Il ricordo. De Gasperis, sui passi della Bibbia
Il gesuita Francesco Rossi De Gasperis (1926-2024) durante una lectio divina
È morto a Roma il 26 febbraio all'età di 97 anni padre Francesco Rossi de Gasperis, gesuita, biblista per decenni a Gerusalemme dopo un'esperienza missionaria in Giappone. Il religioso si è spento nella residenza San Pietro Canisio all'interno della Curia generale della Compagnia di Gesù. Mercoledì alle 10 si sono tenuti i funerali nella Chiesa del Gesù all'Argentina. Francesco Rossi De Gasperis era nato a Roma, nel quartiere Ludovisi, il 6 ottobre nel 1926. Il 12 novembre 1944 aveva fatto il suo ingresso nella Compagnia di Gesù. Viene ordinato presbitero il 6 luglio 1957. Ha emesso i voti definitivi il 2 febbraio 1962. Dopo un periodo di vita missionaria in Giappone, Francesco Rossi de Gasperis ha partecipato per diversi anni alla pastorale della Cappella dell’Università della Sapienza, a Roma. Dal 1966 al 1995 ha insegnato teologia biblica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Si è soprattutto occupato di lectio divina, specialmente in relazione agli Esercizi spirituali ignaziani, e ha dato ritiri e tenuto sessioni in molti paesi di Europa, Asia, Africa e nelle Americhe. Dal 1977 ha fatto parte della comunità del Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme, dove si è interessato alle radici ebraiche della fede cristiana, fino al suo ritiro. Dal 2010 ha deciso di tornare a Roma, nella residenza San Pietro Canisio dove lunedì ha concluso la sua vita terrena. Con il confratello Carlo Maria Martini aveva accarezzato il sogno ,non realizzato, di morire e di essere sepolto a Gerusalemme in una delle tombe assegnate ai padri gesuiti del Pontificio Istituto Biblico.(F.Riz.)
Di seguito l'intervista rilasciata ad Avvenire in occasione del 90° compleanno nell'ottobre 2016.
Si avverte come un «missionario mancato» destinato a vivere il suo ministero – alla stregua degli insegnamenti di papa Francesco – nella «periferia esistenziale» del Giappone. Ma si sente anche un gesuita riuscito, avendo guidato più di duemila persone (tra cui molti confratelli italiani, spesso in formazione) nei luoghi dove è vissuto Gesù attraverso dei «cammini spirituali» avendo come bussola la Bibbia e gli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio. È la parabola di vita di Francesco Rossi de Gasperis, classe 1926, che proprio domani taglia lo storico traguardo dei 90 anni. Un’esistenza cadenzata da grandi incontri con personaggi del Novecento cattolico che hanno costituito l’incipit del suo apostolato biblico: dal suo maestro Michel Ledrus (lo stesso di Carlo Maria Martini), «che mi ha insegnato l’importanza della dimensione spirituale delle cose», a Bernard Lonergan («Il teologo di cui sono stato allievo alla Gregoriana e che mi ha dato un metodo»); da Pedro Arrupe («A malincuore accettò la mia rinuncia a rimanere a Tokyo per motivi di salute») a Giuseppe Dossetti («Grazie alla sua lectio divina compresi quanto fosse importante per me andare a vivere in Israele»); fino ad Antonella Carfagna: «Mio alter ego che mi ha aiutato a far capire a tanti cattolici l’importanza di scoprire le radici ebraiche nella fede cristiana attraverso iniziative di successo come gli itinerari spirituali nella “Terra del Santo” e quelle editoriali come “Prendi il libro e mangia”». Padre Rossi de Gasperis vive ora a Roma nella Curia generale dei gesuiti, in una stanza in cui campeggia tra l’altro una bella icona della Risurrezione – è la stessa un tempo abitata da uno dei suoi maestri di Sacra Scrittura, Donatien Mollat: «Devo indirettamente a lui, grande ermeneuta del Vangelo di Giovanni nell’edizione della Bibbia di Gerusalemme, l’essere stato destinato dal 1977 come professore e guida per i giovani studenti al Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme; fu l’allora rettore del Biblico di Roma, padre Martini, a inviarmi come suo successore in quel delicato incarico. Da allora fino al 2010, finché le forze me lo hanno permesso, sono rimasto in Israele, dove ho potuto sperimentare quanto sia centrale ripartire da un 'Gesù delle origini”, lontano dai tanti orpelli che spesso ci allontanano dal messaggio essenziale del cristianesimo. Un “Gesù delle origini” che ho cercato anche in Giappone... La mia vita in fondo non è stata altro che andare in luoghi periferici dove il cattolicesimo è un fatto minoritario e cercare da quei margini il senso più vero dell’annuncio cristiano».
Nei suoi anni in Terra Santa, lei ha molto insistito sull’importanza di praticare gli Esercizi Spirituali ignaziani nei luoghi dove è vissuto Gesù. Può spiegare il perché?
«Credo che anche questo faccia parte dell’andare alle radici della mia stessa vocazione da gesuita. Si immagina sempre Ignazio come un uomo di governo, legato al ministero di generale della Compagnia e incardinato alle volontà del Papa. Ma spesso si dimentica che il fondatore venne in Terra Santa come pellegrino e pochi giorni prima della mor- te espresse il desiderio di fondare un collegio proprio a Gerusalemme. Gli stessi Esercizi anche figuratamente riportano ai luoghi di Gesù e sono una lectio divina abbreviata dei Vangeli. Per questo ritengo che non solo Roma ma anche Gerusalemme nel percorso spirituale di Ignazio abbiano rappresentato uno dei fulcri centrali. Basti pensare a come Iñigo, così ci racconta la sua Autobiografia, adempiendo a un antico desiderio venne pellegrino in Terra Santa sognando di “arrivarci scalzo, mangiare solo erbe e fare tutte le altre cose dure che vedeva che avevano fatto i santi”. In tutto questo ho sempre intravisto una delle chiavi di lettura per i molti pellegrinaggi che ho guidato nel deserto, cammini spirituali che duravano anche due mesi e spesso realizzati a piedi, toccando e calpestando gli stessi luoghi vissuti da Gesù e fatti ogni giorno con la Bibbia in mano; occasioni per cambiare dal di dentro, non normali pellegrinaggi. Il frutto forse più genuino di questi percorsi è stato proprio far sedimentare nei miei “esercitanti” i doni della Parola di Dio anche quando si è ormai fisicamente lontani da Gerusalemme».
Le sue esperienze itineranti nei luoghi dove la Bibbia è nata hanno sempre avuto come filo rosso il legame con la terra...
«Perché credo molto importante mostrare gli animali, le piante, lo stesso deserto probabilmente calpestato da Gesù. In fondo si tratta dello stesso paesaggio dell’Antico Testamento, la cornice dei più importanti fatti biblici. Questo tipo di esperienze credo abbiano aiutato a comprendere meglio quanto la teologia cristiana passi attraverso la storia salvifica di Israele: è proprio da questa terra che si rivela la Parola di Dio».
Un amore per la Palestina che la spinge, come il suo confratello cardinale Carlo Maria Martini, a desiderare di morire a Gerusalemme. Come nacque quest’idea?
«Nei miei anni trascorsi a Gerusalemme non vi sono stati solo i pellegrinaggi e in particolare quelli vissuti assieme al cardinale Martini, quando ormai era in pensione. Ho potuto sperimentare l’umanità della gente di Palestina al di là del loro credo di appartenenza. Con il cardinale, in quegli anni dal 2002 al 2008, abbiamo partecipato assieme con vero “spirito di intercessione” (come lui amerebbe dire) a costruire processi di riconciliazione tra ebrei e palestinesi che spesso avevano perso i loro familiari a causa dei conflitti. Da quegli incontri ricavammo la precisa convinzione che nel mistero della croce sta la ricapitolazione di ogni sofferenza umana. Sì, il mio sogno – come era quello di padre Martini – è morire a Gerusalemme. Ricordo che ci sfidavamo, quasi giocando a chi di noi sarebbe toccata la tomba vuota di proprietà dei gesuiti accanto a padre Donatien Mollat... Purtroppo ambedue, per gli acciacchi dell’età e le malattie, siamo dovuti rientrare in Italia. Ma non ho rimpianti per il sogno non avverato: confido in quel “Gesù delle origini” che ha sempre guidato la mia vita».
Il ricordo di Settimana News sul suo amore per la Terra di Gesù
Francesca Giani che di formazione è un architetto ha pubblicato il 2 marzo un ritratto su Settimana News, il portale dei dehoniani di Bologna, in cui ripercorre la vita del gesuita biblista che aveva il sogno di diventare missionario in Giappone come Francesco Saverio e di morire in Terra Santa come Ignazio di Loyola e il quasi coetaneo Carlo Maria Martini.
L'omelia di padre Geroldi nella Chiesa del Gesù a Roma
Presentiamo qui sotto l'omelia tenuta dal gesuita e biblista Cesare Geroldi figlio spirituale del padre Francesco Rossi in occasione dei funerali del biblista romano che si sono svolti nella chiesa madre dei gesuiti a Roma il 28 febbraio scorso. Le esequie sono state presiedute dal cardinale dal cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. L'omelia di padre Geroldi è stata pubblicata sul sito blog Ingegnosi del bene.
Un momento dei funerali il 28 febbraio scorso di padre Francesco Rossi De Gasperis (1926-2024) nella chiesa del Gesù a Roma - Ingeniosinelbene