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Lirica. Dietro le quinte del “Cappello di paglia”, il kolossal giovane della Scala

Giacomo Gambassi martedì 27 agosto 2024

L'insegna della fabbrica di cappelli che sarà al centro del “Cappello di paglia” alla Scala

L’insegna “Chapellerie” rimane ancora a terra, su un carrello rosso che si muove fra pannelli di truciolato, tavoli con i bozzetti di scena e casse in cui si ripete la scritta “Teatro alla Scala”. Non è stata issata nella facciata in mattoni rossi che viene rifinita nell’ex Ansaldo di Milano, i laboratori dove nascono gli spettacoli del Piermarini. È una sorta di gigantesca giostra magica quella che le maestranze del teatro hanno costruito: si aprirà quando dalla buca dell’orchestra usciranno le prime note del “Cappello di paglia di Firenze” e comincerà a ruotare per dare il via a un «viaggio da favola», come lo definisce il regista Mario Acampa.

La scenografia rotante che si trasformerà in fabbrica di cappelli e poi nelle varie stanze del libretto del “Cappello di paglia” alla Scala - Gambassi

I mattoni ricreati sul legno custodiscono la fabbrica di cappelli da cui prenderà le mosse il gioiello lirico composto da Nino Rota che dal 4 settembre va in scena alla Scala. Una costruzione di due piani e nove tonnellate che volteggerà su una piattaforma di diciotto metri al centro del palcoscenico e che all’inizio dello spettacolo sarà la manifattura “E. Rota e figli” e poi si trasformerà nei nove ambienti descritti dal libretto: dalla casa di Fadinard a quella di Beaupertuis, passando per il negozio di modista e la villa della Baronessa di Champigny.

Riccardo Sgaramella, il giovane scenografo rivelazione che firma l'allestimento del “Cappello di paglia” alla Scala - Gambassi

L’ha concepita Riccardo Sgaramella. «Il ragazzo che disegna bene», secondo quanto hanno raccontato ad Acampa mentre lui cercava uno scenografo fra il personale del teatro. Assistente regista a contratto che a 26 anni diventa una “firma” del Piermarini, dopo aver studiato con la “regina della scenografia italiana” Margherita Palli e aver lavorato agli allestimenti di “Gianni Schicchi” con la regia di Woody Allen o al “Macbeth” curato da Davide Livermore. «C’è voluto un lavoro meticoloso per rispettare le indicazioni del libretto», confida. Tutte. «Compreso il numero delle porte», scherza Sgaramella. E aggiunge subito: «La fabbrica esploderà nel corso della recita».

Mario Acampa, regista del “Cappello di paglia” durante le prove nei laboratori ex Ansaldo - Gambassi

Una scommessa per lui e per la Scala che affida il titolo di Rota – riproposto dopo le regie di due leggende come Giorgio Strehler e Pier Luigi Pizzi – a una squadra giovane. Trentasette anni Acampa con un passato da attore e conduttore ma anche mente della serie scaligera per i ragazzi “Lalla & Scali”; trentatré anni la costumista Amaltea Ciarelli che ha voluto 120 abiti tipici degli Anni '50 con echi fantastici per la festa della Baronessa; ventisei anni Sgaramella. «Probabilmente il team più giovane che alla Scala ha lavorato a un progetto così complesso», osserva il regista.

I bozzetti e le prove del “Cappello di paglia”, l'opera di Nino Rota che va in scena alla Scala - Gambassi

A lui si deve l’idea di “trasportare” l’opera nel tempo in cui aveva debuttato, il 1955. E farne un «sogno come risposta alla brutalità della guerra», aggiunge Acampa. Perché è nel 1945 che viene composta. «Una musica dinamica con un ritmo drammaturgico sostenuto che ha bisogno di altrettanta vivacità sulla scena», dice il regista. Da qui la struttura “mutante” che «porterà lo spettatore di stanza in stanza come in un film», arte a cui Rota lega il suo nome come maestro geniale di colonne sonore. E da qui l’«azione veloce» del cast formato dai cantanti dell'Accademia che sono affiancati da mimi atletici per affrontare una commedia degli equivoci.

La scenografia rotante che si trasformerà in fabbrica di cappelli e poi nelle varie stanze del libretto del “Cappello di paglia” alla Scala - Gambassi

Ciascuno dei protagonisti sarà “doppio”: perché impegnati anche a lavorare nel cappellificio. E non sarà il cavallo di Fadinard, che deve sposare Elena, a mangiare il cappello di Anaide mentre lei si trova con l’amante Emilio, ma toccherà a un’aspirapolvere distruggerlo. Sul podio Donato Renzetti che come un padre nobile ha preso per mano cantanti, coro e orchestra dell'Accademia. «È un’opera di puro teatro – commenta –. E soprattutto un’opera a tutti gli effetti che spesso ci limitiamo a guardare e ascoltare con un approccio solo cinematografico».