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Musica. Così il Decreto dignità sta bloccando le orchestre italiane

Pierachille Dolfini domenica 10 marzo 2019

Lo sblocco dei contratti a termine nelle fondazioni lirico-sinfoniche potrebbe essere questione di settimane. Forse solo di giorni. Il ministro dei Beni e delle attività culturali Alberto Bonisoli assicura che «è quasi pronto un decreto legge per superare il blocco dei contratti a tempo determinato» che si è venuto a creare nelle 14 fondazioni in seguito al cosiddetto Decreto dignità varato dal Parlamento in via definitiva il 7 agosto dello scorso anno, ma soprattutto dopo la sentenza del 25 ottobre con la quale la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato illegittima la normativa italiana nel passaggio in cui non prevede per le fondazioni nessun limite al rinnovo dei contratti né riguardo ad un tetto massimo di durata degli stessi contratti né relativo ad un obbligo di motivazione dei rinnovi.

È qui il vero nodo, perché il Decreto dignità lasciava un margine di libertà. La Corte del Lussemburgo ha complicato le cose» spiega Cristiano Chiarot, sovrintendente del Maggio musicale fiorentino e presidente dell’Anfols, l’Associazione nazionale fondazioni lirico-sinfoniche. Blocco dei contratti a termine che significa di fatto l’impossibilità (per evitare cause e sanzioni) da parte dei teatri lirici di scritturare i cosiddetti “aggiunti”, orchestrali, coristi e ballerini che vanno ad affiancare gli artisti stabili assunti con contratto a tempo indeterminato in occasione di produzioni che richiedono organici più vasti.

Così l’Arena di Verona ha dovuto cambiare in corsa il titolo inaugurale della stagione invernale partita a fine gennaio al Teatro Filarmonico: non più il monumentale Mefistofele di Arrigo Boito, ma il più “cameristico” Don Giovanni di Mozart. All’Opera di Roma nelle festività natalizie non è andato in scena Lo schiaccianoci con i ragazzi della Scuola di ballo. Sempre a Roma l’Accademia nazionale di Santa Cecilia ha dovuto rivedere il programma del Concerto di Natale cancellando i brani previsti di Richard Strauss che avrebbero richiesto aggiunti tra i leggii dell’orchestra.

«A Venezia, per fortuna, non siamo stati costretti a cambiare nessun titolo, cosa che per me significherebbe un tradimento nei confronti del pubblico. Il cartellone di questa stagione e il fatto che i nostri contratti a termine sono circa una ventina ci hanno esposto meno al problema rispetto ad altre fondazioni che hanno dovuto correre ai ripari» racconta il sovrintendete della Fenice Fortunato Ortombina, sottolineando che è necessario un intervento legislativo. Perché «il ricorso al tempo determinato è imprescindibile, fa parte della natura del lavoro artistico» interviene Chiarot, spiegando poi come «il modello che abbiamo messo a punto a Firenze è stato adottato anche in altri teatri italiani in attesa di un intervento governativo. Abbiamo stipulato accordi con le masse artistiche che ci hanno consentito di mantenere la programmazione inalterata».

L’Anfols, racconta Chiarot, ha siglato un accordo a livello nazionale con i sindacati che poi ogni fondazione, al suo interno, ha dovuto ratificare e adattare alle esigenze dei diversi teatri. «Stiamo aspettando che il governo legiferi per fare chiarezza e metterci in condizione di lavorare – avverte il sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo, Francesco Giambrone –. Per fortuna siamo riusciti a non avere grandi modifiche alla programmazione grazie all’accordo tra Anfols e sindacati che ci ha messo per il momento nelle condizioni di lavorare». Ma occorre intervenire in fretta dicono le fondazioni liricosinfoniche. «Il dialogo con il Mibac è stato avviato da subito e siamo fiduciosi che presto ci verrà offerto uno strumento legislativo in grado di metterci nelle condizioni di operare al meglio» sottolinea ancora Chiarot.

«È molto urgente che si proceda presto a risolvere il problema ed è una materia in cui c’è molta confusione e ambiguità. È necessario rispettare la legge, ma anche le esigenze produttive, che sono molto diverse da quelle degli altri settori tanto della pubblica amministrazione che del privato» spiega Giambrone.

Qualche giorno fa le rassicurazioni del ministro Bonisoli che ha fatto anche sapere che «la norma che sta preparando il Ministero del Lavoro ha dentro anche temi relativi al tempo determinato in altri settori». Il decreto 87 del luglio 2018 stabilisce il limite di durata dei contratti di lavoro a tempo determinato a 12 mesi prolungabile a 24 mesi solo, però, in presenza di esigenze produttive temporanee straordinarie e documentabili. «A questo si è aggiunta la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha reso ulteriormente complicato il ricorso ai contratti a tempo determinato» riflette Chiarot. «Il rischio – aggiunge Ortombina – è quello di esporre la fondazione a contenziosi: la legge così come è formulata ora sembra offrire su un piatto d’argento ai lavoratori la possibilità di fare causa. La formula del contratto a termine consente di saggiare la qualità di un artista. Inoltre chi diventa stabile in una fondazione dovrebbe farlo tramite concorso pubblico: dire che si devono stabilizzare i lavoratori che vengono richiamati dopo un primo contratto equivale a una sorta di condono, a un indulto» conclude il sovrintendente della Fenice trovando positivo il fatto che questo nodo apra un dibattito sulla situazione dei lavoratori dei teatri lirici.

E accanto a un intervento legislativo le fondazioni chiedono un rilancio di tutto il settore. «La vera spada di Damocle che incombe è l’insieme del debito che supera i 400 milioni di euro. Tale debito, nonostante la legge Bray-Franceschini, non potrà essere estinto a breve» aveva detto Chiarot a novembre in un’audizione sul Fus in commissione Cultura del Senato. E oggi il presidente dell’Anfols chiede che lo Stato non tagli, ma mantenga i contributi del Fondo unico per lo spettacolo «invariati rispetto al 2018» quando nelle casse delle fondazioni lirico-sinfoniche sono arrivati 178.85 milioni di euro. «Il controllo di merito sui bilanci per i tempi di approvazione delle assemblee è sempre complicato – ha ricordato qualche giorno fa il ministro Bonisoli –. Sicuramente dovremo trovare una soluzione all’interno della revisione della normativa contenuta all’interno della delega del Codice dello spettacolo».