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Costume. BOTOX, se la Borsa vale più dell'etica

Vittorio A. Sironi martedì 29 aprile 2014
Quarantasette miliardi di dol­lari. È questa la somma mes­sa a disposizione dalla cana­dese Valeant Pharmaceuticals per acquisire la californiana Allergan, la società che pro­duce il Botox, la tossina botu­linica più impiegata al mondo a scopo terapeutico, ma soprattutto per u­so estetico e cosmetico. Un’offerta che ha infiammato nei giorni scorsi la Borsa sta­tunitense. Le manovre finanziarie che preludono cambi di proprietà riguardanti le industrie farmaceutiche suscitano sempre scalpore, oltre che curiosità, ma nel caso specifico la scalata per la conquista dell’Allergan è in­dice di strategie aziendali e di interessi commerciali che si muovono attorno a u­na questione cruciale: l’uso di trattamenti 'sanitari' non più limitato a scopi tera­peutici, ma esteso anche ad ambiti esteti­ci di tipo cosmetico. Il Botox è letteralmente 'un veleno che cu­ra': è lo straordinario risultato dell’impie­go della tossina botulinica, una potente so­stanza naturale che i medici hanno impa­rato a usare per scopi terapeutici. Sin dal­l’antichità il botulismo, una grave intossi­cazione alimentare causata da un veleno neurotossico prodotto da un germe in gra­do di vivere in assenza di ossigeno, ha af­flitto l’umanità. L’avvelenamento era do­vuto all’assunzione di cibo (salumi e sal­sicce, pesce e verdure) conservato male e contaminato dal microrganismo.  Quello che oggi è noto sugli effetti di que­sto veleno non era allora conosciuto. Fu un medico-poeta tedesco, Justinus Kerner, a descrivere nei primi decenni dell’Ottocen­to il quadro clinico di questa intossicazio­ne che determinava disturbi oculari e pa­ralisi muscolare progressiva. Sulla scorta di queste osservazioni egli aveva già ipotiz­zato che piccole dosi di tale sostanza a­vrebbero potuto essere utilmente impie­gate in casi di ipereccitabilità patologica del sistema nervoso centrale. Un’intuizio­ne straordinaria, che sarebbe stata ripresa e attuata un secolo e mezzo più tardi, quan­do il chirurgo oftalmologo australiano A­lan Scott usò la tossina botulinica nel trat­tamento dello strabismo (1977) e del ble­farospasmo (1981), due gravi alterazioni della motilità oculare e palpebrale sino ad allora senza terapia. Nei decenni successi­vi i neurologi si sono resi conto delle enor­mi potenzialità offerte dalla tossina botu­linica per il trattamento di diverse malat­tie prive di rimedi efficaci: distonie moto­rie e spasmi facciali, tic vocali ed disfonie laringee, cefalea e sindromi dolorose, cram­po dello scrivano e alterazioni della moti­lità oculare, disturbi urologici e ginecolo­gici. «La tossina botulinica ha influenzato la te­rapia neurologica come nessun’altra so­stanza », ha affermato recentemente il neu­rologo tedesco Wolfang Jost, uno scienzia­to che ha contribuito molto al progresso delle conoscenze in questo ambito. In que­sti ultimi anni l’impiego crescente della te­rapia botulinica ha posto problemi medi­co- sanitari ed etici nuovi. Le sue applica­zioni sono andate ampliandosi, non sem­pre in maniera controllata, e sovente l’uso si è trasformato in abuso. So­prattutto nel campo labile e controverso, tra cura e con­sumo, della medicina esteti­ca e ancor di più della medi­cina cosmetica. Occorre in­fatti distinguere tra un im­piego terapeutico per il trat­tamento medico di patologie neurologiche e muscolari e un uso estetico per trattamenti puramen­te cosmetici. In molte alterazioni neurologiche il recu­pero di un’armonia motoria alterata può portare a un migliore equilibrio relaziona­le col proprio corpo (sia sul piano emoti­vo- emozionale che su quello estetico-for­male) e un rapporto nuovo tra corpo per­sonale e corpo sociale (con riduzione del disagio sociale legato a condizioni patolo­giche). Queste modalità di intervento ri­spondono positivamente a un’esigenza di salute fisica e di equilibrio psicologico. Il bell’essere corporeo è, in questo caso, una componente lecita ed essenziale del be­nessere fisico. In un mondo in cui i mass media propa­gandano un corpo-immagine come sinte­si di salute, bellezza e giovinezza, è però grande il rischio che l’impiego della tossi­na botulinica diventi non una modalità per raggiungere un risultato estetico lecito, ma solo un modo per perseguire un obiettivo cosmetico aleatorio: una condizione nella quale la medicina non è più al servizio di 'pazienti' bensì di 'consumatori', venen­do meno in tal modo ai suoi principi fon­damentali: guarire, ove possibile, la malat­tia e curare, sempre, il malato.  I vantaggi che le ditte produttrici di tossi­na botulinica traggono da questo variega­to e 'ambiguo' scenario sono notevoli e spesso l’aspetto puramente economico sembra prevalere sull’interesse scientifico. Ne è riprova il fatto che la stessa tossina viene messa sul mercato con differenti no­mi commerciali a seconda delle indicazio­ni.  Chi la utilizza solo per soddisfare la ri­chiesta di una mera bellezza cosmetica non vuole confondersi con chi la impiega per ri­solvere condizioni patologiche in ambito medico: il 'cliente' non deve sentirsi un 'malato' !  Le iniezioni sottocute di tossina botulini­ca possono efficacemente (anche se solo temporaneamente) spianare le rughe del volto e dare un’illusoria impressione di pe­renne gioventù. Come tutti i farmaci la tos­sina botulinica presenta un profilo di ri­schio/ beneficio che va attentamente va­lutato, ma l’abuso del suo utilizzo in campo estetico porta con sé il rischio di farne un ' doping' nell’illusoria ricerca di un’eterna giovinezza tesa a soddisfa­re più una domanda di un bell’essere modaiolo che a rispondere a una reale e­sigenza di benessere. Occorre dunque che la medicina ponga e­splicitamente il problema tra la liceità del­la ricerca di un benessere medico che il bo­tulino può dare con il superamento di con­dizioni patologiche e i limiti all’impiego per raggiungere un bell’essere estetico che la terapia botulinica può fornire per motivi puramente cosmetici. Anche se è questo secondo aspetto, per l’enorme potenzialità del suo utilizzo presente e futuro, quello che maggiormente interessa all’industria che produce botulino e che rende così al­lettante sul mercato la scalata per la sua conquista.