Storia. La resistenza dei cattolici britannici
In Galles, nella cittadina di Holywell, c'è un piccolo luogo silenzioso capace di riassumere con eloquenza la plurisecolare e drammatica storia dei cattolici inglesi. È il piccolo santuario dedicato a Santa Winifred, definito la "Lourdes del Galles" per la presenza di una sorgente presso la quale si recano gli ammalati per chiedere l'intercessione della Santa. È uno dei più antichi e suggestivi luoghi di culto cattolici dell'isola britannica, meta di pellegrinaggio dal Tardo Medioevo. Qui hanno sempre continuato a celebrare la messa, ininterrottamente, nonostante i brutali divieti e le feroci persecuzioni inaugurate alla metà del XVI secolo da Edoardo VIII ai tempi dello Scisma anglicano. Il furore iconoclasta dei successivi monarchi protestanti li spinse a usare ogni mezzo per costringere i cattolici inglesi a convertirsi o ad abiurare la loro fede: spie, imposizioni fiscali, esclusione dalla vita pubblica, esecuzioni di piazza.
Ma secoli di persecuzioni e di barbarie non sono riusciti a sradicare il cattolicesimo dal Regno Unito, come spiega lo storico inglese Roy Hattersley in un nuovo saggio che parte dalla Riforma per arrivare fino ai giorni nostri (The catholics: the Church and its people in Britain and Ireland, from the Reformation to the present day, edito da Chatto & Windus). Quella della fede cattolica in Inghilterra è una storia di resistenza lunga quasi cinque secoli: Hattersley elenca nel dettaglio la lista degli impiccati, decapitati, squartati, poi divenuti martiri della Chiesa. Nel suo affascinante excursus presenta il distacco da Roma come una sorta di Brexit ante litteram guidata da Thomas Cromwell, potente primo ministro di Enrico VIII, secondo il quale l'Inghilterra avrebbe potuto diventare la nazione più potente del mondo una volta liberatasi dai legami con il Papa e le corti ecclesiastiche. Dopo una breve parentesi durata sei anni – dal 1553 al 1558 – che vide il paese tornare cattolico durante il regno di Maria I, l'Inghilterra divenne di nuovo protestante con l'ascesa al trono dell'altra figlia di Enrico VIII, Elisabetta I. Con lei ricominciò il regno del terrore.
Lo strumento della propaganda e della paura ebbe un ruolo decisivo nella costruzione del consenso e i cattolici, rimasti la maggioranza della popolazione, vennero perseguitati perché considerati dei traditori in un paese che si sentiva sotto la minaccia di un'invasione da parte della cattolica Spagna. Non solo le guerre contro gli spagnoli ma anche i complotti veri o presunti per uccidere Elisabetta – su tutti quello di Anthony Babington – nonché la successiva "Congiura delle polveri" contro Giacomo I diventarono i pretesti per innescare il fanatismo, le condanne, i massacri. Il tentativo di cancellare la religione cattolica si estese poi anche alla Scozia e all'Irlanda, dove ebbe il suo campione in Oliver Cromwell, le cui scorribande misero in ginocchio l'isola. Finché, con l'Act of Settlement del 1652, l'intera nazione irlandese non fu ritenuta colpevole di alto tradimento, i cattolici superstiti uccisi, deportati, messi al bando e le loro terre confiscate.
Ma in questo terrificante "libro nero" c'è spazio anche per tante figure eroiche che, spiega l'autore, «hanno tratto coraggio e conforto dalla fermezza dei loro principi». Tra i martiri spicca Nicholas Postgate, il prete dello Yorkshire che accolse la sua esecuzione come «una scorciatoia verso il Paradiso». Già ottantenne, nel 1678 fu travolto dall'isteria anticattolica e ritenuto uno dei colpevoli del presunto complotto papista per deporre re Carlo II, una congiura inventata ad arte dal fanatico presbitero protestante Titus Oates, che mandò a morte tanti innocenti. Postgate è uno degli 85 martiri inglesi e gallesi che furono beatificati da papa Wojtyla il 22 novembre del 1987 e la sua vicenda è esemplare poiché spesso i cattolici sono stati usati come capri espiatori nelle crisi politiche che hanno segnato la storia britannica. Persino l'insurrezione giacobita del 1745 guidata da Bonnie Prince Charlie – spiega Hattersley – è stata considerata un complotto cattolico piuttosto che una semplice lotta per il potere da parte del "Giovane pretendente". Anche in tempi assai più recenti, aggiunge lo storico, per esempio nel corso del conflitto in Irlanda del Nord, «ogni cattolico era considerato potenzialmente un criminale, uno stigma derivante dal fatto che i membri dell'Ira e del Sinn Fein erano almeno teoricamente tutti cattolici».
Le famigerate leggi penali che per circa tre secoli avevano discriminato ferocemente i cattolici furono abrogate con l'Atto di emancipazione promulgato dal governo britannico nel 1829, grazie all'operato di Daniel O'Connell, un avvocato irlandese passato alla storia come il "Liberatore".Un'altra figura eroica raccontata nel libro è quella di padre James Nugent, ad oggi l'unico prete cattolico al quale è stata dedicata una statua in Inghilterra. Visse a Liverpool nel XIX secolo, dove fu un pioniere nell'assistenza ai poveri e all'infanzia abbandonata proprio negli anni in cui la città si trovò ad accogliere migliaia di disperati provenienti dall'Irlanda in seguito alla Grande Carestia. Padre Nugent fondò scuole, ricoveri e mense popolari che ancora oggi sono intitolate a lui.
È senza dubbio sorprendente che un libro simile - dove si arriva persino a riconoscere che queste persecuzioni rappresentano il mito fondante della moderna nazione britannica - sia stato scritto da uno storico inglese come Roy Hattersley, con una lunga carriera politica alle spalle che lo ha visto anche ministro negli anni '70. C'è però un lato personale che è in grado di spiegare molto bene le ragioni di un simile approccio. Hattersley dedica infatti il libro a suo padre, morto nel 1972, e racconta che alcuni giorni dopo il suo funerale, leggendo una lettera di condoglianze, scoprì che in gioventù era stato un prete cattolico prima di rinunciare ai voti per mettere su famiglia. Da questo segreto familiare, lui ha maturato il fascino e il profondo rispetto per la Chiesa cattolica che trasuda anche dalle pagine di questo libro.