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IL NUOVO FENOMENO. Cantare insieme: in Italia è boom di cori e cantori

Alessandro Beltrami martedì 9 giugno 2009
Italia, terra di santi, poeti e cantori. Nella nostra penisola i cori amatoriali ma con vi­ta semiprofessionale sono ormai un pic­colo esercito. La Feniarco, la federazione che riunisce tutte le associazioni regionali corali e che cura lo sviluppo della pratica della co­ralità in Italia, ne raggruppa 2338. Vale a dire settantamila coristi – ma le persone coinvol­te nelle attività arrivano a centocinquanta­mila. Una cifra che rappre­senta solo la punta di un ice­berg se a questi aggiungiamo la sconfinata e multiforme realtà dei cori parrocchiali, il cui numero è talmente ele­vato da rendere difficile un censimento attendibile. In una nazione dove storica­mente l’educazione musica­le è sempre stata la ceneren­tola, i cori sono spesso i soli luoghi a fornire l’abc delle note. L’Italia che canta però non si distribuisce in maniera u­niforme su tutto il territorio. «La presenza di cori è più densa nel nord – spiega il maestro Sante Fornasier, presidente di Feniarco – an­che per una tradizione antica, che nasce dal­la consuetudine corale del canto popolare. Al­cune regioni del Nordest, per secoli vissute a stretto contatto con la Mitteleuropa, godono di una cultura musicale diffusa e praticata, la cosiddetta hausmusik, che si riflette nella prassi corale». La regione italiana con più co­ri è la Lombardia con 368 gruppi, il 15% di tut­to il territorio nazionale, tallonata dal Veneto con 324 (quasi il 14%). Al terzo posto il Friuli Venezia Giulia con 299 (il 13%), ma con una densità di cori per abitante dieci volte mag­giore. Un rapporto che cresce con il Trentino, che si piazza ai piedi del podio con 156 en­semble. A conti fatti in Italia settentrionale si attesta il 68% dei cori. Ma le cose stanno cam­biando anche al Sud: «Qui la vocalità ha sem­pre avuto uno stampo solistico – prosegue Fornasier – ma il panorama si sta muovendo con cori che dal repertorio classico arricchi­scono la propria esperienza attingendo al pa­trimonio popolare». Perché i cori amatoriali sono stati e sono i cu­stodi di un patrimonio in costante pericolo: «È il caso della polifonia rinascimentale, oggi così diffusa presso gli ensemble professioni­sti e fino a poco tempo fa praticata solo dalle corali amatoriali e dalle scholae cantorum. Dagli anni 70 inoltre i gruppi di musica po­polare si sono presi carico di una ricerca et­nomusicologica che ha salvaguardato un re­pertorio altrimenti a rischio». Un movimento quello della coralità italica in costante progresso: «In que­sti anni la realtà italiana si è avvicinata a livello organiz­zativo e anche qualitativo al­l’Europa ». Dove cantare in un coro è quasi un’abitudine. Ri­sultati che hanno consentito l’assegnazione a Torino del­l’edizione 2012 di Europa Cantat: è la prima volta che il grande festival triennale, a cui partecipano 4000 coristi da tutto il continente, avrà luogo in Italia. La Feniarco raggruppa formazioni amatoria­li dotate di una struttura associativa. Non può quindi contemplare né i cori parrocchiali né i cori scolastici. «Questo non vuol dire che a noi non interessino – prosegue Fornasier –. La nostra non è un’organizzazione corpora­tiva. Il nostro scopo è valorizzare la coralità i­taliana a tutti i livelli, in un’ottica di sistema». Ed è proprio nella scuola dove si assiste a ri­sultati sorprendenti. «Una recente ricerca del Comitato per la promozione della pratica mu­sicale del ministero dell’Istruzione ha riscon­trato che negli istituti scolastici, nonostante la scarsità delle risorse, ci sono più di 2000 gruppi. Un numero sopra ogni aspettativa, dovuto alla buona volontà dei singoli inse­gnanti e presidi. Nel Festival di primavera che abbiamo tenuto lo scorso aprile a Monteca­tini hanno partecipato 25 cori scolastici con 800 coristi, dalle elementari alle superiori. Si­gnifica, e ne siamo felici, che si sta diffon­dendo l’importanza della pratica corale dal punto di vista educativo. I cori costituiscono infatti un’esperienza di base di primaria im­portanza, un’anima di cui il nostro Paese ha un grande bisogno».