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L'artista. Cambiare il mondo? Una questione di Valori

Andrea Pedrinelli martedì 26 novembre 2019

La musicista romana, classe ’70, Ludovica Valori. In uscita il suo album“Rosa e fuoco” con le Nuove Tribù Zulu (foto di Cristina Aruffo)

Romana classe ’70, Ludovica Valori non è soltanto una polistrumentista (fisarmonica, piano, trombone) attiva da anni su più fronti della musica italiana tra pop-rock, folk e orizzonti d’autore; è anche un raro esempio d’artista che ha scelto la musica come impegno etico, e il far musica quale opportunità di condivisione (o denuncia) su frontiere non certo comode chiamate Balcani, India, Sudafrica e Scampia, senza scordare l’impegno della memoria da lei messo in pratica cantando e divulgando ricordi dei lager. Ma andiamo con ordine, perché l’artista almeno in questi giorni ha ben due progetti in rampa di lancio che meglio di ogni sintesi possono esemplificarne ideali e azioni. Con i Traindeville, duo indie-folk con Paolo Camerini, la Valori ha appena lanciato sulle piattaforme digitali e YouTube un primo seguito del secondo cd Caffè fortuna, intitolato Il cavaliere delle nuvole: brano non certo ovvio in quanto narra la storia nascosta del celebre meteorologo Rai Andrea Baroni (il baffuto successore di Bernacca, per intenderci) che venne internato nei lager dopo l’8 settembre ’43 e di lì evase solo dopo lunghi e strazianti mesi di prigionia. Ma è ancora meno ovvio il contenuto dell’album Rosa e fuoco che a giorni vedrà la luce quale nuovo episodio della storia ventennale delle Nuove Tribù Zulu, band romana che vede la Valori e Paolo Camerini affiancati da Andrea Camerini a continuare un percorso di ricerca nella world music centrato sul valore di un’umanità da considerarsi soggetto unitario, dunque senza più differenze foriere di razzismi possibili. Nei dodici pezzi del cd le Nuove Tribù Zulu cantano l’importanza di pensare per proprio conto, spronano a sostituire i muri coi ponti, denunciano sfruttamenti e osano l’amore con la maiusco-la: in bei brani quali Che cosa resta, Viaggerò o Cenere che rappresentano la nuova frontiera artistica (anche) d’un’autrice- strumentista decisamente poco scontata e ben più aperta rispetto alla media della nostra canzone, una donna che non ha paura d’affrontare più sfide assieme pur di realizzare una musica che sia fonte di valori.

Che cosa significa appartenere contemporaneamente a più band? Che esigenze interiori appagano due gruppi?

Sono due diverse parti dell’anima. Artisticamente in Traindeville compongo da sola, in Nuove Tribù Zulu si crea insieme. Ma l’idea di arte è sempre un’arte che possa esprimere principi e dare direzione al vivere. Io credo, di poter cambiare il mondo con la musica.

La sua storia parte dai Balcani, vi andò mettendo in pausa il Conservatorio: perché fu decisivo andarci?

Capii a vent’anni gli effetti reali d’una guerra. Fu formativo e terribile comprendere cosa provocava il conflitto aiutando a svuotare le case colpite dalle bombe. Lì decisi che avrei sempre combattuto contro le ingiustizie e la faccenda tremenda di uccidere altri uomini perché d’etnia o religione diversa. Ed essendo musicista, ora combatto ciò con la musica.

Partiamo dai Traindeville: come siete arrivati a pensare una canzone su Andrea Baroni nel lager?

Leggendo il libro di Annalisa Venditti del 2011 in cui la giornalista ha svelato la storia. Mi colpì il messaggio per cui dovere di ogni prigioniero è fuggire e la contattai. Viene da lei e da una sua poesia, lo spunto per il brano: che da indipendenti divulghiamo con passaparola e web senza fretta perché sono brani che devono resistere nel tempo, anche se stiamo pensando a un nuovo cd del duo.

Intanto, e con una distribuzione perché esce per Squilibri, c’è il cd nuovo delle Tribù: che nacquero per far incontrare linguaggi diversi in una Roma si presume differente da ora… Ma quanto, differente?

Tantissimo. Oggi non dà spazi per incontrarsi né per una musica originale. Però non serve stare ad aspettare le istituzioni né lamentarsi: occorre agire, cercarli, battersi perché ce ne siano.

È diffusa, nel pubblico che toccate oggi, la vostra certezza d’una musica che possa cambiare il mondo?

Sulla carta questo è un periodo di disimpegno, però sul campo quando suoniamo dal vivo la gente viene, a- scolta, è entusiasta. C’è voglia di ascoltare storie; e c’è voglia di una musica di significato, creda.

Cosa ha significato per lei far musica a Scampia?

Lì facemmo laboratori, da cui sono uscite canzoni. In quei posti c’è energia: la sostanza dell’umanità riemerge, quando si perde tutto il superfluo.

E il Sudafrica o l’India? Che cosa ha imparato portando il vostro modo di far musica in quei Paesi?

Il laboratorio per canzoni di pace del Sudafrica lo replichiamo ancora, con bimbi e ragazzi. In India abbiamo collaborato con musicisti nomadi portando loro qui e andando noi là, ed è bello creare insieme oltre il mischiare ingredienti ovvi: con la Nomadic Orchestra of the World si fa rock, non world music.

Avete realizzato pure progetti in discoteche e scuole contro l’uso di ecstasy e droga: dunque i ragazzi d’oggi le ascoltano ancora le canzoni “tradizionali”?

Beh, usiamo pure il rap… Però i ragazzi sono affascinati da strumenti veri e artisti che si mettono in gioco, non sono affatto chiusi: ma bisogna andargli incontro. Noi abbiamo ancora molti progetti di workshop, vorrei pure tornare a Scampia; ma è più facile organizzare all’estero che da noi, purtroppo.

Quali sono i centri di valore del nuovo disco di Nuove Tribù Zulu, Rosa e fuoco?

Volevamo toccare tanti angoli della realtà. Per cui ad esempio Rosa e fuoco canta della società mentre L’ultimo tango osa dimensioni più intime. Per Nessun rumore abbiamo coinvolto molti giovani, e c’è una parte rap scritta da loro, mentre Il mondo di vetro la canta Andrea Satta dei Tetes de Bois. Insomma vogliamo arrivare a chiunque, proponendo vari livelli possibili di lettura di testi ed emozioni.

Che significa dunque il nuovo cd nel vostro percorso?

Dopo un disco e un Ep legati all’India volevamo riportare l’attenzione al nostro Paese: e Rosa e fuoco è un titolodichiarazione d’intenti, per un necessario viaggio interiore da fare che sia però anche viaggio a cambiare l’Italia nel concreto.