Agorà

RIMINI. Chesterton: viaggio intorno alla mia casa

Lorenzo Fazzini giovedì 1 agosto 2013
​Sono diversi gli appuntamenti in salsa GKC al Meeting. Oltre alla mostra su casa Chesterton, lunedì 19 e martedì 20 (ore 21.30) al teatro Novelli di Rimini va in scena «Manalive, un uomo vivo - giallo senza delitto», commedia tratta dall’omonimo romanzo scritta da Giampiero Pizzol, regia di Otello Cenci, con Gianluca Reggiani, Andrea Soffiantini, a cura di Made Officina Creativa e Compagnia Bella. Mercoledì 21 agosto alle ore 11.15 (Eni Caffè Letterario) viene presentato il libro «Uomo vivo» (Lindau), presenti Gloria Gaarafulich, managing editor della “Chesterton Review”, Marco Sermarini, presidente della Società Chestertoniana Italiana, e Annalisa Teggi.Quando i "suoi" giovani gli chiedevano «cosa leggere di Chesterton?», don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione, fulminava gli astanti con una risposta delle sue: «Tutto!». E del grande scrittore inglese ora si può "leggere" qualcosa in più, precisamente qualcosa di scritto da lui ma non con penna e calamaio: nientemeno che casa sua. Il Cielo in una stanza. Benvenuti in casa Chesterton: si presenta così la mostra prevista al Meeting di Rimini che mette a disposizione dello sguardo e dei sensi una ricostruzione ideale (non idealistica) della casa chestertoniana di Beaconsfield, l’ultima dimora terrena del Defensor fidei (così venne qualificato alla sua morte nel 1936 da papa Pio XI). Quella dimora in cui il celebre giornalista e polemista faceva sgorgare da una mente lucida e un cuore generoso i suoi sferzanti articoli, le sue diatribe pubbliche con il fior fiore della cultura laica del tempo (il commediografo Bernard Shaw su tutti), i suoi saggi quasi famelici di vita e pensiero che ora, da noi e altrove, stanno ritrovando un nuovo pubblico (anche giovanile). Sette stanze per accedere ai segreti di una delle menti più eccelse del cattolicesimo novecentesco, colui che il grande sociologo Marshall McLuhan definì «un mistico pratico». Si inizia dallo studio (non mancano incursioni perfino in bagno, in cantina, in giardino). Più precisamente, dal luogo sorgivo dei libri di Chesterton: il suo scrittoio, sul quale erano appoggiati tre oggetti pregni di simbolismo: un cannocchiale, per scrutare la via per il cielo; un mappamondo, per affrontare la terra; un microscopio: il mezzo per il dentro, l’interiorità, il Mistero, che GKC indagò per l’intera vita. E cosa leggeva l’uomo che inventò l’indimenticabile saga di padre Brown, protagonista in controluce di quel padre O’Connor che condusse Chesterton ad abbracciare la fede cattolica? Ecco le sue letture preferite: il Vangelo, Giobbe, Stevenson, Whitman, Chaucer, Dickens, Browning, Samuel Johnson, Defoe, san Tommaso, i fioretti di san Francesco, e ovviamente gli "eretici": Shaw, Wells, Kipling… Ma, ricorda Andrea Monda – curatore della mostra insieme ad un piccolo agguerrito club di chestertoniani doc (Ubaldo Casotto, Edoardo Rialti, Annalisa Teggi) – «a far bella mostra di sé era soprattutto il mitico "Bradshaw", ovvero l’orario dei treni inglesi». «Tenete per voi il vostro Byron che commemora le disfatte degli uomini. Io verserò lacrime d’orgoglio leggendo l’orario delle ferrovie» scriveva GKC in L’uomo che fu giovedì. Si arriva a visitare anche la camera da letto, idealmente ricostruita: lungi dal sostenere un puritanesimo asessuato, Chesterton era consapevole che, soprattutto rispetto alla sessualità, «non vi sono cose cattive, ma solo un uso cattivo delle cose o, se volete, non vi sono cose cattive, ma pensieri cattivi, specialmente cattive intenzioni». Basterebbe questa citazione dal San Tommaso d’Aquino, sia detto en passant, per fare piazza pulita di tanti moralismi. Il salotto, costruito intorno – come ogni dimora inglese richiede – al caminetto, richiama immediatamente alcune delle figure di amici e "nemici" che punteggiarono arricchendo la vita e l’impegno intellettuale di Chesterton: Hilaire Belloc, polemista e storico, fu il suo alter ego, paradossale come lui: per il troppo dolore non partecipò al funerale del caro estinto, preferendo sfogare il dolore davanti ad una buona pinta di birra in un pub. «Nemici»? Lo Shaw sopra citato, per il quale però Chesterton mantenne (ricambiato) sentimenti di vera ammirazione e di indefessa vicinanza, pur nell’irriducibilità della posizioni. Tanto che l’autore di Un uomo vivo non esitò a paragonare Shaw alla Venere di Milo per la sua perfezione nell’imperfezione. Anche da certi dettagli poi gli individui parlano di sé. È quanto ricorda padre Ian Boyd, presidente del G.K. Chesterton Institute for Faith & Culture, nella prefazione al libro Il cielo in una stanza. Incursione (non autorizzata) nella casa e nel mondo di G.K. Chesterton (Lindau), catalogo anche visivo della mostra. Scrive Boyd: «In mezzo al campo in cui Chesterton avrebbero costruito la casa di Top Meadow, a Londra, c’era un albero. Egli impedì ai costruttori di sradicarlo: lasciò l’albero indisturbato e costruì la casa attorno a esso. Il tronco dell’albero fu il pilone centrale della scala interna della casa». Nella raccolta di storie intitolata Quattro candide canaglie il protagonista commenta riguardo al simbolo rappresentato da un albero: «Amico mio – disse il poeta – una volta mi hai chiesto a cosa mi sarebbe stato utile quest’albero. Io ti dissi che mi auguravo che fosse del tutto inutile. Mi sbagliavo? Come vedi mi ha procurato solo del bene, dal momento che non mi è servito a niente».