un’emozione perché lui è un personaggio mitologico. Lui è stato uno dei miei grandi sostenitori, ha cambiato il mio modo di vedere questo repertorio. Forse non avrei mai accettato questa sfida senza di lui che mi ha spinto a credere di poter affrontare questo Mozart. L’integrale è composta da cinque concerti: ora usciamo col Terzo e Quarto e una Sonata con al piano Francesca Leonardi. Nel febbraio 2022 uscirà il secondo cd, con gli altri Concerti e Sonate violino e piano di Mozart sempre con lei. La cosa bellissima è vedere, dal primo al quinto Concerto che il genio scrisse in un poco più di un anno, l’evoluzione dello stile e la velocità con cui cambia la sua scrittura.
A proposito di evoluzione, che musicista e che persona è Francesca Dego oggi?
Sono diventata più forte, sono in una fase della mia carriera in cui son sempre più sicura come musicista. Questo periodo di stop forzato mi ha dato l’occasione di andare più a fondo in un certo repertorio. Ho studiato molto, ed è stato la mia salvezza. Durante il secondo lockdown ho anche tenuto qualche concerto in streaming, ma è difficilissimo ricreare quello scambio adrenalinico col pubblico.
E il ruolo delle donne nel mondo della musica classica in questo periodo?
Si parla sempre di soliste, di registe, di direttrici d’orchestra e va bene ma troppo spesso vengono usate come facciata. Non ci sono abbastanza donne nei ruoli dirigenziali delle istituzioni musicali. Le direttrici artistiche dei grandi festival si contano sulle dita di una mano. Quando mi interfaccio con chi prende le decisioni e tiene le redini della cultura trovo ancora una netta maggioranza di uomini. In ambito anglosassone però, la questione sta cambiando molto e i primi segnali si colgono anche in Italia. Lei è stata molto critica sulla chiusura dei teatri. E lo sono ancora. Quasi tutti i governi hanno dato priorità e concessioni al calcio quando i teatri erano allo stremo. Non è stata nemmeno concessa la capienza al 50 per cento, quando si sa che i teatri sono luoghi sicuri, dove è facile separare le persone. Con la buona volontà ci sarebbe stata la possibilità di tenere aperto: io sono una privilegiata, ma conosco colleghi che invece fanno la fame. È tremendo vedere che vivi in una società che ti cancella. La categoria sta tentando di rimettersi in piedi, ma l’amarezza c’è.
Come ha vissuto il lockdown a Londra con suo marito Daniele Rustioni?
Daniele ed io abbiamo avuto l’opportunità di stare insieme molto, cosa che con il nostro mestiere era una vera impresa, e nel primo lockdown siamo stati relativamente bene, potevamo fare lunghe passeggiate nei parchi in sicurezza, a differenza che in Italia. Ora suoneremo ancora insieme, dopo Lerici, per diversi festival cameristici, da Gravedona fino a Portogruaro. Purtroppo, invece, mio padre è mancato nell’agosto 2020 ed io dal febbraio non ho potuto più vederlo. Questa restrizione nel mio cuore la vivo come una ingiustizia. Papà è stato un grandissimo scrittore e rileggendo i suoi lavori mi sento fortunata, lo trovo incredibilmente vicino in quello che mi hai lasciato ed è come se continuassi a sentirlo.