La leggerezza dei vent’anni e l’orrore di una società in cui è diventato normale vendere il proprio corpo per aprire le porte del futuro. La semplicità di ore spensierate trascorse a riappropriarsi di una città e lo schianto finale, tra rabbia e amarezza. L’ultimo film di Francesca Comencini,
Un giorno speciale, tratto dal romanzo di Claudio Bigagli e in competizione ieri a Venezia (uscirà nelle sale il 4 ottobre distribuito da Lucky Red), è una lettera d’amore ai ragazzi di oggi che si affacciano confusi e spaventati al mondo del lavoro dove il prezzo da pagare è un umiliante compromesso. Gina (Giulia Valentini) è una giovanissima aspirante attrice che ha appuntamento con un politico disposto a mettere una buona parola, in cambio naturalmente di un po’ di "gentilezza". Marco (Filippo Scicchitano, che abbiamo scoperto in
Scialla!) è l’autista incaricato di accompagnarla all’appuntamento. Per lui è il primo giorno di lavoro. Impegnato in una seduta parlamentare il politico continua a posticipare l’incontro e i due ragazzi vivono l’attesa in un’atmosfera sospesa, fatta di risate e confessioni, giocose fughe fino a che una telefonata arriva a spezzare la loro innocenza, segnando il brusco e doloroso ingresso nel mondo degli adulti. «Gina è una ragazza normale – dice la regista – che vive in una famiglia come tante. Ma nella sua testa è entrata l’idea che per raggiungere un obiettivo può accettare di vendere il proprio corpo. Pochi minuti da dimenticare in fretta, e poi ecco avverarsi un sogno. Molte ragazze pensano che sia espressione di libertà usare il proprio corpo per raggiungere uno scopo, come se il corpo fosse qualcosa di separato da loro, e non il luogo del sé. Mi auguro allora che i giovani vadano a vedere questo film che restituisce loro il valore di persone. Mi auguro sia come la voce dalla finestra che scuote Gina dal torpore mentre guarda la tv. Mi auguro anche che questo paese smetta di rimuovere ogni cosa e che il cinema possa aiutare a riflettere con sguardo poetico su quello che è accaduto e accade ancora. E a proposito delle madri complici nel mandare le proprie figlie al "macello", la Comencini commenta: «Come l’Anna Magnani di
Bellissima, la madre di Gina vuole il meglio per sua figlia, è convinta di agire per il suo bene. L’agghinda come fosse una sposa, invece la sta mandando alla massacro. E questa sua ossessione per la bellezza a tutti i costi finisce per produrre bruttezza». «Proprio mentre mi stavo recando al provino – confessa Giulia – ho ricevuto una telefonata da una persona che mi chiedeva di posare nuda. Avevo messo degli annunci su internet per fare la cameriera e guadagnare qualcosa mentre studio, ma nessuno mi ha mai chiamato per questo. Allora alle mie coetanee dico: meglio una vita passata a fare le pulizie, con l’orgoglio di potersi ancora guardare allo specchio». Fischi e boati invece per
Passion di Brian De Palma, il thriller erotico remake dell’ultimo film diretto da Alain Corneau prima della sua morte,
Crime d’amour. Il film racconta il morboso rapporto fatto di seduzione e manipolazione, complicità e umiliazione, tra la bella ed elegante Christine (Rachel McAdams), potente donna d’affari, e Isabelle (Noomi Rapace), la sua protetta, alla quale ruba molte brillanti idee. Quando però nella sotterranea guerra tra le due donne entra un uomo, ecco che la situazione esplode e Christine viene ritrovata morta.Intanto, ieri a Venezia sono stati assegnati i primi premi collaterali. Al film
Pietà del coreano Kim Ki-duk va il Premio Padre Nazareno Taddei. Il Premio "Civitas Vitae" va a Costanza Quatriglio, regista di
Terramatta, mentre a
Bellas mariposas di Salvatore Mereu il Premio Schermi di Qualità dell’Agis. Il sindacato Giornalisti Cinematografici assegna il Premio Pasinetti a
L’intervallo di Leonardo Di Costanzo e a Liliana Cavani il premio speciale per
Clarisse.