Musica. Caccamo “Canta” il Che: nel nome dei nostri padri
Il cantautore Giovanni Caccamo con la figlia del “Che” Aleida Guevara
La rivoluzione oggi risiede in piccoli gesti quotidiani di accoglienza e supporto delle persone più deboli e fragili, nell’accettazione dell’altro e delle diversità, nella convivenza pacifica. «La voce calma di Aleida Guevara, la figlia del Che, scandisce con una nota di malinconia le parole che il padre Ernesto scrisse ai suoi tre figli quando lei aveva solo 7 anni. Fu l’ultima lettera, spedita dalla Bolivia nel 1967 poco prima di essere ucciso, un testamento emotivo in cui il Che si scusa con i propri figli per essere stato un padre poco presente e consegna loro i fondamenti per divenire anime di valore. Al cantautore siciliano Giovanni Caccamo è riuscito il “colpaccio” di convincere Aleida Guevara a leggere questo testo a introduzione del brano Canta, il nuovo singolo, scritto da Caccamo con Cheope, Alessandra Flora e Gianni Pollex. La musica ha richiami cubani e ritmi urban, al basso Saturnino, mentre il testo è ispirato alla Lettera ai figli scritta da Che Guevara. Dopo il cortometraggio Auroracon l’intro recitata da Willem Dafoe, il brano anticipa l’uscita di Parola, il nuovo album dell’artista, prodotto da Ala Bianca e distribuito da Warner Music Italia, in uscita a settembre 2021, con numerose collaborazioni. Il 25 giugno a Bari, Aleida e Giovanni saranno insieme per ritirare il premio Magna Grecia Awards e nell’occasione eseguiranno, per la prima volta insieme dal vivo, Canta.
A luglio inoltre, partirà il “Parola Anteprima Tour” di Giovanni Caccamo e Michele Placido, un dialogo tra parole e note. Giovanni Caccamo, lei a 30 anni sta facendo un ulteriore salto di qualità fra musica e significati.
Tutto nasce dall’appello lanciato da An- drea Camilleri in cui disse: «Stiamo perdendo l’importanza della parola. Le parole sono pietre e possono trasformarsi in pallottole» . E si rivolse ai giovani affinché potessero far ripartire un nuovo umanesimo della parola. Così ho deciso di scrivere un disco dedicato alla parola, in cui ogni canzone sarebbe stata ispirata a un testo di letteratura italiana o straniera. Saranno sette inediti ispirati da sette testi, e prima di ogni canzone ci sarà una voce importante di introduzione.
Come mai ha scelto la lettera di Che Guevara?
Mi ha commosso perché ho visto l’uomo e il padre dietro al mito, e poi anche perché per anni io sono stato alla ricerca di una traccia che potesse avermi lasciato mio papà che ho perso a 11 anni. Soprattutto mi sono chiesto se oggi la parola rivoluzione ha ancora senso. Abbiamo ricevuto gratuitamente una serie di diritti che sono costati la vita a migliaia di persone e che stanno alla base della nostra società. Ma ci sono tante altre piccole rivoluzioni pacifiche che ognuno di noi può portare avanti, e penso alla cura del nostro pianeta o gesti concreti di solidarietà.
Soprattutto in questo momento storico…
Oggi dobbiamo tornare un senso di comunità, di fraternità. La frase di questa lettera che amo di più è quella che dice che ognuno di noi da solo non vale niente, è un invito ad essere famiglia. È quello che ha sempre fatto San Francesco, ovvero riuscire a creare una rete di anime positive, di bellezza, di luce e unire le nostre forze per una società che sia migliore di come l’abbiamo ricevuta. Sono particolarmente orgoglioso di ricevere il 30 giugno dalla Pontificia Università Antonianum un encomio solenne per la mia attività artistica e professionale «distinta per i valori legati all’enciclica Laudato si’».
Invece come ha raggiunto Aleida Guevara?
Grazie a Nicoletta Mantovani, cui avevo fatto ascoltare i brani, che aveva conosciuto Aleida insieme a Pavarotti. La figlia del Che è stata squisita: mi ha lasciato un vocale con la voce rotta dalla commozione dicendomi che la canzone era meravigliosa e che accettava di leggere la lettera. È venuta anche a casa mia e sembrava ci conoscessimo da sempre: abbiamo parlato di cooperazione internazionale e di sviluppo equo del cosiddetto terzo mondo. Del padre lei ricorda le mani enormi, in cui la sua manina scompariva. Mio padre non è un mito, mi ha detto, semplicemente ha fatto delle scelte, si è battuto per un mondo con meno diseguaglianze, in cui non esistesse la schiavitù, in cui ognuno, anche il più fragile e il più debole, riuscisse a percepire il proprio valore.
La collaborazione Willem Dafoe, invece?
L’ho conosciuto grazie a Battiato di cui era amico, ed è stato il primo che ho coinvolto per introdurre il brano Aurora, ispirato al testo bellissimo di Battiato e Sgalambro I’m that contenuto di Dieci stratagemmi, che parla di buio e luce, di rinascita e di passaggio dalla vita alla morte.
Cosa le resta di Franco Battiato, che l’ha lanciata?
Dopo tante delusioni, lui è stato l’unico a darmi una possibilità dopo aver ascoltato il mio cd che gli avevo dato, dopo essermi appostato dietro a una siepe, mentre stava andando in spiaggia.
Di lì è nata una grande amicizia.
Franco è stato il primo in assoluto ad avvicinarmi all’intangibile, ad insegnarmi a leggere oltre il visibile. Ci sono tanti segnali nella nostra vita che noi a volte chiamiamo coincidenze, o che non cogliamo perché siamo distratti, che ci indicano la strada. Una delle cose più belle che mi ha detto: «L’artista è una tramite tra la terra e il cielo ». Noi dobbiamo stare estremamente connessi con la spiritualità e la natura. Il suo passaggio, un mese fa, a miglior vita, a livello terreno è stato terribile per me. Però il fatto che fosse avvenuto alle 5.30 del mattino è stata una bella notizia, perché so che per lui quello era l’orario cardine della giornata. Lui si svegliava sempre alle cinque per vedere sorgere il sole, era molto legato all’aurora anche spiritualmente per il passaggio dal buio alla luce. E, come ha detto durante la cerimonia funebre padre Guidalberto Bormolini, Battiato era legato all’ iconografia molto rara di San Carlo Borromeo che fece rappresentare la morte come un angelo con in mano una chiave. Quindi noi dobbiamo imparare a vedere la chiave e non la falce, perché Franco vorrebbe questo.
Ora l’aspetta la tournée con Michele Placido. Michele sarà una delle voci del disco, leggerà Risarcimento, una poesia di Gesualdo Bufalino, di cui era amico. Quando ha ascoltato i brani del disco mi ha proposto lui di fare un tour insieme di prosa e canzone. I testi andranno da Sergio Endrigo a Dante mentre io presentero brani miei e cover fra cui un omaggio a Battiato con L’ombra della luce. Saranno 10 date in giro per l’Italia tutti in luoghi d’arte.