Testimonianza. Il cuore di Bologna sta con Mihajlovic
L’ex allenatore del Bologna Sinisa Mihajlovic
A Bologna è successa una cosa particolare: tutti parlano di Sinisa. Come dice un giornalista, caro amico tutto calcio e tavola, «manca solo lui, e ci sono proprio tutti». È una faccenda strana e complessa. C’è di mezzo il calcio, e il calcio è qualcosa di straordinariamente viscerale. Tocca corde che non sono razionali: la passione, le contese antiche e recenti, i torti arbitrali, la maglia e i suoi colori. A Bologna il calcio è una fede. Sarà anche così da altre parti, per carità, ma qui c’è qualcosa di più.
C’è uno stadio che è abbracciato, sin dal suo sorgere, quasi cent’anni fa, dal portico verso il Santuario della Madonna di San Luca. Quando alcuni anni fa si volle intitolare la Curva a un grande allenatore, Arpad Weisz, ebreo di origine, esonerato nel 1938 in conseguenza delle leggi razziali e ucciso ad Auschwitz, il vescovo ausiliare di Bologna monsignor Ernesto Vecchi, petroniano tutto d’un pezzo, intervenne per dire: «Non si tocchi la Curva San Luca», e non certo per togliere a Weisz – l’allenatore più giovane ad aver vinto il campionato italiano - il riconoscimento che gli spetta, ma perché San Luca è San Luca. E San Luca a Bologna non è un uomo, l’evangelista.
È una donna. Una magnifica donna. Una donna le cui braccia avvolgono al suo seno lo Stadio e, con esso, i tifosi e poi, il Bologna e i suoi avversari che, sportivamente parlando, non sono nemmeno tali ma ospiti. E di ospiti, Bologna se ne intende. I portici, riconosciuti patrimonio dell’Unesco, nascono per far posto, nelle case, agli universitari. Su quei portici – non lo dimenticherò mai – il 21 luglio 2019 avvenne qualcosa di eccezionale: due tifosi, Damiano e Giovanni, convocarono tutta Bologna, calcistica e non, a pregare per mister Mihajlovic malato. Non penso sia mai accaduto altrove, almeno in quelle dimensioni. Quel giorno nessuno si aspettava chissà cosa, non c’era praticamente nessun fotografo, nessuna televisione. Il cardinale Matteo Zuppi fece arrivare un messaggio, aveva compreso che molti avrebbero raccolto l’invito che correva sui social: «La preghiera è come un applauso silenzioso ». Mille persone percorsero gli ardui portici di San Luca recitando il Rosario, fino al Santuario. Io ho avuto la fortuna di guidare quell’applauso fatto di Ave e Pater.
Don Massimo Vacchetti con i tifosi rossoblù - .
La preghiera per Sinisa, malato di leucemia, è stata così potente che quei due tifosi convocarono un secondo pellegrinaggio, il 6 ottobre, altra data indimenticabile, in occasione della partita casalinga con la Lazio, squadra amata da Mihajlovic. Le tifoserie non legano molto, anzi: c’è di mezzo la politica che, come il calcio, fa andare il sangue alla testa. Il Mister aveva già cominciato a sottoporsi alle cure, ma le notizie che trapelavano erano scarse. Al Meloncello, “porta d’ingresso” del lungo corridoio di portici che immette al Santuario, arrivarono altre mille persone, molte da Roma con i colori - mariani - della Lazio, il bianco e l’azzurro. Un gemellaggio tra tifoserie tutt’altro che amiche, improvvisamente devote. Da pochi giorni, il Bologna aveva compiuto 110 anni (Il Bologna Fc nasce infatti il 3 ottobre del 1909, alla vigilia del santo patrono che qui, come in poche altre città italiane, dà il proprio nome anche ai suoi cittadini).
Una volta giunti al Santuario, al termine di un Rosario di cui conservo il gusto di ciascuna delle 50 Ave Maria, tutti chiediamo il regalo della guarigione del Mister. Io mi permetto di avanzare anche un altro un regalo alla Madonna... La Lazio al 90° batte un rigore, che finisce sulla traversa. Gli ospiti tornano a casa con un pareggio che non lascia l’amaro in bocca. I bolognesi tornano a casa con lo sguardo rivolto a Lei. Non avevo mai conosciuto il Mister. Semplicemente, mi sono ritrovato ad accompagnare dei pellegrini rossoblù, gli stessi che qualche giorno fa sono di nuovo saliti dalla Madonna per pregare per Davide, un giovane tifoso massacrato a Crotone dall’assurdità del male e dalla banalità dei social. Il Mister ha fatto un video di incoraggiamento a Davide, e i tifosi rossoblù oltre i cori e gli striscioni da stadio, sono andati in centinaia a San Luca, dalla “mamma dei bolognesi”. In tanti hanno detto la loro sul difficile licenziamento di Sinisa Mihajlovic da parte del Bologna.
Non entro nel merito, ci mancherebbe. Faccio il prete, e non di rado sbaglio. Ma l’amicizia non si esonera. Ciò che è accaduto ci lega per sempre, come il cordone ombelicale dei portici legano a sé lo stadio e le avventure che vi accadono. I Pellegrini rossoblù sono fedeli, hanno due passioni: il calcio e la Madonna. Da queste parti - come recita uno striscione perennemente affisso sotto i distinti - «Bologna è una fede ». E tu, Mister, nostro comandante per tante stagioni, ci hai dato modo di accorgercene in maniera non più dimenticabile.
* ( Sacerdote, direttore Ufficio Sport, Turismo e Tempo libero della Chiesa di Bologna).