Teatro. «Così la Wittgens salvò il Cenacolo»
Sonia Bergamasco (Masiar Pasquali)
Stasera e domani sarà in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano, uno spettacolo importante, che contiene un profondo messaggio morale e civile, e può indicare un segno di riscossa a una società insidiata dal demone dell’indifferenza e della passività. Il miracolo della cena, in cui Sonia Bergamasco fa rivivere Fernanda Wittgens, una donna simbolo dell’impegno civile contro l’orrore della guerra e delle leggi razziali e contro la distruzione della bellezza. Vidi lo spettacolo in una condizione straordinaria, il 25 settembre dello scorso anno: la pièce, che riguarda un eroico atto di salvataggio del Cenacolo di Leonardo, fu rappresentata in prima nella sede stessa dell’affresco, al Museo del Cenacolo Vinciano, numero ristrettissimo di invitati, ordine di silenzio assoluto, precise indicazioni per non danneggiare l’opera esposta. Così provai il brivido di vedere lo spettacolo sotto il suo centro e cuore, emozione ineguagliabile. Ma, nello stesso tempo le rigide misure di tutela del-l’affresco, impedivano una recitazione completamente sciolta e un uso di corpo e voce pienamente teatrali, alla comunque bravissima Sonia Bergamasco. Che, sulla scena, agisce in condizioni meno ieratiche, ma più naturali per un attore, ottenendo un risultato pieno e impeccabile. Che cos’è Il miracolo delle cena? Creato nella scorsa stagione a partire dagli scritti originali di Fernanda Wittgens, lo spettacolo racconta la vita della studiosa e critica d’arte che fu, tra l’altro, la prima donna Soprintendente delle Gallerie di Milano. Sonia Bergamasco, diretta da Marco Rampoldi, dà corpo e voce a una personalità che interpretò nel modo più nobile la missione del servizio pubblico a tutela del bene comune, fu sempre fedele ai propri ideali – anche nel terribile contesto delle leggi razziali – e votò tutta se stessa alla conservazione e valorizzazione di un patrimonio di Milano e del mondo. Wittgens partecipò con tempestività ed energia alla salvaguardia di numerosi monumenti milanesi, tra cui l’Ultima cena di Leonardo da Vinci che fu riparata dai colpi d’arma da fuoco, dalla violenza delle esplosioni e sottratta mira- colosamente alla distruzione dei bombardamenti. Quando vediamo e leggiamo gli orrori delle guerre, quando precipitiamo nell’angoscia per Baghdad distrutta, ci domandiamo se sia più devastante lo sterminio di vite umane, civili, bambini, o la perdita definitiva di tesori d’arte dell’umanità. La perdita di una vita è incolmabile, ma quella di un capolavoro ci priva di un pezzo di anima. Fernanda Wittgens lottò per tutte e due le sopravvivenze, quella della vita umana e quella atemporale dell’arte. Diari, documenti, testimonianze, attingendo a vivissimo materiale scritto nasce un monologo, Il miracolo della cena, da un’idea di Sergio Escobar, direttore del Piccolo, e Chiara Rostagno, allora direttore del Cenacolo Vinciano. Potente interprete, Sonia Bergamasco, una delle attrici segnanti del panorama odierno, ha agito all’interno dell’opera, collaborando alla sua gestazione.
Sonia Bergamasco, come nasce l’idea?
Il progetto, ideato e prodotto dal Piccolo Teatro in collaborazione con il Museo del Cenacolo Vinciano – spiega la Bergamasco – nasce dal desiderio di celebrare un importante anniversario dedicato a Leonardo da Vinci, nella città italiana che forse più di ogni altra racchiude il corpo essenziale della sua opera. Ricordo l’entusiasmo con cui Sergio Escobar, e l’allora direttore del Museo del Cenacolo, Chiara Rostagno hanno condiviso documenti, studi, storie ed esperienze con Marco Rampoldi (regista del Miracolo e curatore, insieme a Paola Ornati della drammaturgia di scena). La sfida era quella di dare vita a un racconto forte e avvincente attraverso la voce e la testimonianza di Fernanda Wittgens, che si è trovata a difendere e curare il capolavoro di Leonardo nel periodo più drammatico della sua storia.
Tra l’altro, penso, una vicenda esemplare per il mondo, e che ha luogo a Milano. Immediata evocazione... Miracolo a Milano, De Sica, il tempo della rinascita, dopo la guerra. Nel dolore, ma rinascita... E nel fluire di associazioni il titolo, Il miracolo della cena, me ne evoca un altro, che mi appare, e che riguarda il teatro in toto: Il miracolo della scena... Ma torniamo alla Wittgens.
Pur essendo milanese di nascita, non conoscevo questo capitolo cruciale della storia della città. Mi ci sono immersa con stupore, e ho misurato quanto la passione di una sola persona, una donna fra tanti uomini, unita al coraggio e alla caparbietà, possano smuovere l’impossibile.
Su che cosa avete lavorato?
Il materiale drammaturgico consisteva principalmente in documenti scientifici, ministeriali, e solo in alcune note più personali. Si trattava di trovare la chiave giusta perché la voce di Fernanda Wittgens uscisse limpida e calda, malgrado il timbro ufficiale della maggior parte dei documenti. Il lavoro sulla drammaturgia di scena è stato appassionante. E anch’io ho partecipato, proponendo alcune piccole modifiche e inserzioni di testo.
Domanda scontata ma necessaria: che cosa significa per lei, l’interprete complice, questa esperienza.
A settembre dello scorso anno, in occasione della “prima”, la frase simbolo che avevo estrapolato dal testo era quella in cui Fernanda rivendica il suo ruolo di intellettuale: sarebbe troppo bello essere intellettuale nei tempi pacifici, e diventare codardi, o anche semplicemente neutri, quando c’è un pericolo.