Calcio. Colpo Grosso, la favola del Frosinone
Fabio Grosso, 44 anni, allenatore del Frosinone, capolista in Serie B
Una bella storia del calcio di provincia, ma poi finirà come altre meteore… Era questo il commento più gettonato quando nel 2015 il Frosinone approda per la prima volta nella sua storia in Serie A, suscitando un moto di simpatia in tutta Italia, sia per l’impresa sportiva (doppio salto dalla C, con Roberto Stellone in panchina) che per il contorno da pallone d’altri tempi, con lo stadio Matusa nel centro città e la gente assiepata sui balconi dei palazzi intorno. Da allora, però, altro che meteora: il Frosinone ha disputato un altro campionato in A e tutti tornei di vertice in B. Il Matusa intanto è stato trasformato nel secondo parco cittadino e il club, con il concorso del Comune, s’è fatto uno stadio di proprietà, intitolato a Benito Stirpe, papà del patron Maurizio, un gioiellino da 16mila posti al coperto; un centro sportivo per allenamenti e giovanili, un altro in rampa di lancio a Fiuggi. E per la prima volta due giocatori del Frosinone hanno esordito in Nazionale, visto che in effetti Gatti e Zerbin erano ancora tesserati con i ciociari al momento della chiamata di Mancini e prima di passare a Juve e Napoli. Ma tutte queste sono già favole di ieri e dell’altro ieri, perché il Frosinone di oggi ne prepara già altre due, con i tifosi gialloazzurri legittimati a fare tutti gli scongiuri scaramantici del caso. La prima ha le sembianze del passo felpato di Fabio Grosso che batte e segna il rigore che consegna il Mondiale 2006 all’Italia, la seconda è l’immagine di un manipolo di ragazzini di Frosinone e dintorni, con appena qualche straniero che già senti chiamare palla in uno slang anglo-ciociaro: tra serie B e Primavera entrambe sono al vertice.
Nei Cadetti i ciociari sono addirittura in fuga rispetto a mostri di squadre, dal Genoa al Cagliari al Parma , che sulla carta avrebbero dovuto ammazzare il campionato. Tra tutti i club professionistici d’Europa, insieme al Barcellona il Frosinone è l’unico a non aver ancora subito gol in casa: merito del portiere- ragazzino Stefano Turati, che dopo ogni partita si fa consegnare il megafono dai tifosi per guidare lui i cori, e di “zio” Lucioni, il vecchietto della compagnia con i suoi 35 anni e 200 partite in B, assieme alle solite scommesse che il direttore sportivo Guido Angelozzi è andato a prendere di qua e di là, come il gabonese Oyono dalla B francese o giocatori da rilanciare, come quel Frabotta che giovanissimo alla Juve aveva incantato e poi s’era un po’ perso per via degli infortuni. Lo stesso mix che Grosso ha assemblato a centrocampo, tra il ragazzino Boloca pescato in D e l’esperto Mazzittelli arrivato dal Monza, con le chiavi dell’attacco consegnate a Moro (l’anno scorso capocannoniere in C, ma all’esordio in B) e Mulattieri, altro giovane di belle speranze su cui l’Inter punta molto. La squadra dello scorso anno, che pure aveva fatto bene, è stata stravolta, ma Fabio Grosso – arrivato due anni fa in punta di piedi dopo l’esperienza di Alessandro Nesta - ha subito ricomposto il puzzle e ha iniziato a far giocare questa banda terribile, che ora vince divertendosi e diverte vincendo. Basta chiedere ai calciatori, anche quelli che giocano poco: «Grosso mi ha dato fiducia».
Fabio Grosso si schernisce, ma senza falsa modestia, sempre consapevole del fatto che alla fine il lavoro paga: «Quando arrivano ragazzi nuovi tattila camente, tecnicamente ma anche caratterialmente, ci devi lavorare, scoprire i loro lati positivi per fargli tirare fuori le qualità che hanno. E io amo da pazzi fare l’allenatore, lavorare con i ragazzi ». Il resto lo sta facendo una perfetta integrazione con la città e l’ambiente: « Frosinone è una piazza importante con una società seria – rimarca Grosso - Abbiamo la fortuna di avere un presidente in gamba, che ha sempre fatto tanto per questa zona. Il suo obiettivo è quello di portare avanti il nome del Frosinone e per noi è un piacere lavorare con lui e con le sue idee». Ogni tanto negli spogliatoi racconta di quel famoso rigore del 2006, «ma non lo fa per sottolineare che c’era o per presunzione, piuttosto per farti capire il senso del lavoro. Per arrivarci ha sacrificato molto ed è stato ripagato», racconta il centrocampista Ben Koné, altro punto di forza dei ciociari. E poi Grosso può guardare e pescare in quel Primavera (ha già fatto esordire in B Alessio Maestrelli, nipote dell’indimenticabile Tommaso) che in campionato ha già messo alle corde Napoli, Fiorentina, Sampdorra, Bologna, Empoli, Lecce, pur essendo neopromossa dalla Primavera 2. Quest’altra favola porta la firma dell’allenatore Giorgio Gorgone e di Alessandro Frara, responsabile del settore giovanile, che per adesso esclude voli pindarici: « Affrontiamo club che spendono milioni per i settori giovanili e noi puntiamo a restare in questo campionato, facendo crescere i ragazzi e trasmettendogli la cultura del lavoro». A proposito, Gorgone era il vice allenatore e Frara il capitano di quella squadra che al cantautore Calcutta faceva cantare: « Leggo il giornale, c’è papa Francesco e il Frosinone in serie A ». Perché poi le meteore passano, ma le stelle restano.