Agorà

RICERCA ITALIANA. Così i gemelli fanno amicizia già nel grembo

Andrea Lavazza giovedì 14 ottobre 2010
Per Aristotele siamo «animali politici». Per gli psicologi contemporanei siamo una specie dalla spiccata natura sociale, fin dalla nascita. Ora si è scoperto che l’interazione con i nostri simili può cominciare già nel grembo materno, quando ci si trovi 'in compagnia', come accade ai gemelli. Lo studio innovativo, pubblicato sulla rivista «PLos One», è stato realizzato da un gruppo di ricerca che ha unito tre università italiane, coordinato dal professor Umberto Castiello (docente di psicobiologia a Padova).Ne abbiamo parlato con lui, Vittorio Gallese (docente di fisiologia umana a Parma, tra gli scopritori dei neuroni specchio) e con Cristina Becchio (Università di Torino).Sappiamo che i neonati fin dai primi istanti di vita sono predisposti all’inte­razione sociale. Dal vostro studio e­merge che la tendenza a socializzare si manifesta anche prima di nascere. Co­me siete riusciti ad appurarlo?Per i feti singoli – risponde Castiello – l’utero materno è un luogo solitario, in cui non esistono le condizioni per un’azione sociale, intendendo per «azione sociale» un’azione rivolta verso un altro individuo. Per capire se una predisposizione all’azione sociale fosse presente anche prima della nascita, ci siamo quindi rivolti allo studio dei feti gemelli, che possono essere utilizzati come un perfetto 'esperimento naturale'. La domanda che ci siamo posti è se i feti eseguano movimenti specificamente diretti verso il gemello. L’attività motoria dei feti nell’utero è piuttosto intensa e, a differenza di quanto si riteneva in passato, non comprende solo movimenti riflessi. Studiando il movimento dei feti singoli, avevamo già dimostrato come le caratteristiche spaziali e temporali del movimento del braccio siano diverse secondo che il movimento sia diretto al proprio corpo oppure alla parete dell’utero. Questo studio estende per la prima volta l’analisi delle caratteristiche del movimento ai feti gemelli.Chi tipo di relazione si instaura nell’u­tero tra le coppie di gemelli? C’è un’e­voluzione? Che tempi ha?Nei primi mesi di gravidanza – spiega Becchio –, i feti sono troppo lontani per interagire. Con l’avanzare della gravidanza, il contatto tra gemelli diventa tuttavia possibile e presto quasi inevitabile. Quello che questo studio dimostra è che il contatto tra feti non è il risultato accidentale della prossimità spaziale, ma deriva da una pianificazione motoria. A partire dalla 14ª settimana di gestazione, i feti pianificano movimenti diretti verso il gemello. Questi movimenti hanno caratteristiche diverse rispetto ai movimenti diretti verso la parete uterina e verso se stessi e, tra la 14ª e la 18ª settimana, tendono a aumentare di frequenza.Che tecnica è stata utilizzata? C’erano rischi per i bambini?La tecnica che abbiamo utilizzato – dice Castiello – è molto innovativa e si basa sull’applicazione dell’analisi cinematica ai movimenti fetali. I movimenti dei feti sono stati ripresi utilizzando l’ecografia Pquadridimensionale (4D), una recente evoluzione della normale ecografia che consente di osservare il movimento dei feti nel tempo. Utilizzando un software speciale, abbiamo quindi ricostruito e analizzato i paramenti di movimento, arrivando così a caratterizzare in termini quantitativi tre diverse tipologie di movimento: diretto verso se stessi, diretto verso la parete uterina e diretto verso il gemello. La registrazione dei movimenti è avvenuta in due diverse sessioni della durata di 20 minuti ciascuna: la prima a 14 settimane, la seconda a 18. L’ecografia 4D è una tecnica non invasiva che non comporta rischi, né per i feti né per la madre.Dato il livello di sviluppo cerebrale che hanno i bambini in gestazione che avete analizzato, che cosa si può infe­rire dal comportamento osservato? La socialità è innata, contrastata in segui­to da altre tendenze?I risultati del nostro studio – risponde Gallese – dimostrano non solo un precoce sviluppo del sistema motorio, ma anche una sorprendente e precoce capacità di organizzare e controllare i movimenti in modo differente, in base a dove sono diretti. Sembra esistere già un’organizzazione funzionale motoria in grado di differenziare i movimenti diretti all’esterno, verso il proprio corpo o verso il corpo del fratello. Una delle conseguenze è che ogni feto si muove più 'delicatamente' quando lo fa verso il suo simile. Probabilmente è qui che si pongono le basi per la futura costituzione di un Sè differente dall’Altro, che al tempo stesso ne rappresenta l’altra faccia. Non so se la socialità sia innata. I dati sembrano mostrare che siamo quantomeno predisposti ad essa. C’è un impulso motorio che diventa molto presto un impulso verso l’Altro. L’Altro è costitutivamente implicato dal nostro esserci, prima di tutto, a livello del nostro sistema motorio.È pensabile che abbiano un ruolo i neuroni specchio?Credo di no – spiega ancora Gallese –. Quello che i dati aiutano forse a comprendere è come nasca il meccanismo neurale del rispecchiamento. Si può ipotizzare che il precoce sviluppo pre-natale del sistema motorio in termini di schemi differenti per differenti 'scopi' motori possa condizionare, forse grazie a connessioni predeterminate geneticamente, una particolare sensibilità di una parte del sistema visivo al movimento intenzionale. Immediatamente dopo la nascita, l’osservazione da parte del neonato di atti motori come protrudere la lingua o muovere la mano compiuti dall’adulto ne evoca l’imitazione. Il suo sistema motorio è stato attivato dall’osservazione di un gesto mai visto prima, che però è processato come tale dal sistema visivo perché il sistema motorio gli ha insegnato a 'riconoscerlo'.