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INCHIESTA. Classifiche, ma che fine fa il libro religioso?

Antonio Giuliano domenica 25 aprile 2010
Parafrasando Totò è un po’ come la nebbia a Milano: «C’è ma non si vede». Il problema è che i testi venduti nelle librerie religiose ci sono eccome sul mercato e vendono in alcuni casi migliaia di copie, ma nelle classifiche riportate dai grandi media non si vedono. La questione va avanti ormai da anni: sono considerati libri figli di un’editoria minore? O si tratta soltanto di incomplete elaborazioni statistiche? Per Giuliano Vigini, direttore dell’Editrice Bibliografica e fra i massimi esperti di editoria e mercato del libro, siamo di fronte a una mera scelta tecnica: «Il campione preso in esame dalle società di rilevazione deve essere omogeneo: non può contemplare tutte le librerie "religiose", solo quelle cattoliche sono circa 200, il 14% delle librerie italiane. Sono di per sé specialistiche, sbilancerebbero i punti vendita generalisti. È chiaro quindi che un libro che vende al 90% in quelle religiose e il 10% in quelle "laiche" difficilmente balzerà in testa alle classifiche». Secondo Vigini però non mancano i rimedi: «I media facciano una graduatoria a parte per il settore "religioso". Oggi c’è un interesse crescente per i libri di spiritualità: 350 mila lettori in più (dal 2000 al 2007) e un incremento delle vendite di oltre il 4% (in controtendenza rispetto all’andamento degli altri settori). È aumentata la produzione che è inferiore solo alla narrativa: più di 4 mila titoli religiosi all’anno (tra novità e ristampe), quasi l’8% dei libri di varia, con un fatturato di circa 170 milioni di euro. È chiaro che la classifica non può esaurire lo scopo di informare, ci vuole anche una graduatoria di qualità indipendentemente dalle vendite». È quello che da anni fa la rivista Studi Cattolici il cui direttore Cesare Cavalleri spiega: «Noi facciamo da sempre la doppia classifica per consigliare anche testi che non compaiono tra i bestseller diffusi. Però la sensazione è che i grandi mezzi di comunicazione abbiano una forma di pregiudizio verso i titoli venduti per lo più nelle librerie religiose. Prendiamo Il cavallo rosso di Eugenio Corti: tradotto in 7 lingue, 25 edizioni, ha venduto centinaia di migliaia di copie. Ma nelle classifiche non è mai risultato…».Vittorio Messori non si fa illusioni: «Già nel 1975 con Tuttolibri della Stampa fummo i primi a pubblicare una classifica con i dati di Demoskopea. E già allora mi resi conto che venivano rilevate solo le librerie "laiche". Il mio Ipotesi su Gesù che ha venduto oltre un milione di copie riuscì comunque a piazzarsi in testa alle classifiche semplicemente per i "resti": il grosso veniva venduto nelle librerie cattoliche, ma erano tante anche il resto delle copie venduto altrove. Però anche altri miei libri come Pensare la storia, che pure superò le 200 mila copie, in classifica è finito 2-3 volte». Per Messori molto dipende anche da ragioni strutturali: «Siamo l’unico Paese in cui esiste questa forte doppia distribuzione, religiosa e "laica", è un retaggio risorgimentale quando i cattolici venivano ghettizzati. Molto dipende anche dagli autori. Perché Martini, Ravasi e Bianchi vendono tanto anche nelle librerie laiche? Ci vuole il giusto equilibrio nel parlare ai lettori: né toni integralisti, né timore di manifestare la propria identità. Ciò non toglie che si può benissimo rilevare quello che succede nelle librerie cattoliche, su Jesus lo abbiamo fatto per anni, anche se era un campione che prendeva in esame solo alcune catene».«Ma ora le rilevazioni sono migliorate – ribatte Gian Arturo Ferrari, presidente del Centro per il Libro e la promozione della lettura –. Da qualche anno i principali gruppi editoriali hanno adottato Nielsen BookScan, il più avanzato sistema di monitoraggio del mercato librario. Prima è vero che le librerie religiose non figuravano. Adesso non si può non tener conto di una riscoperta della spiritualità da parte della società. Fino agli anni ’70-’80 anche molti credenti pensavano che che la religione fosse in declino e destinata ad estinguersi. Dobbiamo molto al pontificato di Giovanni Paolo II, lui è stato il primo a scrivere direttamente al pubblico di lettori con Varcare la soglia della speranza, nel libro-intervista con Messori. Fu un fenomeno editoriale che ha segnato un’epoca».Secondo Andrea Menetti, coordinatore editoriale di Rebeccalibri.it, il portale del Consorzio per l’editoria cattolica che a partire dal prossimo sabato, sulle colonne di Avvenire, curerà una classifica settimanale dei libri religiosi, si è aperta una nuova fase: «C’è ancora il rischio purtroppo che i grandi media ignorino veri tesori di spiritualità. Però il nostro progetto di riunire i più importanti gruppi editoriali cattolici sta dando già i suoi frutti. Grazie all’accordo con il sistema telematico di Arianna i titoli religiosi arrivano in tutte le librerie e hanno più visibilità. E non è un caso che di recente un testo come Diario di un’amicizia. La famiglia Poltawski e Karol Wojtyla (San Paolo), di Wanda Póltawska sia entrato nei primi posti delle classifiche "laiche". Anche perché stiamo parlando di un testo con un prezzo significativo (24 euro). L’editoria religiosa non può essere più considerata la cenerentola del mercato».Lo scrittore Ferruccio Parazzoli è convinto però che serva invertire la rotta, riconoscendo «miserie e nobiltà» anche del settore religioso: «Bisogna rivoluzionare le librerie cattoliche: devono senz’altro selezionare, ma è necessario che abbiano anche i libri delle librerie generaliste. Se i testi religiosi non trovano spazio altrove non è perché sono discriminati o vittima di pregiudizi. Ma semplicemente perché non vendono. Innanzitutto perché il pubblico "cattolico" non legge o legge poco. E poi perché occorre ammettere che certi libri religiosi spesso hanno un linguaggio vecchio e trattano i temi in maniera dottrinale o catechistica… Oggi la saggistica, che io definisco la non-fiction, non trova molto spazio perché il livello culturale generale è molto più basso. Eppure il tema religioso interessa quando è supportato da logiche di mercato vincenti ed è trattato da autori come il cardinale Martini o Enzo Bianchi. Non mi meraviglia la riscoperta della spiritualità anche nel mercato editoriale. Anche i laici avvertono il vuoto lasciato dalle ideologie e sentono il bisogno non di dottrine ma di guide, di maestri, di testimoni. Perché senza speranza non si può vivere».