Cinema e disabilità. Arriva «Copperman», il supereroe che non ti aspetti
Luca Argentero è il protagonista di "Copperman", in sala dal 7 febbraio
C’è un nuovo “supereroe” che si aggira per le strade e nei bus, goffo, sui pattini, con l’armatura di rame. È Copperman, l’uomo di rame, che ha una speranza notturna, quella di sconfiggere la micro criminalità nel suo paesino in campagna.
Come ogni supereroe Anselmo è diverso. Lo è sempre stato sin da piccolo, quando a scuola aveva due insegnanti. E una era di sostegno. Ama i colori, tranne il giallo, odia i rumori dei piatti sistemati l’uno sopra l’altro e ama tutto ciò che è circolare. E quando perde il controllo di sé stesso, disegnare un cerchio gli restituisce la serenità.
Non ha mai avuto amici se non Titti, il suo primo amore: entrambi sono figli di genitori single. Lei ha un padre violento, lo strozzino del paese, lui ha una madre buona, che sa gestire la singolarità del figlio, più che i suoi sentimenti. La madre di Titti ha perso la vita, per salvare la figlia da un treno in arrivo. Il padre di Anselmo esiste solo nelle conversazioni tra madre e figlio e nell’immaginario che la madre ha formato negli anni, lui è un supereroe che lavora lontano dal paesino dove tutti loro vivono.
Nel film di Eros Puglielli, Copperman, dal 7 febbraio in 300 sale, l’inabilità crea lo sfondo per una fiaba surreale dove la gentilezza, la dolcezza, l’ingenuità si scontrano con la violenza di un uomo, sgradevole nel fisico, nelle parole e nei modi. «Le persone mi fermano per strada – racconta Luca Argentero, che nel film interpreta Anselmo – e mi spiegano che desiderano vedere al cinema storie belle. E aggiungo che è importante non dimenticare che la sala ha un potere magico perché i film sanno allargare il cuore dello spettatore». E per prepararsi al ruolo Argentero ha aggiunto: «Abbiamo parlato a lungo con medici, genitori e i ragazzi che soffrono di un disturbo dello spettro cognitivo. La loro è una sensibilità superiore. Trascorrere del tempo ci ha aiutato nella realizzazione del film, ma non è questo il risultato che abbiamo raggiunto. Personalmente ne sono uscito arricchito come persona. Ho scoperto che loro usano le parole per quelle che sono, non conoscono le metafore e non fanno giri di parole, come fanno gli adulti quando perdono il coraggio di affrontare direttamente il problema».