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Tennis. La storia siamo noi: perché la Davis è vittoria di squadra, all'italiana

Giuseppe Muolo lunedì 27 novembre 2023

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Pensavamo che un sogno così, come quello del 1976, non sarebbe tornato mai più. Ma non era vero. La musica dolce della vittoria sta suonando per la seconda volta, soltanto per noi. L’Italia ha battuto l’Australia in finale a Malaga. La Coppa Davis si è dipinta nuovamente la faccia e le mani di azzurro dopo 47 anni. Come direbbe il “Principe” De Gregori, la storia siamo noi, nessuno si senta escluso.

Nemmeno chi pensava che non avremmo passato il girone a Bologna dopo la disfatta con il Canada. Nemmeno chi non riteneva possibile una rimonta dopo la sconfitta di Arnaldi nel primo incontro di giovedì. Nemmeno chi aveva abbandonato ogni speranza dopo la vittoria di Kecmanovic contro Musetti. Nemmeno chi si era arreso di fronte ai tre match point di Djokovic contro Sinner. Nemmeno chi aveva criticato le ultime scelte del capitano Volandri. “Grazie a tutta Italia e a chi ci ha supportati. Siamo stati come una famiglia – ha dichiarato il ct azzurro dopo il match -. Ora possiamo veramente essere felici e festeggiare. È un progetto partito da lontanissimo. Abbiamo affrontato un miliardo di difficoltà, ma ho sempre avuto il supporto di tutti. Anche di Berrettini. Da quando è arrivato con noi abbiamo legato ancora di più. Non ho parole”.

La storia siamo noi. Lo sono le lacrime di Matteo Arnaldi che ieri pomeriggio ha giocato contemporaneamente la partita più brutta e più bella della sua carriera. Senza fiducia, senza prima di servizio e con tutta la pressione addosso è riuscito comunque a battere Popyrin. Come? Difficile anche spiegarlo, forse impossibile. “Non so ancora bene come sia riuscito a vincere”, ha ammesso lui stesso ridendo in conferenza stampa. Ecco la magia della Davis. Presente in una partita che si può descrivere con una sola parola: precarietà. L’ago della bilancia ha oscillato continuamente da una parte all’altra senza un filo logico. È stata una vera e propria sagra degli errori, causata dalla grandissima tensione in campo per una sfida che si preannunciava già decisiva.

Stoiche le otto palle break salvate da Matteo nel finale. Dopo un secondo set giocato malissimo non era per niente facile dimenticare tutto in fretta e ripartire, ma Matteo c’è riuscito. Pur avendo sbagliato molto nell’arco dell’incontro, è stato lucido nei momenti decisivi, trovando quella freddezza e quelle accelerazioni che gli erano mancate nella prima sfida contro l’Olanda.

La storia siamo noi. Lo è il rumore dei vincenti di Sinner nel silenzio sacrale dei momenti più complicati. Quella capacità, tutta italiana, di tirarsi fuori dai problemi, anche quando ogni cosa sembra ormai perduta.

La storia siamo noi, siamo noi le braccia al cielo di Jannik dopo il match point più importante della sua vita. In un incontro che ha certificato che in questo momento è il giocatore più forte del mondo. Senza se e senza ma. Ha regalato perle di bellezza rara anche in una partita dove l’estetica non interessava a nessuno. Bastava solo vincere, ma lui ha anche illuminato.

Dagli spalti le emozioni passavano dal desiderio di vedere chiusa la pratica il prima possibile a non voler mai staccare gli occhi dal suo tennis, che “disegna” divinamente il campo di gioco.

È impressionante come riesca a muovere i piedi tanto velocemente per andare alla ricerca della palla. E la trova sempre perfettamente, con un tempismo quasi irreale. È grazie a questa straordinaria capacità, supportata da una grandissima condizione fisica, che può colpire la palla con forza ed esplosività. Nel primo set breakka per due volte De Minaur e chiude con il punteggio di 6-3. Nel secondo aumenta i giri e trasforma l’australiano in uno dei tanti spettatori del palazzetto “Martìn Carpena”.

Non c’è stato un solo momento in tutta la partita nel quale abbia dato l’impressione di trovarsi in difficoltà. Troppo superiore, troppo più forte. E davanti a sé aveva il numero dodici del mondo. I colpi da copertina si sono sprecati. Uno dei più belli è stato un rovescio lungo linea vincente colpito andando all’indietro nel quarto game. Un colpo che non esiste.

“Sinner non si guarda, si ascolta”, aveva detto Pietrangeli pochi minuti prima dell’inizio della finale. Ipse dixit.

Dopo la vittoria, Jannik ha voluto anche rivolgere il proprio augurio a Tathiana Garbin, la ct dell’Italtennis femminile che oggi verrà operata a causa della recidiva di un tumore.

“È vero, abbiamo fatto la storia e abbiamo vinto la Coppa Davis, ma la battaglia più importante deve giocarla Tathiana. Il nostro pensiero va anche a lei in questo momento”.

Campione di umanità oltre che in campo, proprio mentre la storia del tennis tricolore, di cui egli stesso ieri ha contribuito a scrivere una delle pagine più fulgide, entrava nelle case di milioni di italiani, facendo ardere di passione un intero Paese, dal premier Giorgia Meloni, che ha festeggiato la vittoria con un tweet al presidente della Repubblica che riceverà la squadra. In un primo tempo si era ipotizzata la data del 21 dicembre. Ma a causa di impegni già presi l'incontro verrà spostato. Intanto il sogno è tornato. La storia siamo noi. E si riparte da Malaga con l’insalatiera più famosa del mondo colorata di blu. Anzi di azzurro.