Televisione. «Sarà il caos» su Sky Atlantic, l'immigrazione in presa diretta
Un'immagine tratta dal film "Will be chaos - Sarà il caos"
Una gru solleva nel cielo una bara dondolante, passando sopra la banchina del porto dove le donne africane gridano e si battono il petto piangendo i loro cari annegati in mare. Lampedusa 2013: bastano poche sequenze, più eloquenti di tante parole, a renderci fratelli uomini e donne in fuga dalla disperazione. È questo il pregio di Will be chaos - Sarà il caos, documentario d’impatto applaudito questa settimana al Milano Film Festival e che verrà trasmesso, domenica 7 ottobre dalle 21.15 su Sky Atlantic per il ciclo Il Racconto del Reale. Un racconto ad altezza d’uomo, che passa per gli epicentri della crisi migratoria come Lampedusa e il tragico naufragio del 3 ottobre 2013, il corridoio balcanico, i luoghi dell’accoglienza, e la crisi d’identità del nostro Paese. Lorena Luciano e Filippo Piscopo, due registi italiani che da anni lavorano a New York, hanno seguito per 5 anni due famiglie di rifugiati alla disperata ricerca di una nuova vita. «Durante i primi flussi migratori stavamo girando un documentario sui minatori italiani emigrati in West Virginia – raccontano i registi – . Vedendo dall’altra parte dell’oceano il tono populistico e scandalistico di come i media raccontavano il fenomeno, abbiamo sentito l’esigenza di raccontare la realtà. Ovvero di far capire che in fuga ci sono famiglie normalissime come potremmo essere noi».
Il documentario, Miglior Regia al Festival di Taormina segue quindi passo passo, il viaggio di Aregai, eritreo, sopravvissuto al naufragio del 3 ottobre 2013 in cui morirono 367 persone, tra cui tre suoi cugini. Dopo il salvataggio, avvenuto grazie a un pescatore locale, il film immortala la sua fuga verso il nord-Europa e i suoi pellegrinaggi attraverso centri di detenzione popolati da migliaia di richiedenti asilo bloccati in un limbo. Nel 2015 comincia invece il drammatico viaggio dalla Siria, di Wael e della sua famiglia composta da moglie e quattro bambini, gli Orfahli. Si segue da Smirne, in Turchia, attraverso l’intero corridoio Balcanico un’odissea che, dopo 7 paesi diversi, 24 giorni di fame e pericoli, si conclude in Germania, dove Wael ritrova suo fratello Thair. «Il caos del titolo si riferisce anche alla mancanza totale di organizzazione, di come l’Europa e l’Italia abbiano gestito per decenni le migrazioni come emergenza, ma senza mai un piano» aggiungono gli autori che nel film non nascondo le chiusure della società, le preoccupazioni, l’intolleranza raccontando «la crisi globale delle migrazioni con una valenza universale».