Il caso. I trumpiani arruolano (e armano) Bonhoeffer. È polemica Usa-Germania
Materiale promozionale del film "Bonhoeffer. Pastor, spy, assassin"
Giù le mani da Dietrich Bonhoeffer! Si può sintetizzare così il messaggio rivolto ai nazionalisti cristiani americani da gran parte dei numerosi discendenti del pastore luterano martire del nazismo e di un nutrito gruppo di studiosi del teologo. Si sono mobilitati – con dichiarazioni pubbliche, lettere aperte e con la petizione su change.org, arrivata a quasi 4mila firme - per difendere la memoria del teologo. Questa sarebbe «falsificata e abusata» dai nazionalisti cristiani americani che hanno sostenuto Donald Trump nella sua vittoriosa corsa al secondo mandato per la Casa Bianca.
Falsificazione che si sostanzierebbe non solo nelle citazioni svisate del pensiero di Bonhoeffer in documenti programmatici dei conservatori, ma anche in un film uscito negli Usa la scorsa settimana, nella locandina del quale il resistente al nazismo viene raffigurato con una pistola in mano. Immagine alla James Bond coerente con il titolo Bonhoeffer. Pastor, spy, assassin, un po’ meno con la reale figura storica di un uomo che ha sì partecipato alla fallita congiura per uccidere Adolf Hitler il 20 luglio 1944, ma per questo ha versato il proprio sangue non quello altrui.
La pellicola, prodotta dalla casa Angel Studios, fondata da quattro fratelli mormoni, è stata criticata già prima dell’uscita per quelle che, nel trailer, vengono viste come indebite allusioni tese a paragonare la situazione attuale con il regime nazista, al quale ribellarsi. Il film è interpretato da attori tedeschi di primo piano come Moritz Bleibtreu (Lola corre, Munich e Soul Kitchen, tra i film a cui ha partecipato), August Diehl che ha recitato in Bastardi senza gloria, Il giovane Marx e La vita nascosta-Hidden Life nel quale, ironia della sorte, ha interpretato un altro martire del nazismo, Franz Jägerstätter. Nel ruolo del protagonista della pellicola, infine, c’è Jonas Dassler, attore che è stato diretto, tra gli altri, da Florian Henckel von Donnersmarck. Paradosso: tutti e tre gli interpreti, e molti altri del cast, hanno firmato una dichiarazione in inglese contro il possibile cattivo uso che si può fare del film, sostenendo così le perplessità espresse dagli studiosi riuniti intorno alla Dietrich Bonhoeffer International Society e dalla lettera aperta dei familiari, che sono apparse in Germania a metà ottobre in vista delle elezioni americane, rispettivamente sul settimanale “Die Zeit” e sulla catena di giornali del gruppo Funke. I discendenti esprimono «sgomento» nel constatare come il lascito di Bonhoeffer venga «sempre più falsificato e abusato da antidemocratici di estrema destra, xenofobi e agitatori religiosi», si legge nella lettera che porta la firma di ottantasei dei cento nipoti e pronipoti del teologo (aveva sette fratelli e sorelle). Tra essi membri delle famiglie von Dohnanyi e Schleicher, i cui nonni e bisnonni pagarono anche loro con il sangue per la resistenza a Hitler e l’attentato del 20 luglio.
Nel mirino dei due interventi in particolare c’è l’opera del giornalista e saggista conservatore pro Trump Eric Metaxas, autore nel 2010 di una popolare biografia Bonhoeffer: pastor, martyr, prophet, spy (Bonhoeffer: pastore, martire, profeta e spia), libro che . nonostante l’assonanza del titolo - non è alla base del film. Quest’opera - tradotta anche in tedesco e in italiano (Fazi 2012) - già «nell’edizione originale è oggettivamente difettosa ed è stata duramente criticata», lamentano gli studiosi. L’autore inoltre avrebbe indebitamente arruolato il teologo - insieme ad altri resistenti come Martin Niemoeller – nelle schiere del nazionalismo cristiano in lotta contro i democratici, nemici politici paragonati ai nazisti. Emblematici dell’atteggiamento di Metaxas, prosegue il documento, sarebbero poi l’incipit dell’ultimo suo libro Religionless christianity (altro concetto mutuato da Bonhoeffer) - «Siamo in guerra» - e i suoi interventi nei talkshow e sui social. Metaxas, dunque, «non è un narratore affidabile dell’opera e della vita di Bonhoeffer», concludono gli estensori del documento.
Vita e opera che oggi, proseguono gli studiosi nella loro critica alla destra cristiana, «sono sempre più utilizzate per legittimare la violenza politica. A questo scopo vengono sostenute false equiparazioni storiche tra il nostro presente e il regime totalitario nazista. Queste narrazioni sono pericolosamente incendiarie», recita l’intervento, che porta, tra le firme – oltre a quelle dei presidenti della società Bonhoeffer di area anglofona, Lori Brandt Hale, e tedesca, Florian Höhne – quelle di due vescovi luterani, Wolfgang Huber e Heinrich Bedford-Strohm, già presidenti dell’Ekd, il consiglio della Chiesa evangelica tedesca.
Persino il regista della pellicola appena uscita, sentito alla vigilia dell’approdo nelle sale dal quotidiano “Süddeutsche Zeitung” e dal settimanale “Der Spiegel”, si difende, dicendo di non aver di aver girato un film propagandistico, di non avere nulla a che fare con Metaxas e dando ragione ai familiari per la critica alla locandina. «Non volevo la pistola nel marketing. Non è stata una mia decisione. Penso che sia una rappresentazione sbagliata. Cos’altro aggiungere: non ho mai pensato che questo film fosse la definitiva, unica e vera rappresentazione di Bonhoeffer. È la mia versione», ha dichiarato al giornale bavarese. Il quale conferma come la pistola sia solo una trovata di marketing, usata per rafforzare l’immagine di attentatore e solleticare un pubblico avvezzo alle armi. Ma nelle due ore di pellicola il personaggio principale non ne impugna mai una.
Oltre all’opera cinematografica e all’operato di Metaxas la scure di parenti e studiosi è caduta, infine, sul documento della conservatrice Heritage Foundation, denominato “Progetto 2025”, nel quale viene citata l’idea teologica bonhoefferiana della “grazia a caro prezzo”. Questa verrebbe “abusata” allo scopo di «screditare la protezione dei migranti e la preoccupazione per l’ambiente». Dietrich Bonhoeffer, invece, «si è speso per la giustizia e l’amore del prossimo, in particolare a favore dei più deboli», sottolineano gli studiosi. Insomma, un teologo senza pistola, armato solo di fede in Cristo.