Agorà

L'inchiesta. Quel che resta di Calciopoli

STEFANO SCACCHI mercoledì 11 maggio 2016
Dieci anni dopo Calciopoli, al termine di un campionato carico di veleni tra i club in lotta per la salvezza, la contabilità degli scudetti è ancora differente tra Roma e Torino: 34 campionati vinti secondo la Juventus, 32 secondo la Figc. Nonostante il nuovo corso juventino, i due tricolori revocati sono tuttora fonte di attrito tra il club bianconero e la Federcalcio. Senza dimenticare la causa di risarcimento danni della Juventus a Via Allegri ancora sul tavolo: 443 milioni la somma richiesta. La controversia è tornata d’attualità quando sono stati scoperti a Milano insieme a pranzo Carlo Tavecchio e Antonio Giraudo, componente della triade bianconera insieme a Moggi e Bettega. Ma non è il solo strascico ancora esistente delle vicende di dieci anni fa. Luciano Moggi è stato radiato, non ha più incarichi ufficiali, ma conta ancora nel calcio italiano: viene intervistato, dà i suoi pareri e conserva una sua rete. Quattro anni fa è rinata la Gea World che nei primi anni dello scorso decennio controllava giocatori, allenatori, presidenti e poteva indirizzare decine di carriere (fin dalle giovanili). La società, al centro del processo per violenza privata che si è svolto davanti al Tribunale di Roma e concluso con un’assoluzione in Cassazione, è stata sciolta dopo il 2006 ma è ripartita nel 2013 con un’inaugurazione in grande stile in uno spazio alla moda di Milano: a tirare le fila ancora Alessandro Moggi e Riccardo Calleri. Presenti quella sera molti volti noti del nostro calcio: Adriano Galliani, Beppe Marotta, Enrico Preziosi, Massimiliano Allegri. «Certe “consorterie” sono dure a scomparire - osserva Dario Canovi, avvocato e agente che aveva criticato per tempo certi sistemi - ma Moggi, Gea e compagnia sono dilettanti allo sbaraglio rispetto ai nuovi santuari economici e finanziari del calcio mondiale. La società che gestisce i diritti tv dei Mondiali, guidata dal nipote di Blatter (Infront, acquistata dai cinesi di Wanda, ndr), è rimasta la stessa anche dopo il cambio al vertice della Fifa.  E intere squadre ormai sono nelle mani dei fondi privati». Gea - sedi a Roma, Londra e Dubai - non ha più compiti di intermediazione, ma di consulenza nel campo della comunicazione, dell’immagine, della solidarietà e dell’organizzazione del dopo-carriera degli atleti. Alessandro Moggi però gestisce ancora alcune procure ed è stato coinvolto nella recente in- chiesta di Napoli per fatture false e irregolarità fiscali nell’ambito di operazioni di calciomercato. Moggi junior già nel 2010 era arrivato a un passo dal chiudere un trasferimento di un suo assistito - Giuseppe Sculli con l’Inter, la grande nemica sul fronte di Calciopoli. Sa di disgelo anche il possibile conferimento da parte della Figc dell’incarico di coordinatore di tutte le squadre azzurre a Marcello Lippi, il Ct Campione del mondo 2006, dal passato fortemente vicino alla Juventus e padre di Davide che all’epoca collaborava con la Gea di Moggi junior e attualmente è il procuratore del tecnico del Milan Cristian Brocchi. Evento simbolico a dieci anni dal trionfo di Berlino e dallo scandalo che sconvolse il nostro calcio.  Lo stesso Allegri, allenatore attuale della Juventus (protagonista peraltro di una lunghissima gavetta dalle serie minori, quindi di una carriera molto lontana da favoritismi), è stato seguito per un certo periodo da Moggi junior e per alcuni aspetti legati alla comunicazione ha avuto rapporti con la Gea, interrotti già da quasi due anni. Proprio la dinamica delle regole sulla possibilità degli agenti di rappresentare anche gli allenatori offre uno spaccato sul modo in cui il sistema delle regole calcistiche ha reagito a Calciopoli. Dopo lo scandalo, dal momento che la Gea controllava alcuni allenatori come De Canio, Delneri e Papadopulo, la Figc decise di introdurre nel Regolamento agenti il divieto di rappresentare tecnici da parte dei procuratori.  Quell’intreccio veniva ritenuto meritevole di essere sanzionato. In realtà negli anni successivi al 2006 era sotto gli occhi di tutti (come dimostrano ampiamente le cronache sportive) che alcuni allenatori di Serie A venivano seguiti nelle trattative da agenti. E’ stato il caso degli stranieri Mourinho e Benitez con Jorge Mendes e Quillon. Ma anche di italiani come Mancini con De Giorgis, Mazzarri con Bozzo o Inzaghi e Conte con Tinti. Fino alla trattativa che ha definito il passaggio del Ct azzurro Conte verso il Chelsea, gestita da Federico Pastorello. Spesso si tratta della naturale prosecuzione del rapporto di assistenza esistente da calciatori.  La procura federale si è interessata a queste situazioni, ha avviato indagini e deferito alcuni tesserati, ma non è mai riuscita a ottenere una condanna da parte della giustizia sportiva. Recentemente è stata archiviata la posizione di Bozzo e Stramaccioni per il contratto firmato dall’ex interista con l’Udinese. Dal momento che non esistono prove documentali, diventano determinanti le testimonianze. Ma nessuno dei protagonisti ovviamente conferma le circostanze: così la norma introdotta dopo il 2006 è rimasta lettera morta fino a essere stata modificata a marzo 2015 quando la Fifa ha deciso la liberalizzazione totale del lavoro di agente senza più albi ed esami.  Da quel momento è teoricamente sanzionabile solo l’allenatore che gestisca anche calciatori nella stessa squadra generando un conflitto di interessi. «Sinceramente credo che quel divieto non avesse molto senso - spiega Canovi - perché un allenatore fatica a proporsi a una squadra personalmente, se non è Ancelotti, Guardiola o Mourinho. Certo, in questi anni la Figc ha sempre fatto finta di guardare da un’altra parte». Uno specchio della difficoltà di far rispettare le norme rese più severe dopo il grande scandalo del 2006.