TORINO Ne
Il compagno don Camillo l’allegra spedizione comunista di Brescello in missione in Unione Sovietica una mattina si risveglia e trova tutte le foto di Chrušcëv sostituite con un volto enigmatico «dagli occhi di ghiaccio» che li scruta dalle pareti dell’albergo. La trovata è spassosa (nonché in tempo reale, dato che il film è del 1965 e Nikita era stato esautorato dalla troika Brežnev, Kosygin – l’uomo misterioso della foto – e Mikoyan solo nell’ottobre dell’anno precendete) ma allo stesso particolarmente significativa del rapporto che c’è tra iconografia del volto e potere. È la stessa dinamica alla base della serie dei
Casual passers-byche costituisce uno dei nuclei più forti del lavoro di Braco Dimitrijevic, a cui la Gam di Torino dedica una retrospettiva, ultima fatica da direttore di Danilo Eccher. Dall’inizio degli anni Settanta l’artista (nato a Sarajevo nel 1948, oggi vive e lavora a Parigi) realizza gigantografie dei volti passanti incontrati casualmente e le appende come ritratti ufficiali alle facciate di palazzi, al centro di piazze o ai balconi di sedi ufficiali. Queste immagini richiamano immediatamente alla memoria quelle con cui i leader di stati totalitari proiettano se stessi sulla società (basti pensare al Mao sulla Città proibita), con la differenza che l’anonimità costringe i passanti a interrogarsi su chi siano costoro. In questi manifesti della vera “dittatura del popolo” c’è un’anarchia che ritorna in altre opere di Dimitrijevic, come la bandiera nazionale di una barca sostituita con un canovaccio da pittore. È la repubblica dell’arte che deride potere e nazionalismi, scioglie le masse negli individui, riconosciuti nell’incontro e rivelati a tutti gli altri. Il lessico evocativo di queste immagini ritorna con forza – questa volta epica – nella seria di
Veleggiando vero la poststoria, in cui barche riempite di scarpe e limoni hanno per vele foto bifronti di artisti, filosofi, scrittori, scienziati, di cui è celebre il nome ma non (o meno) il volto. Sono installazioni di grande forza iconica e concettuale, capaci di suggerire il senso di un attraversamento, di un traghettamento in cui la forza del pensiero è maggiore della politica. Tanto sono forti questi lavori quanto sono deboli i
Paesaggi culturali, fotografie e video in cui belve feroci si aggirano tra opere d’arte installate nelle loro gabbie. «Se si guarda la Terra dalla Luna non c’è distanza tra il Louvre e lo zoo» sostiene Dimitrijevic. Ma leoni e leopardi non «si muovono nel rispetto delle opere d’arte », come vorrebbe l’artista, ma semplicemente le ignorano – per loro sono oggetti inerti, indistinguibili da qualsiasi altra cosa – quando addirittura non le percepiscono come minaccia (è il caso ad esempio della pantera). Tra Louvre e zoo, tra prodotto di cultura e realtà di natura, e in ultima istanza tra uomo e animale, la distanza – anche se osservata dalla Luna – c’è.
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BRACO DIMITRIJEVIC Fino al 24 luglio