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IL GRANDE MUSICISTA. Chopin, i 200 anni dell’esule del piano

Pierachille Dolfini domenica 28 febbraio 2010
Un uomo diviso in due. Tra la Polonia, sua terra natale, e Parigi, città che lo adottò e dove scrisse i suoi capolavori. Dove visse in mezzo agli artisti di Pigalle. Dove incontrò la scrittrice George Sand, sua compagna di arte e di vita. Il mondo celebra Chopin. Che per rendere omaggio alla Francia – da dove proveniva il padre – cambiò in Frédéric il suo nome di battesimo, Fryderyk Franciszek. Domani si celebrano i 200 anni della nascita del musicista, diviso da sempre tra il paesino di Zelazowa Wola, dove nacque il 1° marzo 1810 e la capitale francese, dove si trasferì nel 1831 e dove morì il 17 ottobre del 1849. Diviso in vita. Ma anche in morte. Sepolto nel cimitero di Père Lachaise a Parigi, il suo cuore riposa nella chiesa di Santa Croce a Varsavia. Lo chiese lui stesso. Varsavia lo celebra con una maratona lunga 171 ore. Tante quante sono quelle che intercorrono tra il 22 febbraio, data di nascita riportata sul certificato di battesimo, e il 1° marzo, giorno dichiarato dalla famiglia. Una maratona intitolata Il compleanno più lungo di Chopin, iniziata, appunto, il 22 febbraio, che si concluderà domani. Grandi interpreti si sono dati il cambio in questa staffetta: Rafal Blechacz, vincitore nel 2005 del Concorso Chopin – manifestazione che nel 1960 fece conoscere al mondo Maurizio Pollini –, Ivo Pogorelich, Murray Perahia. Oggi sono attesi Martha Argerich e Daniel Barenboim. Mentre a Cracovia, l’arcivescovo della città, il cardinale Stanislaw Dziwisz, celebrerà una messa in ricordo del compositore. Domani, cuore delle celebrazioni sarà il paese natale di Zelazowa Wola. Ma l’attenzione sarà puntata anche sulla riapertura, nella capitale, del Museo Chopin, ristrutturato in chiave multimediale da due italiani, gli architetti Mara Servetto e Ico Migliore.Chopin come marchio per rilanciare la Polonia, terra sempre presente nelle pagine dell’autore, nella malinconia delle Mazurke o negli echi popolari di Studi e Preludi. Chopin diventato nel 2007 il protagonista di un videogioco, Eternal sonata, basato su elementi musicali contenuti nelle sue opere. Chopin presto in un film, The Flying machine. La pellicola in 3D di Martin Clapp e Marek Skrobecki, nella quale gli attori interagiscono con cartoni animati, vede tra i protagonisti il pianista cinese Lang Lang, che proprio a Varsavia, il 7 gennaio, ha aperto le celebrazioni per l’anniversario chopiniano. Anche Parigi rende omaggio al compositore. Una mostra, Chopin. La note bleu, al Museo della vita romantica. Diversi concerti – anche qui arriveranno la Argerich e Barenboim insieme a Krystian Zimerman, polacco come Chopin e grande interprete delle sue pagine – in programma alla Biblioteca polacca, al Museo d’Orsay e al Teatro degli Champs-Elysees e alla Salle Pleyel, che prende il nome dalla marca dei pianoforti suonati dal musicista. E proprio gli strumenti Pleyel saranno i protagonisti della giornata che il Teatro alla Scala domani dedica al compositore. Alain Planès eseguirà Chopin su due esemplari del 1839 e del 1852 per evocare il suono che Chopin avvertiva mentre componeva. Il teatro milanese omaggia Chopin anche con un ciclo di concerti che lo affiancano a Schumann (anche del compositore tedesco nel 2010 si celebrano i 200 anni della nascita): protagonisti Pollini, Barenboim, Lang Lang ed Evgenij Kissin. E anche la televisione – ma, purtroppo, non il servizio pubblico – si mobilita. Iris, canale visibile gratis sul digitale terrestre, programma otto appuntamenti dedicati al musicista. Si parte domani alle 21 con Andrea Bocelli che racconterà il suo legame con il compositore polacco. Iris manderà in onda, sino al 18 aprile (ore 10) e sempre preceduta da una conversazione con un personaggio del mondo musicale, l’integrale delle opere di Chopin. Una maratona registrata all’Auditorium con allievi e maestri dell’Accademia pianistica internazionale di Imola.Il musicistaDe Maria: «Nelle sue note il cuore dell’attualità, altro che Sanremo»«Un Notturno di Chopin? Più attuale delle canzoni di Sanremo». Certo, potresti pensare che Pietro De Maria sia un po’ di parte: ha eseguito dal vivo l’integrale delle composizioni per pianoforte del musicista polacco, ha portato le pagine dell’artista in tutto il mondo, Varsavia e Parigi, comprese ed entro il 2011 pubblicherà in disco con la Decca l’opera omnia dell’autore. Ai sei cd già in commercio, a breve si aggiungeranno gli Scherzi prima del gran finale con Mazurke, Rondò e le celeberrime Polacchededicate dal compositore alla sua terra. Ma poi il pianista veneziano, classe 1967, che domani sarà in concerto al Bellini di Catania, ti spiega perché un Preludio è più moderno dei brani di Arisa o di Marco Mengoni. «La musica di Chopin racconta una gamma di emozioni che le canzoni di oggi non sanno esprimere: in poche battute trovi la gioia di vivere, ma anche il dolore, la spensieratezza. Con una grande forza drammatica. I brani di Sanremo, al massimo, raccontano un sentimento».D’accordo, De Maria, ma oggi nell’i Pod i giovani hanno il pop, non Chopin... «Certo, la musica classica trova poco spazio in tv. Ma soprattutto è latitante nelle scuole, dove dovrebbe essere insegnata sin dalle elementari. Io ho tre figli: non pretendo che diventino musicisti – decideranno loro che strada seguire –, ma vorrei almeno che la musica fosse parte della loro formazione, al pari della letteratura e delle scienze. Per capire e amare i capolavori della classica occorre un’educazione, altrimenti di fronte al primo concerto scatta la noia. Anche se Chopin fa eccezione».In che senso?«Perché è capace di emozionare nel profondo anche chi è a digiuno di musica classica. Racconta i turbamenti dell’uomo. Gli sconvolgimenti dell’anima. E per questo penso che nessuno meglio degli adolescenti, alle prese con cambiamenti fisici e intellettuali, possa comprenderlo».Se il compositore fosse qui oggi potrebbe partecipare ai nostri talent show come «Amici» o «X Factor»?«Beh, non ce lo vedo proprio. Anche perché non amava suonare in pubblico. Il meglio di sé lo dava durante le lezioni. Lo raccontano le testimonianze dei suoi allievi. Forse aprirebbe una scuola di musica per scoprire talenti, ma anche per riportare la gente a teatro, per dire che la musica classica non è sinonimo di noia, come qualche pubblicità ci ha fatto credere. E si darebbe da fare per ricucire la frattura che si è creata tra pubblico e musicisti».Che frattura?«Nel Novecento i compositori si sono spinti troppo in là. Hanno intellettualizzato la musica. E se il pubblico non capiva, lo accusavano di ignoranza. Un atteggiamento che ha scoraggiato il pubblico e tenuto lontani molti giovani».Chi le ha fatto amare Chopin?«I miei genitori non sono musicisti, ma in casa avevamo molti dischi. Da piccolo ascoltavo Rubinstein che suonava Chopin. E immaginavo che un giorno lo avrei suonato anch’io. Ci sono riuscito. Chopin è sempre stato nel mio repertorio, ma solo affrontando l’integrale delle sue opere ho potuto rendermi conto della sua grandezza, di come abbia saputo creare timbri e colori che prima di lui non esistevano. E ogni volta che lo affronto scopro sempre qualcosa di nuovo e resto stupito da quante emozioni ha saputo raccontare. Emozioni che cerco di far arrivare al pubblico perché sono convinto che la musica debba parlare prima di tutto al cuore delle persone».Il biografoRattalino: «Ora si deve recuperare la portata spirituale della sua arte»Prima ancora che nelle sue idee innovative, nella capacità di dare un deciso cambio di rotta alla storia della musica, Piero Rattalino pensa che la grandezza di Chopin stia nella «ricchezza della sua vita spirituale». Intesa come capacità «di catturare e mettere sul pentagramma i sentimenti dell’uomo» spiega il musicologo che, proprio per i duecento anni della nascita del compositore polacco ha pubblicato con Laterza Chopin racconta Chopin, una biografia in forma di romanzo. «Una ricchezza spirituale – auspica Rattalino – che l’anniversario che stiamo celebrando dovrebbe spingere a recuperare».Vuole dire, Rattalino, che la lezione di Chopin è stata dimenticata?«Oggi purtroppo molti interpreti delle sue opere – ma il mio è un discorso che si potrebbe tranquillamente allargare anche ad altri autori – sono molto più attenti agli aspetti formali e strutturali del compositore piuttosto che a quelli psicologici ed emotivi. Preferiscono avvitarsi su elementi intellettuali piuttosto che andare alla ricerca della ricchezza, in termini umani, che ogni partitura nasconde. Ne escono, quindi, eccellenti prove, ma senza anima, che rischiano di creare seri danni?».Danni a chi?«Al pubblico della musica classica. Un atteggiamento del genere non ha conquistato nuovi ascoltatori, ha mantenuto quelli già esistenti che, però, prima o poi andranno esaurendosi. Ripensare all’interpretazione di Chopin potrebbe portare nelle sale da concerto giovani che sino ad ora hanno faticato ad avvicinarsi alla musica classica».E su che cosa si dovrebbe far leva?«Sul fatto che Chopin nella sua musica si sia messo a nudo. Abbia raccontato la sua vita, i suoi dubbi, le sue domande. Un grande travaglio che ha superato attraverso la musica. Una "terapia" che può essere valida ancora oggi perché le sue pagine sono uno specchio nel quale gli ascoltatori, specie i giovani, possono ritrovarsi».Ma questo non rischia di mettere in ombra i meriti "musicali" di Chopin?«Anzi, li esalta. Pur avendo scritto quasi esclusivamente solo per il pianoforte Chopin è riuscito a influenzare tutta la storia della musica. Perché è uscito dalle convenzioni del suo tempo. Ha avuto il coraggio di rompere gli schemi, lavorando sul suono, ma soprattutto descrivendo la complessità della vita umana. Quella che avrebbe dovuto raccontare in una grande opera lirica che, però, non vide mai la luce».Un’opera?«Chopin doveva venire in Italia a studiare il melodramma per poi tornare in patria e scrivere una grande opera epica. La Polonia puntava molto su di lui, così come la Russia aveva fatto con Glinka che scrisse Una vita per lo zar. Ma il progetto non andò mai in porto: le difficoltà economiche lo trattennero a Parigi dove insegnava musica. Continuò a scrivere per il pianoforte guadagnandosi il successo che lo accompagna ancora oggi. Chopin ebbe solo un momento sfavorevole, intorno agli anni Venti e Trenta del secolo scorso quando la sua musica era considerata troppo sentimentale. Ma oggi, insieme a Beethoven, è un punto saldo del repertorio pianistico».Se dovesse fare una classifica con i più grandi interpreti di Chopin chi ricorderebbe?«Tutti suonano Chopin. Ma sono pochi quelli che lo hanno restituito in tutta la sua grandezza. Penso a Paderewski, Cortot, Horowitz, Arrau e Benedetti Michelangeli».