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Anniversario. 80 anni fa la Notte dei cristalli. Così ebbe inizio la Shoah

Roberto Festorazzi giovedì 8 novembre 2018

Vetrine frantumate dopo la tragica Notte dei cristalli del 1938

Tra il 9 e il 10 novembre 1938, ottant’anni fa, ebbe luogo il più violento pogrom che fino ad allora si fosse verificato nel Terzo Reich: la Kristallnacht, ovvero la 'Notte dei cristalli', che comportò l’attacco sistematico alle proprietà e ai luoghi di culto della comunità giudaica, dilagato dalla Germania, all’Austria e alla regione ex cecoslovacca dei Sudeti da poco occupata dalle truppe di Hitler. Le prime notizie riservate parlavano di 171 case d’abitazione incendiate, di 815 botteghe devastate e saccheggiate, di sinagoghe bruciate ovunque. La vera entità dell’aggressione, che segnò la prima accentuazione della pressione terroristica e intimidatoria contro gli israeliti tedeschi, fu resa nota al processo di Norimberga del 1946. Dal protocollo stenografico di una riunione dei ministri del Reich, avvenuta il 12 novembre, si poté apprendere che 7.500 negozi furono demoliti, 101 sinagoghe vennero date alla fiamme, mentre altre 76 furono distrutte. Trentasei ebrei vennero ammazzati, altrettanti feriti in modo grave: complessivamente, ne erano stati arrestati almeno ventimila. Si verificarono anche casi di stupro. Le cifre, in ogni caso, restano controverse. Alcune fonti, indicano in 267 il numero dei templi assaltati, e fissano in circa 100 l’entità totale delle vittime, tenendo anche conto dell’estensione del pogrom oltre i confini della Germania. Il regime di Hitler disse che si era trattato di un’esplosione spontanea di collera popolare, dopo che, a Parigi, un ebreo tedesco diciassettenne, Herschel Grynszpan, attentò, con successo, alla vita del terzo segretario dell’ambasciata del Reich in Francia, Ernst von Rath.

In realtà, il regista e l’organizzatore delle violenze, aizzate, dilagate e poi estinte su precisi ordini scritti, fu Reinhard Heydrich, il numero due di Heinrich Himmler alla guida delle Ss e degli apparati di sicurezza e di polizia. Il ministro della Propaganda, Joseph Goebbels, descrive, con rivoltante compiacimento, nel suo diario, la vera dinamica della 'reazione' seguita all’assassinio del diplomatico a Parigi: «Sottopongo la faccenda al Führer. Lui decreta: lasciare libero sfogo alle manifestazioni. Richiamare la polizia. Che una volta tanto gli ebrei sappiano cosa sia la rabbia popolare. Giusto. Trasmetto subito le necessarie direttive alla polizia e al partito. Poi ne parlo brevemente alla dirigenza del partito. Applausi scroscianti. Tutti si precipitano ai telefoni. Adesso il popolo agirà». Goebbels racconta di aver visto «rosseggiare», all’orizzonte, nelle tenebre della notte, la sinagoga berlinese di Fasanenstrasse. La Kristallnacht fu il segnale tremendo del fatto che il Reich aveva imboccato il tunnel della politica più odiosa e selvaggia nei confronti della minoranza israelitica. Il maresciallo Hermann Göring, nel suo sfogo di estremismo, chiese che agli ebrei fossero interdetti i teatri e i cinematografi, e che non potessero condividere neppure, con i tedeschi 'ariani', i luoghi di villeggiatura, gli ospedali, perfino i giardini pubblici.

Quando si pose il problema di chi dovesse pagare i 25 milioni di marchi di danni causati dal pogrom di Stato, le società di assicurazione bussarono alla porta delle autorità, in preda alla disperazione. Se, infatti, le compagnie avessero dovuto indennizzare l’intero importo (per i soli cristalli delle vetrine infrante, si quantificava una cifra di 5 milioni di marchi), sarebbero state trascinate al fallimento. Göring suggerì un’abominevole soluzione: le assicurazioni avrebbero dovuto pagare agli ebrei tutte le somme dovute, ma queste sarebbero state confiscate dallo Stato e le compagnie rimborsate di parte delle loro perdite. Göring stesso sentenziò, mentre in tutta la Germania i roghi erano stati appena spenti, che i «nemici del popolo tedesco» dovessero versare, per i loro «crimini», un contributo di un miliardo di marchi. Del resto, tutto ciò era perfettamente in linea con quanto Hitler aveva illustrato, nel suo Mein Kampf, puro distillato di delirio antisemita, e fonte di una predicazione che non risparmiò alcuna famiglia tedesca. Le premesse giuridiche di tale inasprimento della politica razziale, erano state poste, il 15 settembre 1935, con l’approvazione, da parte del Reichstag, delle cosiddette 'leggi di Norimberga'. Tali normative, anzitutto, privavano gli ebrei della piena condizione di cittadinanza germanica, in quanto ritenuti appartenenti a una razza inferiore, perdendo in tal modo anche i diritti politici riservati ai soli Reichsbürger, cioè agli ariani tedeschi, forti del privilegio di sangue.

Le leggi di Norimberga, inoltre, vietavano i matrimoni tra gli ebrei e i soggetti di sangue tedesco e, retroattivamente, dichiaravano nulli quelli già contratti anche all’estero; proibivano anche i rapporti sessuali extramatrimoniali tra gli ariani e i non ariani. I giudei non potevano inoltre avere al loro servizio donne tedesche di età inferiore ai 45 anni e neppure avevano facoltà di esporre la bandiera del Reich. La barbarie della 'Notte dei cristalli' sconvolse e indignò l’opinione pubblica internazionale. L’ambasciatore americano a Berlino, Hugh Wilson, venne richiamato a Washington, dal presidente Roosevelt, per consultazioni, e non tornò più in Germania. Analogamente, il rappresentante del Terzo Reich nella capitale statunitense, Hans Dieckhoff, rientrò a Berlino, lasciando vacante la sede. Le élite dirigenti delle potenze democratiche europee si mostrarono del tutto inerti, di fronte alla gravità mostruosa di quanto era accaduto: in Francia e in Inghilterra, i rispettivi governi erano ancora avvinti dalle pie illusioni di una pace durevole, dopo la Conferenza di Monaco di fine settembre, in cui avevano ceduto completamente a Hitler. In tal modo, il Führer poté perseguire indisturbato i suoi piani. In quello stesso autunno del ’38, ebbero inizio le deportazioni di massa: il lager di Buchenwald, vicino a Weimar, accolse le prime migliaia di ebrei. Era iniziata la corsa verso l’abisso.