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L'ARTISTA RITROVATO. Concato: «Il mio ritorno dopo 11 anni difficili»

Andrea Pedrinelli giovedì 22 marzo 2012
«Che gioia ritrovare la voglia di scrivere. Temevo di averla persa». Fabio Concato introduce così il suo ritorno ad un album inedito (Tutto qua, 11 pezzi, anche Lp) che non è un ritorno "normale". Perché undici anni sono tanti, perché tante faccende Concato ha vissuto in questi anni. Alcune sono note: dai Cd mai distribuiti alla scelta «di far sempre musica ma fuori dai riflettori. Per pensare a me, ai miei, per vivere senza paura di venire dimenticato. Anzi, non m’importava proprio: prima l’uomo, poi l’artista». Altre faccende sono cronaca, come l’esclusione da Sanremo: vi sarebbe andato con Non smetto di aspettarti (pezzo di gran classe) ma… «A novembre mi dissero: "Saprai a brevissimo". Beh, ho saputo 50 minuti prima dell’annuncio ufficiale, tramite… un sms di Morandi e Mazzi. L’esclusione vabbé, ma il metodo...». E altre cose non secondarie Concato le canta («L’altro di me è la mia storia: la fatica di ritrovare serenità, ridare voce alla mia parte buona e mettere a tacere la rabbia») e le spiega. «Sì, ho avuto la sindrome da foglio bianco. Ma non volevo ingannare la gente con cover. Volevo tornare avendo cose da dire. La molla è scattata con un aiuto: terapeuta, guida spirituale? Non ve lo dico. È qualcuno che mi ha aiutato a individuare quanto mi bloccava fino a farmi scrivere il Cd in un mese. Con urgenze ed emergenze da gridare». Così che Tutto qua è struggente e sferzante, il sentimento in esso dà umanità a denunce sociali e spessore a dichiarazioni di valori. Esempi? «Il filo che canta la responsabilità, solo noi possiamo scegliere tra vivere e arrenderci»; Carlo che sorride che ricorda il tastierista Gargioni morto 45enne di leucemia fulminante «perché chi l’ha detto che non si canta la morte, che la gente se ne frega?»; Sant’Anna (di Stazzema), «un omaggio a vecchi e bambini uccisi dai nazisti, partendo da quanto mi raccontò un anziano». Sino alla toccante Un trenino nel petto («Che osa dire dell’amare e del sognare anche a cinquant’anni») e al brano che dà il titolo al Cd fra mancanza di lavoro, emigrazione, razzismo, disperazione: perché – Concato canta – «c’è un’umanità da proteggere», perché – Concato dice – «vorrei contribuire a rimettere l’uomo al centro. Fingiamo di non vedere troppe cose, giudichiamo con la roncola, ma dove andiamo così? Non chiedo rivoluzioni, ma almeno proviamo a cambiare il nostro modo di guardare». Certo il Concato 2012, in attesa di tour e libro, è anche imprenditore che osa nuove tecnologie (la cover è un QR-Code con cui ci si "iscrive" a futuri contenuti inediti, e una card nel Cd regala cinque hit scaricabili gratis), ma il suo ritorno no, non è un ritorno "normale". Non lo è se canta che senza passione siamo finiti, che solo amare dà senso, che vivessimo davvero saremmo tutti "parte del cielo". Il centro di questo ritorno è musica a misura nostra. A misura d’uomo. E in fondo Concato avrebbe potuto fare "evento", della sua rentrée, invece ha scelto un’altra strada. Quella, chissà, per cui l’avevano emarginato, quella per cui la sua musica pulita che spinge a guardarci dentro ci è mancata così tanto in questi anni di pop sempre più trash, anzi: feroce. Se di noi non parla mai davvero.​