Il convegno. Cattedrali: la sfida esemplare degli adeguamenti liturgici
ll progetto di Andrea Vaccari per la cattedrale di Sessa Aurunca, con opere di Luca Cavalca
La luce scivola sulle pitture di epoca rinascimentale lungo la navata, canta nei riflessi dorati del coro, gioca nelle variazioni cromatiche dei marmi. Ma si arresta come incantata sulla nitida forma dell’altare: limpido nel biancore del marmo, puro nell’essenzialità geometrica che lo fa risaltare, come spiccherebbe un singolo diamante incastonato in una corona tempestata di pietre colorate. Siamo nella cattedrale di Cremona, la prima il cui adeguamento liturgico è il risultato del sistema concorsuale stabilito nel 2018 dalla Conferenza Episcopale Italiana. Sulla scorta dell’esperienza compiuta coi concorsi attivati sin dalla fine degli anni ‘90 per le nuove chiese, anche questi concorsi per l’adeguamento delle cattedrali devono essere preparati coinvolgendo tutte le istanze di ciascuna diocesi e del mondo professionale, e prevedono la partecipazione di gruppi includenti progettisti, liturgisti e artisti.
Di questo s’è parlato nel convegno “L’adeguamento liturgico come progetto” convocato dall’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei e svoltosi proprio a Cremona, nel magnifico auditorium del Museo del violino, il 26 e 27 giugno. «Una progettazione diligente e creativa dona volto al vissuto della fede – ha rilevato monsignor Orazio Piazza, oggi vescovo di Viterbo, nell’aprire i lavori – e rende più consapevole il soggetto ecclesiale del proprio cammino, tra memoria e attualità» attraverso i linguaggi dalle arti contemporanee.
Dal tempo del Concilio Vaticano II si ragiona su come raggiungere un equilibrio che renda giustizia al modo di intendere la liturgia come un servizio a cui tutti, presbiteri e laici, sono chiamati a partecipare, nei rispettivi ruoli, con consapevole impegno e nei sessant’anni trascorsi molti sono stati gli interventi compiuti sulle cattedrali esistenti, quasi tutte antiche, tutte con spazi organizzati secondo i principi stabiliti nel Concilio di Trento. Questi furono, per così dire, codificati nelle Istruzioni pubblicate nel 1577 da Carlo Borromeo e si fondavano su soluzioni quali la preminenza del tabernacolo dominante sull’altare maggiore e la netta separazione del presbiterio dallo spazio riservato al popolo. Nel trascorrere dei secoli quelle soluzioni, esaltate da splendide opere artistiche, hanno raggiunto un’efficacia mirabile. Ma le chiese non sono musei da conservare intatti, e la tradizione ecclesiastica è viva e sempre si rigenera.
Il nuovo presbiterio della cattedrale di Cremona, progetto di Massimiliano Valdinoci e opere d'arte di Gianmaria Potenza - Architetto Valdinoci
Così, dopo il Vaticano II gli adeguamenti a volte sono stati intesi come tentativi provvisori per vedere in che modo la nuova liturgia potesse inserirsi in ambienti splendidi, ma conformati secondo esigenze ormai superate. Mentre la nuova stagione aperta cinque anni fa ha l’ambizione di trovare – considerando le diverse necessità di ciascun singolo edificio e di ciascuna comunità – sistemazioni definitive, non transitorie, che armonizzino l’antico con le liturgie attuali. È un impegno di grande portata e gravità perché, ha spiegato don Umberto Bordoni, direttore della Fondazione scuola Beato Angelico di Milano, è in gioco «l’immagine di Chiesa che si riflette nella cattedrale, e il ripensamento della sua funzione in una società in rapido cambiamento nonché la sua disponibilità ad accogliere pubblici sempre più estesi ed eterogenei senza rinnegare la propria destinazione al culto».
Infatti per il loro valore artistico le cattedrali sono visitate da persone provenienti da culture diverse e lontane, per non dire di chi pur nato entro la cultura cristiana l’ha dimenticata ma non può fare a meno di apprezzarne le testimonianze artistiche. Comunque tutti sono chiamati a sentire la cattedrale come il cuore vero di città che sempre nel nostro continente sono nate e cresciute attorno a essa. Per cui gli adeguamenti non vanno intesi come limitati a disegnare i nuovi poli liturgici, bensì a ripensare la complessità dello spazio così che la sua bellezza parli con immediatezza non solo delle glorie passate, ma anche delle virtù e delle potenzialità dei nostri giorni.
Così è stato per l’adeguamento della cattedrale di Cremona, compiuto secondo il progetto del gruppo diretto dall’architetto Massimiliano Valdinoci che ha reso tutto lo spazio interno della cattedrale più trasparente, luminoso, prossimo ai fedeli raccolti nel suo incanto. E vi sono diversi altri progetti, vincitori della tornata di concorsi del 2018, ancora in fase di realizzazione in altre diocesi. Come quello per la cattedrale di Sessa Aurunca, vinto dal gruppo coordinato dall’architetto Andrea Vaccari, con un intervento che ha preso le mosse dall’elemento più rilevante presente nella navata: il monumentale ambone risalente al secolo XIII, e una traccia rossa come un rivolo di sangue quale segno di passione e preludio di resurrezione. Al tempo del concorso, vescovo di quella diocesi era ancora monsignor Piazza che le ha riservato un commosso augurio: «Spero di vedere presto compiuto l’adeguamento. Che sia segno di rinascita per un territorio sofferente...». Altre parole sono rimaste in gola al pensiero delle tante difficoltà che attanagliano quell’area. Ma pur tra mille ostacoli una Chiesa viva sa rinnovare la società. E lo sa fare anche con le sue pietre, segno di una comunità che travalica il tempo e guarda con fiducia al futuro.