Agorà

SERIE A. Milan in Champions di rigore e il valzer degli adii in panchina

Massimiliano Castellani lunedì 20 maggio 2013
Finale di stagione con qualche brivido e gli immancabili rimpianti. I campioni d’Italia della Juve si sono congedati sabato sera a Marassi incassando la seconda sconfitta contro la Samp che può consolarsi con il titolo di “bestia nera” della Vecchia Signora. Gli unici verdetti che mancavano erano quelli per l’Europa e che coinvolgevano quattro squadre: Milan e Fiorentina per la Champions, Udinese e Lazio per l’Europa League. Quattro match dagli esiti quasi scontati, ma alla fine la legge del campo non li ha resi tali. Tranne quello della Fiorentina che a Pescara ha sciorinato l’ultima lezione di tiqui-taca all’italiana prendendo a pallonate i poveri abruzzesi già retrocessi e mandando in scena il "Ljajic e Jovetic show" per un suonante 5-1. Poi per la banda Montella orecchie e cuore a Siena, dove il Milan ha chiuso il campionato come lo aveva cominciato: con un mezzo disastro, rimediato in zona Cesarini. Fino a 3 minuti dal termine i rossoneri erano fuori dalla Champions, condannati da un gol di Terzi che ricordava quello di Calori alla Juventus nell’ultima giornata del 2000, quando i bianconeri nel diluvio del Curi di Perugia abdicarono lo scudetto alla Lazio. Il Siena già retrocesso in B ha sfoderato una prova all’inglese, onesta e generosa, mandando in confusione il Milan che ha chiuso in dieci (espulso capitan Ambrosini) e trovando il pareggio solo su un calcio di rigore creato e realizzato dal solito Mario Balotelli. Poi al minuto 87’ la zampata vincente del mesciatissimo Mexes che fa replicare a Galliani e figlio un’esultanza viscerale, già vista tante volte dalle tribune degli stadi in cui la dirigenza milanista si accampa. Milan in Champions, ma quanta fatica. La stessa che maschera bene, ma che si legge da mesi nel volto di Max Allegri, costretto sempre a rispondere al tormentone: «Va o resta? ». Il suo futuro parrebbe essere nelle mani e la mente del presidente Berlusconi, «ma Allegri ha un anno di contratto», ribadisce rassicurante Galliani, e per quanto ci riguarda il conte Max è promosso a pieni voti, essendo riuscito nella missione di tirare fuori il massimo da una squadra giovane e rifondata dopo la fuga dei vecchi campioni. Ma la panchina milanista partecipa comunque, d’ufficio, al grande valzer degli addii che parte da Napoli, dove Mazzarri ha dato l’annuncio: «Me ne vado». Al suo posto dovrebbe arrivare Rafa Benitez che dopo aver vinto l’Europa League con il Chelsea si ritroverebbe su un piatto d’argento l’accesso diretto alla Champions. Mazzarri saluta Napoli e De Laurentiis dopo quattro anni di guida provata, consegnando un secondo posto (sfiorato il record della mitica squadra di Maradona) e con un Cavani ancora re dei bomber con 29 gol. Ma anche l’uruguayano ha la valigia in mano, solo che per partire deve attendere qualche magnate che sganci i 70 milioni che pretende De Laurentiis per lasciarlo andare. Non vorrebbe andarsene invece, dall’Inter, il tecnico ragazzino Stramaccioni che esce ridimensionato da un girone di ritorno in cui i nerazzurri hanno tenuto una media punti da retrocessione. L’ultimo 5-2 incassato a San San Siro con l’Udinese, è stata la sconfitta numero 16 della disgraziata stagione interista e con un Mazzarri libero e che da oggi si guarda intorno, non è detto che patron Moratti non chiuda la “scommessa Stramacioni” e lo chiami in soccorso della Beneamata. Intanto a San Siro luci solo per l’Udinese di Guidolin che conquista l’ennesima qualificazione europea. Merito dei soliti talenti lanciati ogni anno dal club friulano e dell’inossidabile Totò Di Natale che va per le 36 primavere ed è ancora un cecchino di razza da 23 gol. Udinese in Europa League con la splendida Fiorentina, mentre la Lazio cade a Trieste contro un Cagliari che senza casa e senza presidente per gran parte dell’anno (patron Cellino era agli arresti fino a una settimana fa) ha compiuto una delle più belle imprese del campionato. La Lazio di Petkovic chiude al settimo posto dopo aver vissuto mesi da protagonista, ma può entrare ancora in Europa se domenica prossima batte la Roma nel "derby storico": le due formazioni capitoline per la prima volta contro nella finale di Coppa Italia dell'Olimpico. Quella per i giallorossi sarà anche l’ultima partita del “supplente” Andreazzoli che ha sostituito degnamente l’esonerato Zeman (in 16 partite ha ottenuto 31 punti con 9 vittorie e 4 pareggi), ma l’ambiziosa dirigenza romanista, anche se dovesse vincere la Coppa Italia, non lo confermerà. Nella domenica del valzer degli addii, presunti e annunciati, si confermano almeno i campioni del tennis e delle due ruote: quelli del ciclismo e del Motomondiale.  A Roma come da copione il sovrano assoluto della terra rossa è sempre Nadal che in due set si sbarazza del “nemico-amico” Federer. Sette, come i re di Roma, i successi dello spagnolo  al Foro Italico. Al Giro d’Italia, al via dell’ultima settimana saldo in maglia rosa rimane Vincenzo Nibali che a questo punto può andare fino in fondo. Infine, nel Mondiale della MotoGp, mentre Valentino Rossi con la sua Yamaha scivola a terra e porta a casa solo 4 punti, il piccolo-grande Marquez sale ancora sul podio ed è terzo, anche se a Le Mans l’Honda vincente è quella di Pedrosa, l’ "eterno secondo", che per ora sale al comando della classifica generale.