Il regista svedese Ruben Ostlund premiato a Cannes con la Palma d'Oro per il film “Triangle of Sadness”
L’Italia, in concorso a Cannes con tre film, torna a casa con un bel premio della giuria a
Le otto montagne di Charlotte Vandermeesch e Felix Van Groeninger che ci portano tra le vette della Val d’Aosta con una storia di amicizia e ricerca di se stessi interpretata da Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi e Elena Letti, tratto dal romanzo di Paolo Cognetti e prodotto da Wildside e Vision. A vincere la 75esima edizione del Festival di Cannes è però il modesto
Triangle of Sadness dello svedese Ruben Ostlund, satira del mondo occidentale messo in scena su una nave da crociera che, dopo un naufragio, scaraventa i ricchissimi passeggeri su un’isola deserta dove i ruoli sociali si ribaltano. Se la selezione di film in gara quest’anno non ha soddisfatto, hanno convinto ancora meno i premi di questa giuria presieduta dal francese Vincent Lindon, che evidentemente si è messa d'accordo su ben pochi titoli. La prova è un proliferare di premi ex-aequo che non fanno che dimostrare la debolezza di un gruppo di lavoro profondamente diviso. Il Grand Prix va infatti sia al bellissimo
Close del regista belga Lukas Dhont, romanzo di formazione su due tredicenni uniti da un legame profondo, che ieri sera è stato accolto dal un’appassionata
standing ovation («Essere vulnerabili non è una debolezza», ha detto il regista commosso fino alle lacrime), sia al pessimo
Stars at Noon di Claire Denis, insulsa storia d’amore e spionaggio in un Nicaragua corrotto e violento. Il miglior regista è il coreano Park Chan-Wook per il film
Decision to Leave (non tra i suoi migliori)
su un detective che indaga su un caso di suicidio che in realtà nasconde un omicidio di cui è accusata la moglie della vittima. La giuria ha poi ottenuto un Premio speciale della 75esima edizione consegnato a
Tori et Lokita dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, veterani del festival, che sono tornati sul tema dell’immigrazione, dell’amicizia e la solidarietà attraverso la storia non memorabile di due ragazzini che fanno finta di essere fratello e sorella per proteggersi a vicenda.Il premio della giuria, consegnato alla coppia di cineasti belgi sopra citati, va ex-aequo anche a
EO di Jerzy Skolimowsi, fiaba triste dove il mondo è visto con gli occhi di un povero asinello fuggito da un circo. La migliore attrice è l’iraniana Zahra Amir Ebrahimi: nel thriller
Holy Spider di Ali Abbasi interpreta una giornalista che indaga su un serial killer che ha preso di mira le prostitute della città per ripulire la società dal male e dalla corruzione morale. «È un film sulle donne, il loro corpo e la loro libertà - dice l’attrice, che sceglie il farsi per parlare al suo popolo – e ringrazio la Francia che mi ha accolta, un paese aperto e multiculturale, popolato da persone felici che però amano dire di essere infelici».Migliore attore è il coreano Song Kang-ho, protagonista di
Broker, diretto dal giapponese Hirokatsu Kore-eda che torna sui temi a lui cari dell’abbandono e della famiglia che va oltre i legami di sangue, in un dramma dai personaggi complessi e apparentemente ambigui, mentre la migliore sceneggiatura è quella di
Boy from Heaven del regista svedese di origine egiziana Taril Saleh che in un film di genere caratterizzato da grande tensione denuncia violenza, corruzione del potere politico in guerra contro quello religioso. Migliore opera prima infine
War Pony di Riley Keough e Gina Gammell, presentato nella sezione Un Certain Regard e focalizzato sulle comunità che vivono nelle riserve dei nativi americani.