Forse in nessun luogo d’Italia come in Calabria mare e montagna sono a un tempo vicini e lontani. In particolare lungo la costa cosentina, da Praia ad Amantea: una costa magica, nonostante gli scempi edilizi, con spiagge di rena finissima alternate ad acrobatici strapiombi sul mare luminoso, con piccole isole che emergono dall’acqua come preistoriche conchiglie. Qui l’interno, seppure raggiungibile in pochi minuti, è altro mondo, appare lontanissimo, on paesi silenziosi come castelli di pietra, rocche grigie che si levano su valli scoscese e smaltate di verde, luoghi dai nomi bizantini saraceni normanni angioini, a testimoniare le diverse avvicendate dominazioni. A visitarli colpisce il clima di distacco dal tempo, il perdurare nonostante la civiltà tecnologica di una cultura contadina. «Di Calabrie, di fatto, ce ne sono tante - dice lo scrittore Dante Maffia - diverse tra loro, geograficamente, culturalmente, linguisticamente: c’è la Calabria ionica con la sua cultura greca, c’è quella tirrenica e quella dello stretto, e quella delle minoranze linguistiche, albanesi grecanici valdesi ebrei. Tutte paiono segnate da un dualismo sociale e culturale in cui si confrontano problematicamente il vecchio e il nuovo». «Sicché, a fronte di una modernità talora inadeguata - afferma l’attore Roberto D’Alessandro - la più autentica tradizione culturale, al di là di poche innovazioni, fonda ancora sul passato, radicato nelle risorse e nelle peculiarità del territorio e della sua storia». A Santa Maria del Cedro è sorta nel 1999 l’Accademia internazionale del cedro, «frutto sacro fin dall’antichità - spiega il presidente Franco Galiano - a cui si lega non solo un interesse botanico ma anche religioso e persino esoterico. In agosto a Santa Maria giungono ebrei da tutto il mondo, persino dagli Stati Uniti, per acquistare i frutti puri, cioè non innestati, che verranno consumati durante la festa autunnale del Sukot, o “delle capanne”». A Diamante è stata fondata l’Accademia Italiana del peperoncino, che organizza anche un festival musicale. Vero faro della fede è il santuario di San Francesco di Paola, dove la spiritualità del grande santo calabrese si incornicia nello splendido paesaggio, di fronte alle isole Eolie, all’ombra delle montagne. «Qui cresce il bisogno di silenzio, di intimità religiosa - dice padre Rocco Benvenuto, provinciale dell’ordine dei Minori e rettore del Santuario -, lo testimoniano le presenze sempre più numerose alle processioni della sera, che organizziamo durante tutta l’estate». Superbo è il paesaggio. Al turista che giunge da nord la costa cosentina appare un susseguirsi di falesie, di ponti di roccia, di montagne pensili punteggiate di alberi di leccio, cespugli di erica e di lentisco e di mirto. Sulla litoranea tratti di spiaggia larghissima, terrazzi e scogliere, archi, promontori con torri d’avvistamento costruite durante le incursioni saracene. Qui soprattutto l’edilizia vacanziera ha fatto e strafatto. «Non si è trattato in genere di grandi speculazioni, che pure non sono mancate, piuttosto di un’iniziativa privata, attivata col consenso della classe politica, motivata dalla opportunità di assicurarsi un piccolo reddito», spiega il sociologo Piero Fantozzi, docente all’Università della Calabria. Notissime le stazioni balneari: Praia a Mare con l’isola di Dino e le sue mitiche grotte, paradiso dei sub; San Nicola Arcella, Scalea, il cui toponimo deriva dalla conformazione del centro antico disposto “a scale”; Cirella, antica Cerillae, che fu colonia di Sibari, con la piccola isola e il paese vecchio e abbandonato; Diamante, arroccato su di uno sperone di roccia, la cittadina dei murales; Marina di Cetraro con l’imponente scogliera di Rizzi; Paola, San Lucido, Fiumefreddo; Amantea con gli scogli di Isca, un’oasi del Wwf. L’interno è raggiungibile in poco tempo. Scoprirlo è un’avventura. Da Scalea si può arrivare a Papasidero, a quasi mille metri di altitudine, nel Parco Nazionale del Pollino, nei cui pressi è stata scoperta una grotta con i resti di un insediamento del paleolitico. Muovendo da Diamante, invece, si può giungere ad Altomonte, antica Balbia, citata da Plinio per i suoi vini pregiati, a Morano Calabro dal caratteristico abitato disposto in cerchio su di un cono roccioso, a Lungro, città di origini albanesi, a Guardia Piemontese, dove risiedono i discendenti dei valdesi giunti nel tredicesimo secolo. È d’obbligo infine una puntata al capoluogo, Cosenza, la città di Bernardino Telesio.