Agorà

CHAMPIONS LEAGUE. Cuore e barricate Inter, festa finale

Ivo Romano giovedì 29 aprile 2010
In una parola, impresa. Da veri eroi, per di più. Lo dice il passato, come pure il presente. Perché l’ultima finale di Champions League (allora, Coppa dei Campioni) si perde nella notte dei tempi (38 anni fa), per non parlare dell’ultimo trionfo. E poi di mezzo c’era il Barcellona dei record, la squadra più forte del mondo. Ma è il sogno ad avverarsi, mentre il lampo dell’ossessione si spegne.Al Bernabeu ci va l’Inter, guidata dal suo fiero condottiero venuto da lontano e dagli eroi di una serata da batticuore. Una sconfitta, ma di misura. E tanti saluti al Camp Nou, monumentale e infuocato. Come pure a Piqué, che aveva caricato a pallettoni il fucile degli eccessi. Solo che qui non siamo in un incendiario catino turco né in una bollente arena sudamericana. Il Camp Nou esige rispetto, ma non fa paura. Si è campioni non per caso: tecnica, ma solo, pure coraggio e attributi. Quelli che servono ad affrontare la corrida senza farsi soggiogare dall’atmosfera. Ci casca De Bleeckere, l’arbitro belga, che già passa per un tipo casalingo. Prima della mezz’ora mostra a Thiago Motta un rosso che a usare un eufemismo si può definire esagerato.E spinge l’Inter a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Una partita eroica, per oltre un’ora in 10 contro 11. Tra tanti problemi, ancora prima di cominciare. Fuori Pandev, rispetto all’andata. Un problema lo blocca in extremis, a farne le veci è chiamato Chivu, non propriamente il suo alter-ego. Squadra più coperta, ma con una freccia in meno all’arco del contrattacco. Trama attesa, scontata. Come una sfida di boxe, anzi di noble art: il Barca a occupare il centro del ring, l’Inter a guardia alta e pronto a partire con colpi d’incontro, secchi e mortiferi. Più guardia alta che cazzotti di rimessa. L’Inter se ne sta sulle sue, forse anche troppo. Il Barca ci mette palleggio e pazienza, ma pure imprecisione. Per venti minuti abbondanti, un assolo colorato di blaugrana. Senza peraltro creare alcunchè, se non una bella girata di Pedro, apprezzabile quanto imprecisa. È quando l’Inter comincia a mettere la testa fuori che qualcuno decide di sotterragliela per l’intera serata.Thiago Motta sfiora il volto di Busquets con la mano, lo spagnolo fa una sceneggiata a dir poco indegna. L’arbitro ci casca, l’attore viene premiato. Magari ci stava un giallo, che pure avrebbe portato all’espulsione (era già ammonito). Ma quel rosso diretto è roba che fa rabbrividire. Il Barça ci mette possesso di palla portato all’eccesso, ma non vere e proprie idee. Tiene in mano il pallino, come ora è ancora più logico che sia. Ma non trova lo spunto necessario. L’Inter stringe i denti e le linee, due, molto vicine: se superano la prima, sbattono contro il muro eretto dalla seconda. Chi può cavare un ragno del buco, in certe situazioni, è solo Lionel Messi. Cerca spazio, si dà da fare, quando ci prova al minuto numero 33 trova sulla sua strada un immenso Julio Cesar.Nient’altro, nella prima metà di gara. Il tempo che passa non può che accentuare il monologo: trovare una valida ripartenza è come trovare un ago in un pagliaio. Xavi è il perno del gioco, il pallone viaggia da destra a sinistra e viceversa. L’Inter si piazza lì e non concede spazi. La manovra catalana è lenta, prevedibile. Constatazione fin troppo facile, che convince Guardiola a cambiare strategia. Fuori Ibra, dentro Bojan (e Jeffren per Busquets), alla ricerca di rapidità e imprevedibilità. Mourinho addiziona sostanza: la solidità di Muntari per la verve di Sneijder. È quando Bojan divora un’occasione servitagli da Messi che la notte del Camp Nou sembra volgere al bello. Ma un attimo dopo (84’) Piqué, in sospetto fuorigioco, dà il vantaggio al Barça.Nel recupero segna pure Bojan, l’arbitro annulla per fallo di mano, per la verità dubbio. Gli eroi di una notte tengono duro, il fischio finale fa saltare il tappo della gioia. Notte da Grande Inter, notte da eroi del calcio.