Intervista. Giorgia Bordignon, ai mondiali di sollevamento per salire sul podio
In rotta verso la “città dell’amore” per flirtare con un bilanciere e portare sotto coperta punti importanti per l’approdo in quel porto oggi assai travagliato, chiamato Giochi olimpici. Già presente in agenda nella prima edizione dell’era moderna, ad Atene nel 1896, il sollevamento pesi è stato a un passo dall’esclusione dal programma a cinque cerchi. Sconquassato dal flagello del doping, l’anno passato i Mondiali californiani di Anaheim furono preclusi a nove nazioni: Russia, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Cina, Moldavia, Kazakistan, Turchia e Ucraina. Un anno dopo si cerca di voltare pagina, cambiando le regole del gioco. Nuove categorie di peso per snellire le competizioni e qualificazione olimpica individuale e non più di squadra. Così a staccare il pass saranno i singoli atleti, i quali per sbarcare a Tokyo dovranno conquistare punti nei tornei, a partire proprio dal Mondiale che comincia giovedì in Turkmenistan. Un percorso lungo 20 mesi, durante i quali gli atleti saranno più volte controllati. In un clima di incertezza e novità gli azzurri giungono ad Asgabat, che nell’idioma persiano significa appunto città dell’amore, pronti e fiduciosi.
La più attesa è lei, la varesina di nascita, ma ormai pugliese d’adozione, Giorgia Bordignon, in primavera medaglia d’argento agli Europei di Bucarest. «Per via delle nuove categorie di peso e del ritorno in gara delle nazioni prima escluse, questi Mondiali saranno un’incognita. Io avevo cominciato nei 63 chilogrammi, quindi ero passata ai 69, adesso gareggerò nei 64, ma non è un problema. Per fortuna mi basta una dieta sana per rientrare nel peso», attacca la sollevatrice. La differenza sostanziale sta invece nel sistema di qualificazione olimpica. «Ora ogni atleta gareggia per sé, in passato era invece la nazione a conquistare le carte. Personalmente preferisco questa nuova formula, perché così ciascun pesista è padrone del proprio destino».
Trentuno anni sulla carta d’identità, ventisette titoli italiani in bacheca (quindici di categoria e dodici assoluti) e una voglia immensa di tornare ai Giochi olimpici. «L’esperienza di Rio mi ha dato tanto, mi viene la pelle d’oca solo a ricordarla. Ho imparato che c’è una prima volta in tutte le cose della vita. Io ci sono arrivata a 29 anni e il sesto posto è stato meraviglioso, molto più importante delle medaglie conquistate agli Europei». Calcare nuovamente il palcoscenico olimpico in quel di Tokyo è la molla quotidiana che stimola la stimola vero? «In Giappone mi piacerebbe vivere a pieno l’Olimpiade, magari partecipando alla cerimonia d’apertura e frequentando di più il villaggio. Cose che in Brasile non ho fatto». Giorgia ha visto per la prima volta il bilanciere a 16 anni. «Ero andata in palestra per fare fitness insieme a un gruppo di amici. Sono entrate in sala pesi e non sono più uscita. Oggi la pesistica è la mia vita, ma non la considero un lavoro, bensì una passione».
Arruolata nella Polizia Penitenziaria nel 2010 - nata e cresciuta a Gallarate, diplomata all’istituto alberghiero - vive da otto anni a Bari. «La mia giornata tipo? È molto ripetitiva. Lunedì, mercoledì e venerdì mi alleno in palestra di mattina e di pomeriggio, mentre martedì, giovedì e sabato faccio una sola seduta». Due gli esercizi base della pesistica: lo strappo e lo slancio. Il primo (in inglese “snatch”) consiste nel sollevare il bilanciere sopra la testa in un unico movimento. Nel secondo (“clean and jerk”) il bilanciere viene invece prima portato con la girata all’altezza delle spalle, quindi sollevato con la spinta al di sopra della testa. «Sono una strappista nata, perciò in questo esercizio mi esprimo meglio. Lo strappo, dove ho sollevato 105 chili, è innato, lo slancio, dove ho un record di 127 chili, si impara». Per vincere occorre forza, ma anche astuzia tattica nello scegliere il momento giusto in cui entrare in gara. «E poi non bisogna avere paura, né farsi prendere dall’ansia. Restare concentrati è fondamentale».
Il suo, dicono sia uno sport pieno di pregiudizi. «In molti pensano che una pesista donna sia destinata a diventare bassa, grassa e di aspetto simile a un uomo. Mi sento di smentire totalmente queste credenze... Quando ho cominciato ero impulsiva e d’impatto, oggi sono paziente e calma. La nostra è una disciplina che consente di conoscere a fondo il proprio corpo, dalla mobilità alla muscolatura. Ma anche di scoprire il proprio carattere, visto che richiede pazienza, controllo e grinta. La pesistica ti dà tanto in termini di conoscenza di sé stessi a livello fisico e mentale, ma richiede anche tanto. Ho pensato al mio fine carriera? Non ancora... Non sono famosa come alcune atlete azzurre, non ho un grande seguito sui Social, ma anche io come tante mie colleghe lavoro duramente ogni giorno per poter arrivare alle Olimpiadi».