Cinema. Colpa e redenzione nell'ex Urss tra le torture del “Capitano Volkonovod”
Una scena del film russo in concorso alla Mostra di Venezia “Il capitano Volkonovod”
Esiste un paradiso per i torturatori? È questa la domanda intorno a cui ruota un thriller ad alto tasso di adrenalina e di spiritualità, Captain Volkonogov Escaped (Il capitano Volkonovod) passato ieri in concorso alla 78ª Mostra del cinema di Venezia. Firmato dai coregisti e coniugi Natasha Merkulova e Aleksey Chupov, questo film russo richiama Gogol e Dostoevskij e, pur non esplicitandolo, affonda il suo cuore nella radice cristiana. Riuscire a girare un film d’azione stile Il fuggitivo con incursioni mistiche e la ricerca di una “cosa” fondamentale come il perdono non è impresa facile. Affascina innanzitutto l’ambientazione storica, rielaborata in stile postmoderno che la avvicina ai nostri tempi.
Siamo nel pieno dell’Unione Sovietica staliniana, ovvero nel 1938, quando bastava un semplice sospetto per scomparire dentro una fossa comune. In una Leningrado cupa e povera il capitano del servizio di sicurezza nazionale Fedor Volkonogov (il lanciatissimo attore Yuriy Borisov) esegue con grande perizia il suo lavoro di torturatore di possibili dissidenti che vengono fatti confessare e giustiziati. Atletico, senza paura, risponde devotamente agli ordini del suo comandante. Ma a un certo punto della sua vita si trova a dover fare i conti con se stesso, con la colpa e la redenzione.
Dopo aver scoperto che le sue vittime sono degli innocenti e che la sua stessa sezione sta per accusarlo di fantomatici crimini, fugge inseguito dai suoi stessi ex colleghi. All’improvviso gli arriva un avvertimento che viene direttamente dall’aldilà, da parte di un suo collega morto: «Sebbene tu sia destinato all’Inferno e a tormenti eterni, hai ancora una possibilità di cambiare il tuo destino ed essere accettato in Paradiso, a patto che ti penta sinceramente e almeno una persona ti conceda il perdono». All’inizio più spaventato che pentito, il giovane capitano si precipita a contattare a una a una le famiglie delle vittime per raccontare il loro destino e chiedere di essere perdonato.
L’umanità che incontra è ferita, terrorizzata, sospettosa: c’è il vecchio padre fedele al regime che resta convinto della colpevolezza del figlio, il marito disperato la cui moglie è stata imprigionata per una barzelletta, l’orfana che brucia i ricordi del padre marinaio “traditore”. La sua sembra una corsa senza speranza, ma in realtà tanto dolore pian piano lo cambia e lo mette di fronte alle sue responsabilità, finché il misterioso incontro con una vecchia morente gli rivelerà il Mistero in un abbraccio che evoca l’immagine di una Pietà. «Il film è una parabola postmoderna con elementi da thriller mistico, una favola nera su un carnefice che all’improvviso scopre di avere un’anima – dicono i registi –. L’anima deve essere salvata, ma a lui rimane poco tempo e così incomincia una ricerca disperata di redenzione spirituale». Gli autori del film, Natasha Merkulova e Aleksey Chupov, pensano comunque che sia estremamente difficile vivere sapendo che esistono ancora le torture e che ogni giorno da qualche parte del mondo qualcuno sta seviziando altri esseri umani. «Chiunque può trasformarsi in un carnefice, se il sistema decide di farti diventare tale. Ma ci può essere perdono per un tale crimine?».
Il tema del male e della redenzione con sfumature mistiche attraversa anche il film romeno Miracle, (Miracolo) del regista Bogdan George Apetri, visto nella sezione “Orizzonti”. Ambientato nella zona più ricca di monasteri ortodossi della Romania, la Bucovina, da dove proviene il regista, fa parte di una trilogia che culminerà l’anno prossimo in una pellicola interamente ambientata nel convento in cui è stato girato questo film. Una pellicola dura, ma che rivela alla fine il suo senso più spirituale, divisa in due parti: la prima, segue il misterioso viaggio in città di un’aspirante suora che deve lottare con le sue fragilità, ma che attraverso il sacrificio rivelerà la sua profonda generosità. E qui un evento traumatico porta alla seconda pare del film in cui un ispettore ateo cerca vendetta, più che giustizia. Ma, senza che lui e nessun altro se ne renda conto, la sua anima sarà salvata da un miracolo.