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Storia. De Gasperi e Segni, l'epistolario sulla riforma agraria

Giovanni Tassani venerdì 9 dicembre 2022

Alcide De Gasperi (1881-1954)

È positivo poter segnalare l’edizione di libri come questo, che raccoglie oltre trecento missive tra due politici protagonisti della rinascita democratica italiana come Alcide De Gasperi, capo del Governo, e Antonio Segni, ministro dell’Agricoltura fino al ’51 e poi della Pubblica Istruzione. Attraverso le tante lettere e i rapporti, accuratamente annotati, e con la lettura dei saggi introduttivi di Emanuele Bernardi e Pier Luigi Ballini, in Il governo di centro: libertà e riforme. Alcide De Gasperi – Antonio Segni. Carteggio 1943-1954 (Studium edizioni/Fondazione De Gasperi, pagine 784, euro 50,00 )​ è possibile riuscire a definire il quadro di un’Italia che vide due eminenti politici cattolici, già impegnati nel Partito popolare in età prefascista, riprendere con ben maggior spazio di governo e responsabilità politica, la cura di una centrale questione nazionale ancora aperta: quella agraria, in un paese rimasto agricolo, ma carente di beni alimentari dopo il disastro della guerra e con una condizione sociale arretrata dei lavoratori della terra, tra un tasso di analfabetismo ancora alto e un radicato latifondismo con amplissime terre incolte, specie al Sud.

Dal 1947, cioè dopo la rottura governativa tra i tre partiti di massa, comincerà per la Dc e i suoi ceti dirigenti una lotta su un doppio fronte: da un lato con i socialcomunisti, e la Federterra, che in nome della parola d’ordine “la terra ai contadini!” favorivano l’occupazione delle terre, e dall’altro lato con la pluriforme destra agraria organizzata in Confagricoltura, forte in campo liberale e ancor più nella Dc stessa (come dimostrerà la proposta alternativa al ministro Segni firmata nel 1949 da 117 parlamentari). In tutta la sua esperienza ministeriale Segni si dimostra convinto fautore della diffusione della piccola proprietà contadina e teso a contrastare la grande proprietà terriera che, dietro un’asserita vocazione industrialista aziendale, difendeva posizioni di monopolio e il mantenimento di colture estensive. Dalla parte di De Gasperi e Segni, nella modernizzazione dell’agricoltura nazionale, giocò l’apporto americano di Unrra ed Erp (Piano Marshall), ma anche la decisione di mantenere la Coldiretti, associazione d’area, sempre distinta da Federterra e Confagricoltura, a differenza di ciò che stava avvenendo nel sindacato, unitario fino all’estate 1948, quando i sindacalisti cattolici e riformisti uscirono per protesta contro scioperi politici e tumulti di piazza.

Antonio Segni (1891-1972) - Ansa

La corrispondenza raccolta in questo libro mostra una netta preponderanza da parte del ministro Segni, certamente in ottemperanza alla volontà del presidente De Gasperi di essere costantemente informato sui tanti e delicati temi della riforma agraria. Una riforma che potrà avvenire solo “a stralci”, stante la complessità delle questioni e le opposizioni aperte in differenti contesti regionali. Si privilegeranno pertanto alcuni vasti comprensori prevalentemente meridionali: in Puglia, Lucania, Fucino, Maremma, con l’eccezione al Nord del Delta padano. La volontà riformatrice del governo centrista degasperiano fu stimolata da un lato dalla volontà Usa di metter in campo una politica economica più dinamica, e sull’altro lato dalla sfida posta da Giuseppe Di Vittorio, segretario Cgil, con il suo Piano del lavoro, proposto nell’ottobre 1949. Alla fine l’intervento, in termini di bonifiche, modernizzazione e ridisegno della proprietà contadina, campagne d’istruzione popolare contro l’analfabetismo, ottenne successo, anche come la più grande redistribuzione di ricchezza mai avvenuta in Italia, con un milione di ettari di terreni dati per esproprio alla piccola proprietà contadina. In questa lotta riformatrice Segni si mostra più intransigente di De Gasperi: la sua condizione di proprietario terriero (che vorrà donare parte delle sue proprietà ai contadini) e di docente universitario di Diritto gli fanno ben capire che sugli obiettivi di riforma non occorre mediare al ribasso.

Una memoria sfocata ha ridotto il profilo politico di Segni a quello di un conservatore indeciso all’epoca dei due governi da lui presieduti tra ’55 e ’60, e ancor più come presidente della Repubblica tra ’62 e ’64. Per mantenerci al periodo del ministero dell’Agricoltura, ma il libro s’inoltra in quello successivo alla Pubblica Istruzione, e in un saggio di Ballini affronta anche il tema Ced ed Europa in raffronto a De Gasperi, osserviamo invece un Segni riformatore, molto attento all’esperienza laburista inglese. Se un ispiratore di De Gasperi può esser ritenuto il pensatore renano Wilhelm Roepke, si può ricordare che Segni scrisse nel ’49 la prefazione a un libro di Josef Dobretsberger, rettore a Graz, sulla Politica sociale cattolica al bivio, invocante uno scambio sempre più intenso, nella laicità, tra forze cattoliche e socialiste. Nel luglio ’51 Segni passò all’Istruzione ma, proprio per proseguire la battaglia del politico sardo sui temi della riforma agraria, Amintore Fanfani deciderà di accettare quel ministero, deludendo i suoi amici del gruppo dossettiano che non credevano alle possibilità riformatrici del governo di centro degasperiano.