Agorà

INTERVISTA. Roberto Bolle: «Nureyev, ha riscritto la storia della danza»

Pierachille Dolfini lunedì 7 gennaio 2013
​I suoi compagni della Scuola di ballo del Teatro alla Scala, impegnati nelle prove dello Schiaccianoci, avevano già fatto la borsa e se ne erano andati. «Io mi ero fermato in sala, per fare ancora qualche esercizio». Dicembre 1990. A un certo punto una porta si apre e compare Rudolf Nureyev, a Milano per rimontare la sua coreografia del balletto di Cajkovskij. «Fammi vedere quel che sai fare» dice il grande ballerino notando una marcia in più in quel quindicenne in calzamaglia. «Mi sono messo alla sbarra e ho iniziato a fare gli esercizi» racconta oggi Roberto Bolle. «Rudolf mi ha fatto qualche correzione e se ne è andato. Ho poi saputo che mi aveva scelto per il ruolo di Tadzio in Morte a Venezia, balletto che avrebbe danzato l’anno successivo a Verona». Bolle, però, non riuscì a ballare accanto a Nureyev perché la Scala non gli diede il permesso. «Ma quell’incontro – racconta Roberto – ha segnato la mia vita».Nureyev aveva visto giusto, intuendo che quel giovane allievo sarebbe diventato una stella della danza.Più che una consacrazione artistica, l’incontro con Rudolf per me è stato una grande iniezione di fiducia, la consapevolezza che stavo percorrendo, tra mille sacrifici, la strada giusta. Avevo 15 anni e vivevo da solo a Milano, impegnato con il liceo e la Scuola di ballo: il desiderio di mollare tutto e tornare dalla mia famiglia era forte. Se non ci fosse stato quell’incontro, forse, non sarei diventato ciò che sono oggi.Ma qual è stata, Roberto Bolle, la grande lezione di Nureyev?Rudolf, oltre a essere stato il grande ballerino che ha entusiasmato le platee di tutto il mondo, è stato un coreografo che ha impresso una svolta epocale alla danza dando dignità e importanza ai ruoli maschili: con lui il balletto non è più solo grazia e delicatezza, ma diventa anche esaltazione della forza e della potenza. Un regalo che ha fatto a noi danzatori di oggi, valorizzando mai come nessuno, né prima né dopo lui, la danza maschile.Una scelta del coreografo-Nureyev dettata forse anche dal desiderio del ballerino-Nureyev di essere protagonista.Lo dice anche il fatto di aver disseminato di insidie tecniche, che lui eseguiva al meglio, le sue coreografie che sono le più difficili e complesse di tutto il repertorio. Vero è, poi, che prima della sua rivoluzione la stella indiscussa del balletto era la ballerina e l’uomo era relegato al ruolo di porteur: Nureyev ha reinventato i classici mettendo il ballerino sullo stesso piano delle colleghe, aggiungendo passi e variazioni – penso al lungo assolo del secondo atto di Bella addormentata – e laddove non ha aggiunto si è preso due ruoli come nello Schiaccianoci dove danzava Drosselmeyer e il Principe. Ma Rudolf ha saputo valorizzare anche il corpo di ballo: per portare in scena le sue coreografie occorre una compagnia di altissimo livello perché con Nureyev non puoi barare, deve dare il massimo.Solo una lezione tecnica?Nei suoi lavori c’è un grande approfondimento psicologico. Le sue riletture di Schiaccianoci o di Lago dei cigni vanno al di là della fiaba, scavano in profondità, raccontano la vita nei suoi molti aspetti e offrono ai ballerini un grande spazio di interpretazione.Grande sul palco, sregolato nella vita.Anche la sua sregolatezza – non mi spiego, da artista, come facesse a ballare tutta la notte in discoteca e presentarsi poi puntuale e lucido a lezione – ha contribuito a creare la leggenda, insieme alla fuga dalla Russia e alla memorabile partnership con Margot Fonteyn. Nureyev è una di quelle figure carismatiche difficili da replicare.Questo vuol dire che non ha eredi?Intendiamoci, non è che non esistano coreografi contemporanei geniali, ma la sua grandezza è stata quella di rendere moderni i classici, cosa che oggi manca alla nostra danza.Molti vedono in lei un suo erede.Lui è il mito in assoluto. Rudolf ha abbattuto muri giganteschi, io in confronto posso dire di aver aperto una porta.