Agorà

L'INTERVISTA. Da Hiroshima all’energia del Sole

Roberto Cutaia giovedì 6 gennaio 2011
Bisogna dire sì o no al nuclea­re? Qualche risposta ce la for­nisce Hans Peter Dürr, l’81en­ne professore tedesco nato a Stoc­carda nel 1929, che abbiamo incon­trato sul Lago Maggiore dove, insie­me alla moglie californiana Sue, ama trascorrere, da cinquant’anni, qual­che settimana di vacanza nella villa che, come lui stesso ci ha racconta­to, fu fatta costruire un secolo fa dal nonno. Hans Peter Dürr è un fisico delle particelle, laureatosi nel 1953 a Stoccarda completò gli studi di dot­torato presso l’Università Berkeley in California con Edward Teller (uno dei padri della Bomba Atomica). Dürr è stato insignito del Premio Nobel per la Pace nel 1995, in quanto membro dell’associazione 'Pugwash Confe­rences on Science and World Affairs', presieduta dal fisico di origine po­lacca Jozef Rotblat, per lo sforzo «per ridurre il ruolo delle armi nucleari nella politica internazionale e, nel lungo periodo, per eliminare tali ar­mi». Lo spunto che permise la nasci­ta della Conferenza di Pugwash fu il manifesto redatto nel 1955 da Albert Einstein e Bertrand Russell per con­vincere i governanti del mondo a va­lutare l’impatto di una guerra atomi­ca nei confronti dello sviluppo della civiltà umana. Nel 1987, inoltre, Hans Peter Dürr, a Stoccolma, ha ricevuto il Premio Nobel alternativo per il suo lavoro sugli usi pacifici dell’alta tec­nologia.Professor Dürr, in quale occasione conobbe Edward Teller?«Dopo aver terminato gli studi per conseguire la laurea, nel 1953, all’U­niversità di Stoccarda, riuscii ad ot­tenere una borsa di studio presso l’U­niversità di California, a Berkeley. Te­nevo molto a prolungare il mio sog­giorno in California per poter parte­cipare alla ricerca, insieme ad un gruppo di studiosi impegnati a lavo­rare al più grande acceleratore nu­cleare al mondo. Purtroppo però, i componenti erano già al completo e non potei entrare in quello staff. Con­temporaneamente, però, venni a sapere che i professori Edward Teller e Ro­bert Oppenheimer cercavano ricercato­ri per lavorare in un nuovo laboratorio, vicino a Berkeley, sulla bomba a fusione. Ne fui davve­ro felice perché in quella circostanza venni a sapere che Teller si era lau­reato a Lipsia con Heisenberg. Rimasi con Teller fino al termine del dotto­rato, nel 1956. Di ritorno in Germa­nia cominciai a collaborare con Wer­ner Heisenberg diventando un suo allievo fino alla sua morte avvenuta nel 1976».C’erano differenze tra le due bombe sganciate in Giappone?«La bomba di Hiroshima era basata su una tecnologia con 'catena a rea­zione', resa possibile dall’arricchi­mento di uni speciale componente di uranio, l’isotopo 235. La bomba di Nagasaki ha, come isotopo, l’uranio 238, prevalentemente composto da plutonio pesante. Insomma, pratica­mente lo stesso componente che og­gi troviamo nelle scorie radioattive delle centrali nucleari. La bomba a Plutonio non richiede un arricchi­mento, bensì una procedura più complicata per il controllo della rea­zione a catena, il contrario della bom­ba ad uranio. Il test con la bomba a plutonio denominato 'Trinity test' venne effettuato ad Alamogordo, nel New Mexico, nel luglio del 1945. In quel periodo era presidente degli Sta­ti Uniti Truman e in Unione Sovieti­ca c’era Stalin. I due s’incontrarono a Postdam dopo la Seconda Guerra Mondiale».Gli scienziati sono favorevoli al nu­cleare? Ci fu un cambio di mentalità tra gli scienziati dopo il terribile ri­sultato dell’uso della bomba atomi­ca per scopi militari?«La maggior parte degli scienziati del progetto Manhattan, circa l’80 per cento presente a Los Alamos, era con­trario alla bomba a fissione nucleare contro la Germania, che si era ormai arresa. La creazione delle bombe nu­cleari fu per impedire alla Germania di Hitler di mantenere il potere. Ma io ebbi una informazione certa da u­na spia inglese in Germania: mi con­fidò che l’Inghilterra era già a cono­scenza nel 1942, del fatto che la Ger­mania avesse cancellato le ricerche sul nucleare per uso militare. Per quanto riguarda invece lo studio per un eventuale impiego del nucleare a uso civile energetica di produzione, quello fu portato avanti. Ma il solo fatto di sapere che si rischiava un bombardamento nucleare, ne aveva impedito l’utilizzo. La bomba usata in Giappone, fu una vendetta degli a­mericani per aver subito l’attacco a Pearl Harbour. Ancora oggi ci sono molti scienziati che condividono la scelta secondo la quale, per mante­nere la pace nel mondo, sia necessa­rio avere armamenti nucleari che fungano da intimidazione per chi a­vesse intenzioni bellicose. Ricordo ancora l’affermazione di Teller: dice­va che per mantenere la pace nel mondo era necessario che gli Stati U­niti, il paese più potente al mondo, dovesse sviluppare le ricerche sul nu­cleare ad uso militare, così da garan­tire la pace nel mondo. Credo che og­gi l’uso delle armi nucleari dovrebbe essere bandito, come richiesto nel 1955 dal Manifesto di Bertrand Rus­sell e Albert Einstein. Purtroppo quel programma non fu mai completa­mente seguito».Qual è l’alternativa al nucleare?«L’unica vera fonte alternativa, sor­gente di energia rinnovabile, sono le radiazione solari che sono molto po­tenti. Ci sono due difficoltà di base per compensare, in modo più effica­ce, l’uso dell’energia solare. Attual­mente adoperiamo solo l’1 per cen­to di questa energia. Certo, ancora oggi, non abbiamo uno strumento valido per catturare l’energia solare e immagazzinarla. Si potrebbe utiliz­zare il metodo delle piante, ma non basta, dovremmo adottare degli stili di vita diversi. Non facciamo altro che distruggere ciò che abbiamo, ma oc­corre cooperare con l’ecosistema in cui siamo inseriti: non solo tra le per­sone, ma con tutto ciò che ha vita sul­la terra. L’energia solare è da tutti u­tilizzabile, non c’è rischio che finisca in mano a pochi determinando del­le 'mafie', come avvenuto con il car­bone e il petrolio. Oggi la differenza tra ricchi e poveri è nell’avere il do­minio dell’energia. Un’onesta demo­crazia richiede una decentralizza­zione dell’energia, così come avvie­ne in natura: l’energia è per tutti e questo comporta un cambio di men­talità».Nei suoi ragionamenti spesso si rav­visano concetti cristiani. Qual è il suo rapporto con la fede?«La fisica moderna è indirizzata ver­so una la consapevolezza che il mon­do non può essere compreso solo con le constatazioni di tipo razionale. Ciò dimostra che i valori etici e morali so­no importanti nelle nostre religioni perché non si possono spiegare con un’interpretazione di tipo razionale. Da qui la fede, che abbraccia molto di più tutto di ciò che non può esse­re razionalmente afferrato dalla scienza. In tedesco il termine wirck­lichkeit (realtà) introdotto da Meister Eckhart nel XIII secolo, spiega come la realtà sia in continuo cambia­mento. Così come nella scienza mo­derna la realtà deve essere sostituita, rimpiazzata dalla parola potenzialità, poiché può essere rappresentata in infiniti modi diversi».È fiducioso per il futuro?«È evidente che occorre cambiare di­rezione, purtroppo la speranza di un cambiamento immediato è lontana. Mi sembra difficile poter rimuovere gli attuali stili di vita senza un vero salto. L’attuale crisi finanziaria indi­ca come l’economia neocapitalista dimostri che non siamo capaci d’in­traprendere un altro corso. Di quali altre catastrofi abbiamo bisogno per cambiare direzione? Razionalmente sono piuttosto pessimista; emotiva­mente, invece, sono ottimista, in par­ticolare quando guardo alle mie e­sperienze con la cultura non occi­dentale».C’è un momento della sua vita che ricorda in particolare?«Guardandomi indietro mi sorpren­do di essere sopravvissuto a 15 anni, con tutti i miei familiari, alla secon­da guerra mondiale».