Storie di cuoio. Cherif, salvato dal barcone ora sogna la Serie A
Cherif Karamoko in campo (foto Piran)
Dalla Guinea Cherif Karamoko è fuggito verso la Libia. La guerra tra le varie etnie del suo Paese gli ha ammazzato il padre, mentre una malattia si è portato via la madre. Arrivato a Tripoli è stato messo in prigione per due mesi, fintanto che il fratello maggiore che lo attendeva non ha recuperato i soldi necessari per liberarlo. È la primavera del 2017 i due ragazzi partono con un barcone per l’Italia. Il racconto della tragedia vissuta in mare, Cherif Karamoko lo ha fatto per la prima volta al giornalista Stefano Volpe del Mattino di Padova, perché poco più di due anni dopo il giovane ha esordito in serie B, giocando un minuto nella partita finita 1-1 tra Padova e Livorno. Quel barcone partito dalla Libia poteva ospitare al massimo 60 persone, in realtà ce n’erano 143. Quando dopo cinque ore di mare la barca ha iniziato a fare acqua da tutte le parti, a bordo hanno cercato di accaparrarsi un salvagente. Ma ovviamente non ce n'erano a sufficienza. Moky riesce a prendersene uno, Cherif no. Ma il gesto del fratello maggiore è incredibile, dà al più al più piccolo il salvagente. Sa che in Italia Cherif ha una possibilità in più per farcela: sin da piccolo sulle strade di Nzérékoré, il ragazzo ha mostrato il suo talento con un pallone tra i piedi. Cherif si risveglia in Calabria, dove in qualche modo ce l'ha fatta ad arrivare, il fratello non c'è. Moky è morto. Una sofferenza atroce, come non bastassero quelle che ha già dovuto affrontare, ma sarà un motivo in più per farcela. “In carcere - ci dice Cherif - si mangiava una volta al giorno, si dormiva all'aperto anche quando pioveva. Non ci si poteva lavare. Ma la sofferenza maggiore l'ho provata sull'acqua, 24 ore lunghe come un anno. È difficile raccontare queste cose. Se non le hai vissute, non puoi capire”.
Dal centro di accoglienza in Calabria viene trasferito in quello di Battaglia Terme, nel padovano. Qui durante un torneo tra rifugiati, qualcuno si accorge di lui e lo segnala al settore giovanile del Calcio Padova. Cherif ottiene così di fare un allenamento con la Primavera, guidata da Matteo Centurioni, una carriera da calciatore tra A e B. Il mister lo vede allenarsi e gli dice di ritornare. Passato un po' di tempo, con il suo sorriso Cherif convince tutti, compreso il presidente Daniele Boscolo Meneguolo, che gli starà anche lui molto vicino. Servono mesi per sbrigare tutte le pratiche burocratiche, l'iter per tesserare un rifugiato in una società pro non è veloce. Un semplice errore di trascrizione può bloccare tutto. Finalmente il 15 febbraio scorso dalla Federazione arriva il tesseramento. Centurioni può farlo esordire con la Primavera in una partita con il Parma, poi una volta passato in prima squadra in sostituzione di Bisoli, lo fa allenare con i grandi fino all'esordio in B allo Stadio Euganeo dello scorso 11 maggio. “Al primo allenamento con la Primavera - dice Centurioni - ho riconosciuto in lui un'intelligenza calcistica fuori dal comune, considerando che non aveva mai fatto prima un singolo giorno in un settore giovanile. L'ho visto crescere settimana dopo settimana. È stato inoltre sempre rispettoso, educato e gentile. Sul ragazzo io ci scommetto, oltre a qualità tecniche e fisiche, ha una grande forza di volontà. Ha giocato per mesi con le vesciche ai piedi senza mai lamentarsi, quando l'ha visto il podologo non poteva credere che avesse continuato in queste condizioni. Ora non so dire quanto in alto, ma sicuramente può stare tra i professionisti. Mi piacerebbe allenarlo ancora, magari proprio qui a Padova”. Ora Karamoko, classe 2000, è in attesa del suo primo contratto, quando invece un suo coetaneo come Kean ha già presenze e gol in Nazionale maggiore. Se Cherif farà una bella carriera, questo è tutto da vedere. Ma intanto in questi due anni il ragazzo ha imparato un buonissimo italiano, si è preso la licenza media e ha frequentato con profitto un corso di informatica. Potrà imporsi nella vita anche senza finire in serie A.