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Musei. A Pavia il tempo del computer è indagato con l'arte

Davide Re sabato 23 novembre 2024

Il Progetto Ludovico al Ctrl+Alt Museum di Pavia

Al Ctrl+Alt Museum di Pavia le decine di computer, ordinati con gusto su mensole a parete, raccontano dell’epopea della tecnologia, accentuando l’ingegno pionieristico dei primi grandi innovatori del mondo dell’informatica e dell’elettronica. Il sito espositivo è un museo del retrocomputing e dell’informatica. Fondato nel 2022, è gestito dall’associazione culturale comPVter. In esposizione, le tante macchine diventate col tempo iconiche. Computer, periferiche, macchine calcolatrici, programmi, documenti ormai storici, disegni tecnici, fotografie: la collezione comprende oltre 2mila pezzi, il 95% dei quali ancora funzionanti e che sono il cuore del Ctrl+Alt Museum. Non mancano, infatti, i modelli di calcolatori più celebri, come l’Olivetti Programma 101 (in funzione dal 1966 al 1971), la macchina che in pratica diede la speranza che ci potesse essere una via italiana dell’informatica e considerata da molti il primo personal computer. Poi c’è l’Osborne 1 (in servizio nel biennio ’81-83), il primo computer portatile ad avere un successo commerciale, dalla caratteristica forma a “conchiglia”, oltre all’Apple LISA (1983), all’Olivetti M24-SP (1985) e al Next Cube – Next Computer (1988), con cui Steve Jobs iniziò la sua nuova avventura nel mondo dell’informatica, una volta abbandonata Apple (per poi tornarci successivamente per salvarla dal fallimento).

E non a caso questo luogo ha suscitato l’interesse di Eva & Franco Mattes, artisti che dagli anni ’90 si sono imposti nel panorama internazionale per la loro indagine pionieristica sull’utilizzo di Internet e sulla sua influenza nel creare, diffondere e fruire l’arte. Così due loro opere, sostenute da Progetto Ludovico, fondato a Milano nel 2021 da Lorenzo Perini Natali (in pratica, una piattaforma che promuove ricerca, produzione e promozione di progetti artistici che si legano al settore industriale o ne toccano delle specifiche aree produttive) e sotto la direzione artistica di Camilla Previ, sono esposte in questo museo davvero originale fino al 15 dicembre nella mostra “Eva & Franco Mattes 1 MB Line” (ingresso libero dal lunedì al sabato: ore 10-12 e 15-18).

«La nostra è una piattaforma di ricerca, produzione ed esposizione d’arte strettamente legata all’industria – spiega Lorenzo Perini Natali, fondatore di Progetto Ludovico –. Siamo una Associazione di promozione sociale (Aps), quindi il nostro primo fine è appunto la promozione culturale attraverso progetti d’arte che coinvolgano artisti con il nostro stesso focus. Tra i nostri obiettivi c’è il sostegno alla produzione artistica tramite collaborazioni con privati e istituzioni e, naturalmente, la promozione ed esposizione delle opere frutto di questa sinergia. Il progetto vuole in particolare avvicinare le imprese all’arte e agli artisti per sviluppare e indagare questo linguaggio. Vediamo la collaborazione con le aziende come un acceleratore per questo tipo di ricerca ed è questo rapporto che ci interessa coltivare». Infatti, nel contesto del Ctrl+Alt Museum, costellato di scoperte e invenzioni che contribuiscono a tracciare e tramandare la storia della tecnologia, il lavoro di Eva & Franco Mattes ha lo scopo di offrire un’angolatura sulle modalità con le quali la rete e il progresso informatico stanno impattando le nostre esistenze, modificandone la quotidianità e alterando radicalmente le relazioni personali e i modelli comportamentali. La prima opera, Personal Photographs February 16 2007, testimonia infatti che siamo di fronte «ad una “cieca” circolazione di immagini e dati dei quali non siamo più padroni, lasciando presagire un mondo in cui l’informazione stessa è l’unico materiale “vivente”», spiegano i curatori. Invece, 1 MB Line «riflette sul concetto di replicabilità “infinibile” di un codice e sul suo “manifestarsi” in immagine dentro a un medium tanto potente quanto instabile, una momentanea apparizione, tra le tante, dentro a un flusso che ci sovrasta». «Eva & Franco Mattes, al Ctrl+Alt Museum, ci invitano a un viaggio introspettivo attraverso le trame della rete. Le loro opere, Personal Photographs February 16 2007 e 1 MB Line, ci mostrano come la nostra identità si frammenti e si ricomponga nel mondo digitale, riflettendo sulle contraddizioni e sulle potenzialità che ne derivano», dice Previ.

In una delle sale del museo, appesa al soffitto, c’è l’opera Personal Photographs February 16 2007 (2024). L’opera fa parte della serie AI-Assisted Circuits ed è composta da una canalina colorata nella quale corre a vista una bobina di cavi Ethernet. Al suo interno due microcomputer si scambiano in loop immagini provenienti dall’archivio personale degli artisti, tutte scattate il 16 febbraio 2007. Queste fotografie sono mostrate qui nella loro forma oggi più comune: quella dematerializzata, di file costantemente copiati e trasferiti da un dispositivo a un altro. L’idea è quella di generare intersezione tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile, per far capire come la tecnologia può essere libertà ma anche controllo delle masse. La forma e i colori dell’opera sono il risultato dell’interazione con l’AI alla quale i Mattes hanno fornito immagini di loro sculture precedentemente realizzate. Mischiando questi input a quelli di una miriade di altre immagini trovate in rete, l’AI ha contribuito in parte al processo di “costruzione” della scultura, diventando una sorta di co-autrice. Labile e scivoloso diviene così anche il confine tra originale e derivativo, tra individuale e collettivo.

Nella stanza adiacente un’altra opera attraversa lo spazio espositivo. Come a marcare un segno che riporta in “vita” alcuni dispositivi. Si chiama 1 MB Line (1998) e traccia una singola linea che corre sui monitor di nove computer della collezione del museo. Esposta per la prima volta, l’opera è costituita da un singolo file di testo contenente una lunga serie di caratteri di sottolineatura che creano una linea. Come evidenzia il titolo dell’opera, questa linea non è definita dalla sua lunghezza, bensì dalla dimensione del file: 1 MB, che corrisponde a 1.048.576 caratteri. Il suo “peso” si traduce in immagine solo quando si “impossessa” del medium (o è il medium stesso che la “ingloba”?), abitando appunto i monitor e “adattandosi” alle loro infinite configurazioni. Per gli artisti è anche un tributo alle Linee di Piero Manzoni, serie che l’artista cominciò a realizzare nella primavera del 1959, e oggi considerate le sue prime opere tridimensionali. 1 MB Line sembra rimarcare la propria presenza nel tempo più che nello spazio. La riga non è un orizzonte né un simbolo: è solo una sulla superficie, in questo caso di ogni monitor o schermo. E «se nella contingenza materiale dell’opera essa non può essere infinita, è però senz’altro infinibile, ripetibile all’infinito, senza soluzione di continuità», come afferma Manzoni nel suo testo Libera dimensione (1960).