Milano. Da Balla a Guttuso, la sorpresa del '900 fra arazzi e tappeti
Giacomo Balla, Specchio d’acqua, 1969, tappeto eseguito dall’Atelier d’Arte Tessile Elio Palmisano (Courtesy Galleria Moshe Tabibnia, Milano)
Diciamo arazzi e la mente vola nel passato, all’antico, alle corti principesche e ai palazzi nobiliari, come fossero opere d’altri tempi. Eppure non è così. Non solo così. Perché tutto il Novecento e la contemporaneità regalano esempi straordinari di arte tessile, arazzi e tappeti. Con nomi che non ci si aspetta. Lo scopriamo in una avvolgente – è il caso di dirlo – mostra alla Triennale di Milano (fino all’8 ottobre, ingresso libero), promossa dalla galleria di via Brera, Moshe Tabibnia, dal titolo Intrecci del Novecento. Arazzi e tappeti di artisti e manifatture italiane (a cura di Moshe Tabibnia e Virginia Giuliano; il catalogo edito dalla galleria stessa ospita interessanti e numerosi contributi). Un patrimonio di 107 opere tessili – tra arazzi e tappeti, unici e rari, alcuni anche inediti – che sono state realizzate dalle più importanti manifatture italiane: la Mita, l’arazzeria Pennese, l’arazzeria Ugo Scassa o ancora la scuola di Esino Lario e l’Atelier tessile Elio Palmisano, in collaborazione con i grandi artisti del secolo. Ed ecco le firme di Giacomo Balla e Lucio Fontana, Mario Sironi e Renato Guttuso, Fortunato Depero, ma anche Ettore Sottsass, Gillo Dorfles e tanti altri che compongono un caleidoscopio complesso e assai vivace di un’arte sorprendente. «Molti sono gli artisti del passato, come del presente che si sono interessati e continuano a interessarsi ad arazzi e tappeti – afferma Moshe Tabibnia –: li hanno collezionati, li hanno tessuti loro stessi o ne hanno affidato la realizzazione ad abili tessitori e manifatture, mettendo a disposizione la loro creatività. Il Novecento è stato un secolo fondamentale per il mondo tessile: sin dai primi decenni in tutta Europa artisti e movimenti riscoprono le antiche tecniche del tessere, per dar vita a opere dal linguaggio moderno. Arte tessile e pittura s’intrecciano sempre di più. Non mera riproduzione, l’opera tessile si mostra come un’interpretazione critica della pittura, un’originale rielaborazione di un’immagine attraverso il proprio linguaggio».
Il percorso espositivo, al primo piano del palazzo di Muzio, si snoda attraverso quattro sezioni temporali che vanno dall’inizio del secolo alla contemporaneità. «Punto di partenza imprescindibile – dice Virginia Giuliano – è l’importanza svolta dal Futurismo nel “rilancio” dell’arte tessile nei primi del Novecento, per poi toccare eventi fondamentali che in Italia, a partire soprattutto dal secondo dopoguerra hanno destato negli artisti l’interesse verso questa forma d’arte: come ad esempio, la nascita di importanti manifatture tessili, le triennali milanesi, la commissione degli arazzi per i grandi transatlantici, gli stimoli provenienti dalle “Biennales de la Tapisserie” di Losanna, a partire dal 1962, e dalla nascente Fiber Art. Losanna – continua la Giuliano – mette in luce gli artisti rivoluzionari dell’arazzo contemporaneo: le opere che realizzano sono sculture di materiale tessile e metallo, di corde, pelli e jute, e non si appendono più neanche ai muri. Sono opere che hanno raggiunto una loro indipendenza, che hanno vita a sé».
Su questa scia anche l’Italia vive grandi sperimentazioni. Ed emergono figure, solo per citarne una, come la tessitrice e designer Paola Besana. Il suo intreccio tridimensionale, di volumi e geometrie apre l’esposizione milanese e subito affascina. Introducendoci alla ricerca del fil rouge che lega tutte le opere. E di una trama tutta da ammirare lungo le pareti e i pavimenti del tempo.