Genova. Calcio balilla, la Champions in oratorio
La Nazionale italiana di calcio balilla all’ultimo Mondiale in Francia
Hanno piedi rettangolari, ma sono calciatori tutti d’un pezzo che fanno felici da sempre i tifosi di tutte le età. Gli omini del calcio balilla hanno un fascino intramontabile. Composti e inflessibili, sono disposti in campo con un modulo inusuale 2-5-3, invariabile e uguale per tutti. Sta alla bravura di chi li tiene in pugno con le stecche portarli alla vittoria. Questo fine settimana vedremo in Italia i migliori giocatori d’Europa. Da oggi fino a domenica si disputa a Genova l’European Champions League con oltre 350 atleti provenienti da 17 nazioni. Il luogo scelto per questa competizione è un omaggio alla tradizione: un oratorio, quello di Don Bosco Sampierdarena. Un ritorno alle origini che testimonia anche quanta strada ha fatto il “biliardino” in circa un secolo di storia. Pare infatti che i primissimi modelli risalgano addirittura agli anni tra la Prima e la Seconda guerra mondiale. È curioso poi che il termine “balilla” ci riporti ancora sotto la Lanterna: si dice che fosse il soprannome di un genovese, il patriota settecentesco Giovan Battista Petrasso. Divenuto poi sinonimo di patriottismo, fu rilanciato durante il fascismo. Oggi il calcio balilla fa parte dell’International Table Soccer Federation (Itsf ), organismo di cui fanno parte circa 70 paesi. In Italia dal 2021 è una delle discipline della Federazione italiana giochi e sport tradizionali (Figest) che ha delegato la Lega italiana calcio balilla (Licb) come associazione capofila a organizzare e curare le fasi finali dei tornei.
«La Champions League – dice Nicola Colacicco, responsabile Figest della specialità e presidente della Licb – è l’appuntamento internazionale promosso dall’Itsf più importante dopo il Mondiale. In gara avremo 48 club da 17 nazioni e tre categorie: donne uomini e veterani». Per l’Italia ci saranno al maschile i team di Siracusa, Napoli e Lucca, per le donne Genova e Villa Pamphili (Roma), per i veterani Genova e Pieve Fissiraga (Lodi). Rappresentano un movimento ancora florido: « Purtroppo non abbiamo professionisti – spiega Colacicco – i nostri giocatori si autofinanziano, ma ci sono tanti agonisti e amatori, sia come Under 19 (in entrambi i sessi) che tra gli uomini (20-34 anni) e i veterani (da 51 anni in su). Noi abbiamo classificato 350 giocatori di ottimo livello e una cinquantina di veri top player ». Nessun dubbio sul fatto che parliamo di uno sport come gli altri, che richiede dunque anche tanto allenamento: «Ci vuole grande intelligenza tattica e buona resistenza nelle braccia e negli arti inferiori: so che può sembrare strano ma sei sollecitato in tutte le parti muscolari del corpo». Si gioca in doppio (due contro due) o a singolo e ovviamente non si può “rullare”: girare la stecca per più di 360° non è ammesso: « L’unica girella che conosciamo – commenta divertito Colacicco – noi ce la mangiamo ». C’è però una grande differenza all’estero rispetto al nostro modo di giocare: a livello internazionale sono ammessi i ganci (il passaggio da un omino all’altro sulla stessa stecca). E tuttavia l’Italia vanta un’ottima tradizione: «Come nazionale maschile siamo nella top 16, ce la giochiamo anche con la Francia che è un po’ il Brasile del calcio. Possiamo senz’altro far bene anche al Mondiale dell’anno prossimo a giugno a Saragozza».
Ma per non far disperdere un patrimonio bisogna salire in cattedra: «Oltre alla Champions saremo presenti negli stessi giorni anche nelle scuole di Genova: ci sono ragazzi che non hanno mai visto un calcio balilla…». Nessun timore anche nell’era dei videogiochi più sofisticati: « Abbiamo organizzato tornei in cui il format prevedeva partita a calcio balilla e rivincita a PlayStation…». C’è però la consapevolezza che oggi la società sia profondamente cambiata: «Un tempo il calcio balilla era il gioco esclusivo di bar e circoli. Adesso è stato estromesso, sostituito da apparecchi elettronici più convenienti… È mutata la cultura stessa del bar: oggi devi consumare e andare, pochi posti a sedere e orari ridotti non solo in città ma anche nei piccoli centri». Da qui anche la scelta di far disputare la Champions non nel classico palazzetto: «Se c’era un luogo in cui il calcio balilla non mancava mai era l’oratorio. Abbiamo voluto fortemente che la massima competizione europea si svolgesse al Don Bosco di Genova per richiamare le istituzioni a credere in un ambiente “sano” come l’oratorio. Ripartiamo da qui per portare un giorno il calcio balilla anche alle Olimpiadi: è il nostro sogno».