Mondiali. Croazia, la nuova Olimpia: un piccolo Paese ai vertici non solo per il calcio
Vanta quattro milioni di abitanti, 5.800 chilometri di coste e più club professionistici di pallanuoto che di calcio. Eppure domani pomeriggio il pallone prenderà il posto della calottina nella testa del popolo croato. Per Modric, Perišic e colleghi la sfida nella finale mondiale contro la Francia sarà l’ultimo atto del percorso verso la gloria, un tracciato già storico. Mai i biancorossi erano arrivati così in fondo: vent’anni fa Šuker, Boban e compagnia bella furono fermati in semifinale proprio dai francesi.
Sono passati quattro lustri e la terra che ha dato il nome alla cravatta è pronta per il match del secolo. Ha solo 27 anni, ma questa nazione si è già ritagliata un angolo nell’album dello sport mondiale.
Scrivi Croazia e il primo team che torna alla mente è il quintetto del basket ai Giochi di Barcellona 1992. La stella era Dražen Petrovic, accanto a lui Dino Rada e Toni Kukoc e Arijan Komazec: meglio di loro fece solo il Dream Team di Michael Jordan e Magic Johnson. Fu un argento che valse oro, la terza medaglia croata di quell’edizione dopo i bronzi nel tennis di Goran Ivanisevic, in singolare e in doppio con Goran Prpic. Quel quintetto cestistico – poi di bronzo ai Mondiali 1994 – avrebbe potuto dominare se Petrovic, soprannominato il Mozart dei canestri, non fosse prematuramente scomparso in un incidente stradale. Nel 1996 ai Giochi di Atlanta la bandiera di Zagabria e dintorni sventolò per la prima volta sul pennone più alto. Merito di un altro sport di squadra, la pallamano, disciplina che ai croati regalò l’oro anche ad Atene 2004.
Negli States non furono da meno i pallanotisti: secondi alle spalle dell’Ungheria dopo aver eliminato in semifinale al secondo tempo supplementare l’Italia campione in carica. All’epoca il Settebello azzurro era allenato dal croato Ratko Rudic, poi capace di guidare la sua nazione al titolo a cinque cerchi nel 2012, in quello che fino ad oggi – domani chissà – è considerato il giorno più importante della storia sportiva croata. Per le calottine biancorosse il successo di Londra fu ben più importante dei titoli iridati di Melbourne 2007 e Budapest 2017.
Una nazione che basa la forza sugli sport di squadra, ma che a livello olimpico ha trovato la propria manna nello sci alpino. Incredibile, ma vero: un Paese con pochissime montagne – un breve tratto delle Alpi Dinariche – ha conquistato sugli sci quattro ori e sei argenti a cinque cerchi, in tre edizioni olimpiche (Salt Lake City 2002, Torino 2006 e Vancouver 2010) e con una sola famiglia. La polivalente Janica Kostelic, classe 1982, è stata la regina del circo bianco nei primi anni Duemila, conquistando tre sfere di cristallo e altrettante coppe di slalom, nonché sei medaglie olimpiche e cinque mondiali, e vincendo gare in tutte le specialità. Se non si fosse ritirata a 25 anni per problemi fisici, la sua dittatura sarebbe continuata. Il fratello maggiore Ivica ha portato in dote gli altri quattro argenti, l’ultimo dei quali a Soci 2014. Al di fuori dei figli di Ante Kostelic solo il biatleta Javok Fak – poi naturalizzato sloveno – è stato l’altro croato sul podio olimpico d’inverno. Su quello estivo è salita invece per due volte la lanciatrice del disco Sandra Perkovic – oro a Londra e Rio, ma pure campionessa del mondo nel 2013 e 2017 – che nell’atletica ha raccolto il testimone dalla saltatrice in alto Blanka Vlašic. La prima fidanzata sportiva di Croazia ha vinto tutto, tranne l’oro olimpico, sfiorato due volte con l’argento di Pechino e il bronzo di Rio. La sorella maggiore del calciatore dell’Everton Nikola Vlašic ha stregato una nazione col suo avvenente gesto atletico in pedana. Meglio di lei alle Olimpiadi ha fatto però la giavellottista Sara Kolak, vincitrice a Rio nel giavellotto. Il più italiano degli olimpionici croati è il tiratore Giovanni Cernogoraz, trionfatore a Londra nella fossa. Nato a Capodistria da genitori istriani di lingua italiana, è cresciuto a Cittanova nel-l’Istria croata dove ha sempre parlato la nostra lingua, la stessa utilizzata per congratularsi con l’azzurro Massimo Fabbrizi, battuto nello spareggio della finale londinese. Quattro anni più tardi Cernogoraz è stato eguagliato dal connazionale Josip Glasnovic, in terra carioca capace di frantumare un piattello in più rispetto al veterano italiano Johnny Pellielo. Proprio in Brasile la Croazia ha festeggiato il miglior raccolto olimpico di sempre col modulo 53-2. Non quello che domani allo stadio Lužniki disegnerà il coach Zlatko Dalic, ma un bottino composto da 5 ori, 3 argenti e 2 bronzi, con anche i luccicanti trionfi del doppio di canottaggio e del 470 della vela.
Infine a portare in alto i colori croati anche i tennisti Ivanisevic e Marin Cilic. Nel 2001 il mancino di Spalato è diventato l’unico vincitore di Wimbledon con una wild-card, mentre il nativo di Medugorje Cilic, attualmente numero cinque del mondo, ha emulato il suo idolo di gioventù conquistando l’Us Open 2014 e perdendo in finale contro Roger Federer a Wimbledon l’anno scorso e agli Australian Open quest’anno. Insomma, sono pochi – più o meno quanto gli abitanti della Puglia – ma vincono dappertutto. Domani l’obiettivo dei croati è incappucciare con la calottina il trofeo assegnato dalla Fifa. E magari annodare sotto il globo di ottone placcato d’oro una bella cravatta con i colori nazionali.