Basket. Europei al via, ultima chiamata a canestro
«Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia dai sani principi, che mi ha trasmesso quei valori che tutti i genitori dovrebbero insegnare ai propri figli. Non si sono mai stancati di educarmi nella maniera giusta. In questi anni, per esempio, ho imparato che indubbiamente i soldi aiutano ma che le cose importanti sono altre. Puoi guadagnare anche cento milioni di dollari, ma se poi quando smetti di giocare – a trentacinque, quarant’anni – ti sei creato il vuoto intorno e non hai fatto nulla per farti apprezzare, è tutto inutile». Scrive così Danilo Gallinari, il cestista italiano oggi più forte e quello più sotto i riflettori, nella sua recente autobiografia Non basta l’altezza. Io, il basket e l’America (Mondadori. Pagine 148. Euro 17). Perché se il gigante azzurro è riuscito a scrivere una favola che dal campetto dell’oratorio di Graffignana (Lodi) è approdata sui famosi parquet statunitensi lo deve non solo al talento e alla statura (208 centimetri) ma a una buona dose di sacrifici e a comportamenti responsabili e mai sopra le righe.
Brucia ancora allora il gesto folle dell’amichevole di quest’estate dell’Italia con l’Olanda, quando il “Gallo” ha risposto alla gomitata di un avversario con un pugno, riportando la frattura della mano destra. Una reazione scomposta e inaudita per lui che gli costa il forfait agli Europei che si aprono domani e priva la nostra Nazionale del nostro uomo di punta. «Un errore molto grave che paghiamo tutti» ha subito e giustamente ammesso il ct Ettore Messina. Ma è ormai acqua passata. Sbagliare, si sa, è umano, e Gallinari ha chiesto scusa a tutti: «Soprattutto i miei compagni non meritavano tutto questo». A 29 anni, è consapevole probabilmente di aver perso uno degli ultimi treni per vincere qualcosa di importante con la canotta dell’Italia proprio ora che, dopo tanti infortuni, ha raggiunto i vertici di una carriera stellare: ha da poco firmato un contratto triennale di 65 milioni di dollari con i Los Angeles Clippers che fanno di lui lo sportivo italiano in attività più pagato. Avrà di che meditare il campione lodigiano che sa a chi rivolgersi nei momenti di difficoltà: «I miei genitori sono le persone di cui mi fido di più al mondo. È grazie a loro che sono riuscito a mantenere i piedi per terra, nonostante abbia iniziato a guadagnare molto bene fin da piccolo. Mi hanno insegnato a essere umile».
In Nazionale il testimone passa allora agli altri big della sua generazione, da capitan Gigi Datome a Marco Belinelli, che pure nella spettacolare Nba ci sono stati o ci giocano, ma rischiano di chiudere in azzurro senza raccogliere nulla di quanto lasciavano immaginare. Di sicuro la follia di Gallinari ha spiazzato la squadra. Il cecchino Belinelli (settimo miglior realizzatore in azzurro con 1931 punti in 133 gare) è sincero: «Un gesto che mi ha sorpreso molto, un “Gallo” così non me l’aspettavo. Lui è sempre sotto controllo, invece mi ha lasciato a bocca aperta. Ma sono momenti difficili da spiegare: Messina ha speso le parole giuste, non si può far niente e si va avanti con chi c’è». Ma è inevitabile che il gruppo abbia perso qualche certezza: «Senza Gallo le cose son cambiate, la squadra è questa. Speriamo giocare un bel basket. Abbiamo sprazzi da squadra di alto livello, ma altri nei quali commettiamo errori incomprensibili». E il trentunenne Belinelli che sta per cominciare la sua undicesima stagione nel campionato dei sogni in Usa (quest’anno nelle fila degli Atlanta Hawks) non ha nascosto alla Gazzettache si gioca tanto con l’Italia a questo Europeo: «Potrebbe essere la mia ultima volta in maglia azzurra». C’è da scrollarsi di dosso l’etichetta troppo frettolosa e ambiziosa di “Nazionale più forte di sempre” che ci ha già fatto perdere l’aereo per i Giochi di Rio in casa a Torino l’anno scorso contro la Croazia, una sconfitta che brucia ancora: «Dimenticare non si può – arringa Luigi Datome, 29 anni, fresco vincitore dell’Eurolega con i turchi del Fegli nerbahçe – ed è bene ricordare quello che è successo perché la delusione può diventare benzina per le nostre gambe e le nostre mani. Appena iniziato il ritiro abbiamo rivisto quella partita. Fa rabbia perché tante cose potevamo evitarle. La Croazia ha punito la nostra superficialità». Il capitano azzurro è stato il primo a scuotere i suoi dopo il caso “Gallinari”: «Inutile colpevolizzarlo. Andiamo avanti a testa alta: piangersi addosso lascia il tempo che trova e non ci aiuta in campo».
I favoriti degli Europei per la vittoria finale sono altri: c’è soprattutto l’Invincibile armata spagnola, campione in carica, dei fratelli Pau e Marc Gasol a- ordini del “nostro” Sergio Scariolo, e un gradino sotto Serbia e Francia. Ma temibili a dir poco sono anche Croazia, Grecia e Lituania (quest’ultima anche nel nostro girone). Alla nostra Nazionale non mancano i buoni giocatori come Nicolò Melli, Daniel Hackett, Pietro Aradori, Davide Pascolo. Ma è chiaro che il salto di qualità ci potrà essere solo mettendo in campo l’anima. Come insegna Meo Sacchetti, coach designato a prendere il posto di Messina al termine della rassegna continentale, ci vogliono i grandi uomini prima dei grandi giocatori, quelli disposti sempre a migliorarsi, con più rabbia, più fame e voglia di vincere.