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MUSICA. Star esose: concerti a rischio fallimento

Massimo Gatto mercoledì 2 maggio 2012
Davanti all’irreversibile crisi del disco, la morte del mercato dei concerti significherebbe la morte della musica. Tanti fanno finta di niente, ma il rischio esiste. Il settore dei concerti non solo ha bisogno di seri regolamenti sulla sicurezza ma anche di nuove idee capaci di contrastare la crisi e di riscattare gli insuccessi di artisti considerati fino all’altro ieri di sicura presa. Il primo ad analizzare il problema è Alessandro Bellucci, presidente di Assomusica, l’associazione di categoria che riunisce i maggiori promoter e produttori italiani. «A vendere sono soprattutto i prodotti "alti" – cioè i concerti con biglietti costosi come quelli di Madonna, Ligabue, Lady Gaga, Springsteen, Radiohead – e quelli di nicchia, con biglietti contenuti tra gli 8 e i 20 euro. Soffrono, invece, i concerti "mediani"».
IN CRISI, GIORGIA, DANIELE LITFIBA E NEGRAMAROChi stia in questa fascia intermedia lo dicono le tournée col fiato corto di Giorgia, Pino Daniele, Negramaro, Litfiba, Venditti, ma anche di stranieri tipo Ben Harper. Nella fascia maggiore, alti e bassi per la Pausini, mentre Tiziano Ferro è forse l’unica realtà del panorama italiano in crescita costante. «Se gli artisti in difficoltà fossero ricollocati sul mercato ad un prezzo adeguato probabilmente si avrebbe più pubblico e biglietti più bassi, mettendo in moto meccanismo virtuoso utile a tutti», assicura Bellucci. Anche se la crisi di Marco Mengoni, nonostante il passaggio dai palasport a una più confacente cornice teatrale, dice che l’equazione non sempre regge. «Il problema è che il costo dell’artista non viene determinato dalle leggi del mercato, ovvero da domanda e offerta, ma in base alla presunzione di quel che può realizzare una volta in tour». E questo a volte crea una mercato falsato in cui entrano in gioco sponsor ed enti vari.
«ALCUNI RISCHIANO DI NON LAVORARE PIÙ»<+tondo>«Ci sono personaggi che, una volta caduti i finanziamenti pubblici, rischiano letteralmente di non lavorare più» prosegue il presidente dei promoter italiani. «Purtroppo il 65% di loro sembra vivere altrove, vittima di una incredibile mancanza di realismo che prescinde dalla realtà dei fatti, come se non ne andasse della loro arte, della loro vita e della loro professione. Assomusica, ad esempio, si sta battendo per una pubblicità totale dei borderò dei concerti, con indicazione degli spettatori effettivi e degli incassi come accade nelle manifestazioni sportive, ma incontriamo resistenze. In alcuni casi, infatti, certe agenzie sarebbero costrette ad ufficializzare ai loro artisti che non richiamano più pubblico». Ma non tutto, per ora, è perduto.
I CONTI TENGONO SOLO GRAZIE AI TAGLI«Tutto sommato i numeri che ci restituisce il mercato degli ultimi 5 anni sono confortanti e dicono che, nonostante il crollo dell’economia, il nostro settore tiene ancora. I primi quattro mesi di questo criticissimo 2012, ad esempio, mostrano un sostanziale pareggio delle presenze e un aumento degli incassi di circa il 2,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno». Lo sforzo degli agenti per far quadrare i conti ha però ricadute su tutto il resto della filiera. A farne le spese sono spesso i promoter locali e ancor di più le cooperative di specialisti che lavorano nelle tournée, pagate solo in parte o con forti ritardi confidando sullo scarso potere contrattuale che hanno nei confronti dei committenti di maggior peso. E su questo s’innesta il tema della sicurezza. «Premesso che, in un paese dove i morti sul lavoro sfiorano la media dei due al giorno, negli ultimi trent’anni l’industria del live ne ha avuti 5 in tutto, Assomusica continua a interrogarsi e a lavorare per migliorare la situazione; cosa non proprio facile in una nazione dove dal Dopoguerra a oggi non si è costruita una sola struttura di capienza superiore alle 4-5 mila persone dedicata alla musica popolare contemporanea e dove l’attività concertistica non è regolamentata da alcuna legge, ma utilizza monconi di normative in uso altrove». Per lo Stato, infatti, ogni concerto è un cantiere; la costruzione del palco è infatti vincolata alle leggi e ai regolamenti che vigono nell’edilizia, mentre i servizi di controllo all’interno di stadi e palasport rientrano nelle normative concepite per lo sport e per i locali da ballo.
LA PIAGA DEI TROPPI BIGLIETTI GRATUITIConfusione normativa, eccesso di offerta, artisti sovrastimati, strutture obsolete, invadenza degli sponsor, un effluvio di biglietti omaggio (all’Olimpico di Roma o a San Siro non si suona – per contratto – con meno di mille biglietti gratis, oltre naturalmente a un affitto del 10-12 per cento sull’incasso lordo), sono infatti le conseguenze di un sistema esasperato che dilapida capitali in mille rivoli piuttosto che investirli nella crescita di un mercato a cui oggi come oggi, dati alla mano, attinge un italiano su dieci.