Storia. La maratona di Marwa nel cuore dell'Egitto
La corsa dell’undicenne egiziana Marwa Hassan durante la gara dei bambini della Aswan42
Piedi scalzi, hijab sul capo e vestiti di ogni giorno, quelli che indossava per andare a vendere fazzoletti ai passanti davanti alla stazione ferroviaria di Assuan. Marwa Hassan, undici anni, ha corso e vinto così alla gara dei bambini di Aswan 42, la maratona organizzata da due anni nella città del Sud dell’Egitto, lungo il Nilo, per raccogliere fondi per la Magdi Yacoub Heart Foundation e l’Aswan Heart Center, l’ospedale benefico specializzato in cardiochirurgia nato grazie alla Ong del professor Yacoub. La favola di Marwa quest’anno è stata la vittoria più bella. Di famiglia poverissima, orfana della mamma, un papà che lavora saltuariamente nel turismo, Marwa non è mai andata a scuola. Il giorno della maratona ha saputo che altri bambini avrebbero corso in una gara e ha chiesto di poter partecipare anche lei. Senza abbigliamento e scarpe sportive, senza i soldi – 200 lire egiziane, meno di 10 euro – per pagare l’iscrizione. The Trifactory, la società sportiva egiziana che organizza l’evento, le ha permesso di partecipare lo stesso, gratuitamente. E lei ha volato felice sulla pista per un chilometro, tagliando il traguardo per prima. Le immagini di Marwa, sorridente con la sua medaglia d’oro al collo, hanno commosso il pubblico e catturato l’attenzione dei media e dei social. La sua storia è arrivata fino al Talaea El Geish Sporting Club del Cairo, società sportiva delle forze armate egiziane con una famosa squadra di calcio in serie A, che ha deciso di aiutarla.
«Non vendo più fazzoletti per la strada, la mia vita è cambiata», racconta Marwa al telefono. «Tre volte alla settimana mi alleno con un trainer mandato qui apposta per me dal Talaea el Geish». E per tutto il periodo delle vacanze estive, dice, è stata invitata al Cairo per svolgere un internship sportivo presso la società. «Finalmente ho cominciato ad andare a scuola. Sono iscritta alla prima elementare», dichiara orgogliosa. Perché lei ha un sogno: «Oltre a gareggiare, voglio studiare e diventare un medico, magari proprio all’Aswan Heart Center. Il professor Yacoub stesso mi ha consegnato il premio e mi ha incoraggiato ad andare avanti». L’ospedale della Magdi Yacoub Heart Foundation è sorto nel 2009 come un faro di luce in questa terra di confine, bella ma emarginata.
Assuan è una delle più pittoresche mete sul Nilo, un gioiello dell’Alto Egitto: è il cuore della Nubia, la regione che abbraccia il Sud egiziano e il Nord del Sudan. La vita qui ruota intorno al turismo: una risorsa che da alcuni anni lo stato di insicurezza ha messo in crisi in tutto il Paese. L’Alto Egitto è la zona più povera e arretrata: il divario tra la Nubia e il Basso Egitto, il Cairo e la costa mediterranea è profondo. Ad Assuan e nelle zone circostanti la povertà è diffusa, il sistema sanitario e quello scolastico carenti. Magdi Yacoub, egiziano-britannico di fede cristiano-copta, è uno dei cardiochirurghi più celebri al mondo. Dopo gli studi al Cairo ha percorso una carriera brillante in Gran Bretagna. Nel 1991 la regina Elisabetta lo ha designato baronetto. Medico di profonda umanità, molto amato dal popolo egiziano, sir Yacoub non ha mai abbandonato il suo Paese di origine: nel 2009 ha deciso di contribuire allo sviluppo dell’Egitto a partire dalla sua periferia fondando l’ospedale, dove si eseguono gratuitamente interventi chirurgici su adulti e bambini in condizioni di disagio economico e sociale. Come spiegano dal centro, le malattie cardiovascolari oggi uccidono quasi 21 milioni di persone ogni anno, più dell’80% nei Paesi in via di sviluppo. In Egitto il problema tocca in modo particolare l’infanzia. Dal Cairo ad Aswan per mille chilometri non esiste un centro di cardiologia pediatrica: il 60% degli interventi chirurgici all’Heart Center riguarda i bambini.
La fondazione di Magdi Yacoub ha un rapporto stretto con l’Italia. «Abbiamo ottimi rapporti di collaborazione con varie università italiane, in particolare con quella di Padova », spiega il dottor Mohamed el Maghawry, che ha trascorso due anni nell’ateneo veneto per il programma di dottorato. «A Padova ho studiato l’elettrofisiologia cardiaca e le morti improvvise nei giovani e negli atleti. Sono stato seguito in particolare dal professor Gaetano Thiene, direttore del Centro di patologia vascolare, e dal professor Antonio Curnis degli Spedali Civili di Brescia. Un’esperienza impagabile ». A 38 anni, el Maghawry è uno degli “anziani” dell’équipe medica di Assuan. «L’età media dei medici è molto bassa, almeno il 70-80% è sotto i 35 anni». L’obiettivo del centro è formare i giovani, far crescere una generazione di medici e ricercatori egiziani motivati e competenti, puntare sui talenti. Oggi, il centro si avvale dell’expertise internazionale, ma nell’équipe medica sono tutti egiziani, guidati da Yacoub, che a 83 anni non ha abbandonato il bisturi. «Il professore ci dà fiducia, crede molto in noi giovani».
L’Aswan Heart Center è diventato un punto di riferimento per l’Alto Egitto e un’eccellenza della ricerca medica per tutto il Paese. «Ad Assuan puntiamo a fare la differenza – osserva el Maghawry –, la speranza è che il nostro impegno abbia un’influenza positiva non solo sulle singole persone che curiamo in ospedale, ma sullo sviluppo sostenibile dell’intera comunità». Ogni anno nel centro vengono curate più di 2.500 persone ed eseguiti oltre 800 interventi cardiovascolari. L’ospedale vive grazie alle donazioni di istituzioni, privati, aziende (si può contribuire attraverso la Magdi Yacoub Heart Foundation: www.myfegypt. org). Da due anni, un importante sostegno viene dalla maratona Aswan42: «Quest’anno abbiamo avuto quasi mille partecipanti di 25 nazionalità. Lo scorso anno, per la prima edizione, 800 corridori di 29 Paesi. Il ricavato delle iscrizioni è andato interamente alla fondazione: nel 2018 350mila lire egiziane (circa 17mila euro)», dicono da The TriFactory, società specializzata nel triathlon e nell’organizzazione di grandi eventi sportivi. E intanto si guarda avanti, all’appuntamento del 2019. «Noi crediamo che lo sport abbia davvero il potere di cambiare le vite. Come è successo per la piccola Marwa, un grande esempio per tutti noi».