Il mondo della ricerca sociale, dopo cinque, sei anni di crisi internazionale dei modi di produzione dell’economia, sta sistematizzando le "piste di ricerca" avviate dai ricercatori per uscire dal pantano in cui i grandi sistemi geoeconomici sono finiti. Individuando alcune dinamiche di forme di vita socio-economiche alternative al tardo capitalismo e alle sue inevitabili espressioni culturali individualiste. Certamente la spinta sociale dell’attuale pontificato circa analisi e giudizi molto severi sui processi di globalizzazione ha aiutato la ricerca delle possibili connessioni tra economia e gratuità dell’azione sociale. Come coniugare mercato e cultura del dono? Crescita e processi di socializzazione? Nuovi mercati dei lavori e necessità di superare il precariato giovanile? Il prodotto industriale lordo ha ancora un senso? Basta pensare alla piena legittimazione, anche in ambienti europei e nordamericani, ottenuta dalle revisioni fatte dal padre Gustavo Gutierrez su aspetti decisivi della teologia della liberazione, mantenendone però la carica socialcristiana e di ricerca di forme di vita oltre il capitalismo. Il padre Gutierrez (oggi insieme al cardinal Müller prefetto della Congregazione della fede) negli anni Settanta fu tra i leader in America Latina per le proposte di cambiamento radicale sociale. Ora viene accettato istituzionalmente. Questi motivi hanno, senza dubbio, un ruolo significativo nell’interesse che i media dimostrano per queste ricerche sociali. Infatti la crisi finanziaria, delle "bolle immobiliari", insomma del denaro sganciato da ogni misura produttiva, indica che la non crescita economica su scala internazionale è più profonda degli stessi meccanismi finanziari. Infatti è crisi dei modi di produzione del capitalismo globalizzato. Se proseguiamo con la nostra prospettiva dei cultural studies individuiamo che nei mutamenti dei modi di produrre le merci e di organizzare il lavoro, tutto è oramai collegato a fortissime dinamiche di automazione tecnologica. La delocalizzazione produttiva incide sulla composizione dei tanti mercati del lavoro nel mondo. I processi di internazionalizzazione finanziaria e commerciale sono, al tempo stesso, causa ed effetto dei grandi mutamenti nei modi di produrre. Un principio accettato dalla stragrande maggioranza della comunità scientifica è la comprensione della relatività storica dell’esperienza dei capitalismi in tutte le loro diversità sociali e giuridiche. Le epoche storiche capitalistiche potranno terminare. Quella che resterà, come "regolarità" economica, come misura di libertà della persona e delle cerchie sociali "naturali", è l’economia di mercato, da distinguere dal puro modo di produzione capitalistico. Una cosa è l’esperienza, storicamente contingente, dello sfruttamento e degli investimenti senza vincoli, altra è un’economia competitiva. Definita da meriti e virtù di intraprendere liberamente, all’interno di programmi e regole anche internazionali. Insomma un’economia con l’anima. Tutto ciò sta emergendo su scala internazionale, lungo il crinale di questi anni di crisi strutturale della globalizzazione. La ricerca sociale ed antropologica osserva maggiormente in essi come, già oggi, reti e organizzazioni produttive le più diverse, insieme, tendano a fuoriuscire dai logori vincoli liberali in declino. Queste frazioni di reti e organizzazioni si incrociano e si alleano tra loro, in una sorta di "due polmoni" dell’economia di mercato. Queste dinamiche di rete concrescono ed interconnettono il tradizionale modo di produrre profitto con ampie "aree liberate" dal giogo dei classici interessi padronali. Strutture multinazionali, come già avviene con la Coca Cola o la Nestlé che si incrociano con organizzazioni non governative e non profit. Veri e propri polmoni economici su scala globale. I grandi "salti" tecnologici e finanziari della metà degli anni Novanta del passato secolo, hanno configurato i processi di globalizzazione dell’economia come grandi tendenze delle automazioni tecnologiche in tutti gli ambienti. Con fratture sociali che hanno liquidato interi strati della forza-lavoro, creando però nuovi soggetti nella realtà delle nuove reti informatiche e digitali e multimediali e nell’emergenza di complessi sistemi di social networks. Tutta questa complessità sistemica che abbiamo descritto non è un processo lineare nella sua evoluzione storica. Anzi. L’altra faccia del discorso è la presenza di intollerabili ingiustizie sociali e tirannie politiche in vastissime aree del globo in cui domina la fame e la penuria. Vaste crisi alimentari, negli ultimi anni hanno investito l’Asia, ma anche l’Africa. Negli ultimi due anni (dati Fao) l’area della fame è cresciuta addirittura del 25%. Nel medesimo tempo le produzioni di cereali su scala internazionale, dal 2008, sono cresciute con dinamiche esponenziali: 2 miliardi e 245 milioni di tonnellate! Il che fa comprendere l’irrazionalità della globalizzazione così come si è realizzata. Un mondo economicamente maturo e, in contemporanea, una lunga e drammatica stagnazione economica. Come abbiamo detto sono scaturite in questi decenni, dai nuovi modi di produzione informatizzati, nuove possibilità organizzative e di relazionalità socioeconomica. Queste dinamiche rendono il paradigma della sussidiarietà e del "non-bisogno-di-Stato" un’altra linea guida per vaste realtà della società civile, su scala internazionale. Realtà in grado di autogestirsi economicamente e culturalmente. Così come sono già in opera centinaia di migliaia di realtà di attività scolastiche in Europa e negli Stati Uniti (oltre a realtà infrastrutturali, di gestioni sociali e collettive del bene acqua, cooperative di banche alimentari e largo consumo, di centri di aiuto alla vita, la diffusa rete della Caritas internazionale e altre associazioni laiche) che, pur coordinandosi con le regole legislative nazionali, offrono servizi pubblici, ma non statali. È l’emergenza di "mondi vitali", di realtà "costitutive" del ben vivere oltre il capitalismo, già oggi. Queste dinamiche del "pubblico non statale" si affacciano verso settori dei trasporti, del welfare per gli anziani, delle stesse carceri: istituzioni che una volta erano ritenute assolutamente in gestione dello stato. Oggi, a motivo del nuovo orizzonte di maturità e di ricchezza dei bisogni e desideri immanenti ai processi globalizzanti, possono subire metamorfosi oltre lo Stato e oltre lo sfruttamento liberistico. Diventare "più società e più mercato".