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IDEE. Brague: Germania più sorella che madre

Daniele Zappalà sabato 23 giugno 2012
​«Parlerei della Germania come di una sorella maggiore. Che si ama più o meno, che si teme un po’, di cui sentiamo l’obbligo di dover ascoltare le lezioni». Per il grande filosofo e storico delle idee francese Rémi Brague, che insegna da decenni nelle università tedesche e ha dedicato pagine memorabili all’identità europea, non è il caso di considerare la Germania come una "madre" per gli altri Paesi del continente. Di Brague, Vita e Pensiero ha da poco pubblicato Ancore nel cielo. L’infrastruttura metafisica (pag. 100, euro 12), una riflessione molto attuale che sottolinea quanto l’uomo resti, spesso senza riconoscerlo, un "animale metafisico".In Germania è esplosa una polemica dopo i tentennamenti tedeschi sul dovere storico di solidarietà verso la Grecia e l’Europa. Cosa ci dice questa polemica? «Comincerò con una barzelletta che due tedeschi si raccontavano nel metrò di Monaco qualche mese fa: due amici, un tedesco e un greco, cenano al ristorante e alla fine il tedesco dice "Caro amico, pago io!", ma il greco risponde "Grazie, ma questa volta tocca a me". Quanto dice Günther Grass è molto nobile, ma comprendo la stanchezza espressa dalla barzelletta. Se i greci pagassero tutti le tasse, i piloti di linea rinunciassero a qualche privilegio accordato alle loro famiglie, gli armatori investissero gli utili nel Paese, se i conti nazionali non fossero stati truccati per far entrare il Paese nell’eurozona, forse la Grecia non avrebbe bisogno di tanta solidarietà».Cosa resta oggi della Germania di Winckelmann e del Museo di Pergamo a Berlino, una Germania che ha avuto quasi un culto per l’epoca classica?«Questa Germania non ha avuto solo un volto seducente. Winckelmann e i classici di Weimar hanno puntato sulla Grecia, ma anche contro Roma: la Roma di Publio Quintilio Varo sconfitta nella Selva di Teutoburgo dalla rivolta fomentata da Arminio (Hermann), principe e condottiero dei Germani Cherusci, così come la Roma dei papi con cui Lutero aveva rotto. Un ellenismo in buona parte immaginario. Il suo culto permetteva alla Germania di presentarsi come erede di Atene e di guardare dall’alto i Paesi latini».Si accusa la Germania di egoismo economico. Se rischia di voltare le spalle all’Europa latina è per ragioni finanziarie, essendo i Paesi del Sud dei "cattivi allievi" di Maastricht…«La Germania è forse il solo Paese a pensare ai propri interessi economici? Non vedo perché la Germania dovrebbe pagare, ad esempio, per un Paese che da decenni, con la destra o la sinistra, ha commesso molti errori: delocalizzare le industrie su grande scala, lasciare il debito dello Stato accumularsi fino a proporzioni incredibili, permettere il declino del sistema educativo. Non penso all’Italia, ma alla Francia. La Germania ha goduto della fortuna di avere industriali e sindacati intelligenti, e di non avere il Partito comunista. Ha saputo, come del resto l’Italia, conservare sul proprio territorio le attività manifatturiere». Delle relazioni fra Germania e Francia, si ripete che sono essenziali per l’Europa. Da un punto di vista culturale, godono di buona salute? «È ragionevole considerare oggi le relazioni franco-tedesche come l’embrione dell’Europa. Proprio perché esse non erano affatto scontate e servono ormai da esempio di riconciliazione, malgrado un passato di scontri guerrieri. Se è accaduto fra tedeschi e francesi, perché no fra serbi e croati, fra giapponesi e coreani? Ma oggi temo che queste relazioni non godano di ottima salute. A livello politico, non va poi così male. È sempre stato un matrimonio di ragione, più che d’amore. E in fondo, tali matrimoni durano più a lungo di quelli nati su un’infatuazione. Ma mi pare invece un pessimo segnale, in prospettiva, che sia di nuovo in calo il numero di studenti dei due Paesi che apprendono la lingua d’Oltrereno. È triste pensarlo, ma mi chiedo se il principale motore dello studio del tedesco in Francia non fosse, in fondo, la paura. L’apogeo della germanistica francese è giunto fra la sconfitta del 1871 e la vittoria del 1945».Quali risorse e quale apporto culturale può offrire la Germania per dare nuovo smalto agli ideali europei?«La Germania è stata e resta in gran parte il Paese della filosofia, dell’erudizione storica e filologica seria, continuando per questo ad attirare gli studenti. A Monaco, dirigo un seminario avanzato (Oberseminar) davanti a un italiano, uno sloveno, un cinese e una rumena. Il tedesco non è la lingua materna di nessuno. Intellettualmente, il quadro resta stimolante. Ma al contempo, la Germania è minacciata da una situazione demografica catastrofica. Essa spaventa così tanto che non si osa quasi parlarne in pubblico. Quanto al morale, alla Stimmung, ho l’impressione che l’odio di sé legato alla memoria del nazismo è all’incirca sormontato. Ma è rimpiazzato da un odio di sé più vago e generale, che trova sfogo ad esempio in certi aspetti estremi del movimento ecologista e nella stessa fiacchezza demografica. Su quest’ultimo punto, comunque, la Germania non è più un’eccezione. Le soluzioni debbono essere ricercate su scala europea e probabilmente a livello dell’intero Occidente».