L’amicizia tra Carlo Betocchi e Carlo Bo nasce e si sviluppa nei primi anni Trenta, nell’ambito della rivista "Il Frontespizio". Il rinnovamento della letteratura in ambito cattolico trovò il punto di forza in alcuni uomini di grande fede: Bargellini, Lisi e Betocchi. Diplomati "periti agrimensori", reduci dalla Grande Guerra e dall’esperienza di una rivista strapaesana, "Il calendario dei pensieri e delle pratiche solari" (1923), i tre amici intendevano ritornare a un cristianesimo semplice e popolare. Betocchi e i suoi amici saranno un punto di riferimento costante per Bo il quale amava ricordare: «Si distinguevano soprattutto per il grande senso di umanità e di amicizia che avevano. Cosa che poi non ho più ritrovato». "Il Frontespizio", nel clima ormai consolidato della dittatura fascista e del Concordato, da un lato riprende i programmi del "Calendario" e dall’altro chiama a raccolta i nuovi «cattolici che scrivono» - come amavano definirsi - e gli artisti emergenti che venivano presentati ai lettori. Carlo Bo, fra i più giovani collaboratori della rivista, funge da collegamento tra la generazione degli anziani - Giovanni Papini, Domenico Giuliotti, don Giuseppe De Luca - e gli esordienti - Roberto Weiss, Mario Luzi, Leone Traverso, Alessandro Parronchi, Giancarlo Vigorelli. Betocchi, dalla fine anni degli anni Venti, lavorò come geometra in Toscana e dai cantieri inviava al "Frontespizio" poesie e scritti, collaborando a distanza. E proprio dal contatto con le persone semplici e dallo sguardo umano, nasce quel sentimento di pietas e di carità profonda verso le persone e le cose che connota la sua persona e la sua poesia.La formazione di Betocchi e quella di Bo hanno comuni punti di riferimento: la letteratura francese (Rimbaud, Baudelaire, Mallarmé) e la poesia dei primi anni del Novecento: Clemente Rebora e Dino Campana. Betocchi, a proposito del clima in cui nacque e si sviluppò "Il Frontespizio", affermò: «Era un gruppo di amici che esprimeva una grande umanità: e che molto si amavano e si stimavano». Nel 1932 Piero Bargellini pubblica la prima raccolta poetica di Carlo Betocchi dal titolo Realtà vince il sogno, per le edizioni del "Frontespizio". Nel presentarla al pubblico dei lettori userà queste parole: «La poesia del Betocchi è nata libera dall’incubo dell’alchimia. È nata come il canto delle cose […] come assunzione del creato a motivo del canto». Gli esordi di Betocchi e di Bo sul "Frontespizio" avvennero nello stesso numero della rivista: febbraio 1930, con brevi prose di avviamento, rispettivamente «Il babbo» e «Machiavelli chierico»; collaborazione che si concluderà per entrambi e per il gruppo dei giovani nel 1938. Bargellini inviterà i due amici a occuparsi di critica letteraria. A Bo gli autori delle letterature straniere, a Betocchi la poesia: liriche (proprie e di altri poeti) e critica poetica. Al poeta Betocchi verrà affidata nel ’33 la rubrica "Letture di poeti" nella quale, dopo Ungaretti, presenterà i giovani e meno giovani poeti del tempo. Nel giugno del ’34 Bo pubblica sul "Frontespizio" «Sogni di Betocchi», la prima recensione dedicata alla scrittura poetica dell’amico, definita «illuminante e fuggevole». Sono questi gli anni in cui all’interno del "Frontespizio", su impulso di Bo, nasce la poesia e la critica ermetica. I giovani amici sognano una «letteratura pura e universale» e scoprono per la prima volta i poeti del surrealismo. A Bo e agli amici il titolo della raccolta poetica di Betocchi - Realtà vince il sogno - risultava strano e incomprensibile. Il poeta con quel titolo dichiarava di prendere le mosse dalla vita, di attenersi alle indicazioni concrete della realtà piuttosto che alle vane illusioni del sogno. In quegli anni Carlo Bo è fra i primissimi a scoprire i nuovi autori della letteratura francese e spagnola e a scavare in profondità quei territori fino allora sconosciuti. Mario Luzi affermò: «Bo aveva delle letture enormi. Era un lettore-monstre. Mi ricordo che nel periodo in cui altri avevano letto qualcosa, lui aveva divorato scaffali; aveva tutte le disponibilità alla lettura. La lettura era il fatto capitale». Affermazione condivisa dallo stesso Betocchi: «Senza dubbio, fra di noi, una certa consonanza di motivi spirituali esisteva. L’ambiente che noi frequentavamo ci offriva l’occasione di poter approfondire interessi, letture e autori della letteratura che insieme condividevamo e che Carlo Bo conosceva già molto meglio di noi». Lo scambio di lettere fra Betocchi e Bo prende avvio proprio sul tema della lettura e della conoscenza degli autori francesi. Betocchi si rivolge al giovane amico con una cartolina datata 5 novembre 1934 - il primo documento dell’intero carteggio - per chiedergli notizie sulla figura e sull’opera di André Lafon,
L’élève Gilles, che egli aveva appena tradotto per l’Editore Il grappolo di Milano con il titolo
Mattutino (1936). Nella lettera di risposta Bo fornisce all’amico tutte le informazioni richieste che servono a Betocchi per corredare la prefazione. Inoltre, si ha notizia degli autori letti da Bo in quei mesi: François Mauriac e Alain-Fournier.Nel luglio del ’36 Bo ospiterà l’amico nella sua casa di Sestri Levante. Intorno alla metà degli anni Trenta un forte legame d’amicizia si viene a creare fra Betocchi, Bo e Luzi sul comune fondamento della
pietas<+to> cristiana. È sempre Luzi a confessare: «Sarebbe auspicabile che risultasse questo: che avessimo cioè lasciato lavorare in ciascuno di noi l’unità del messaggio, trovata proprio sul tema della carità».Nel 1938 il saggio
Letteratura come vita di Carlo Bo - considerato il manifesto dell’ermetismo - sarà preceduto da un intenso dibattito fra Bo e Betocchi sulle pagine del "Frontespizio", sul tema della vita in rapporto alla letteratura.Tutte le raccolte poetiche di Betocchi, di stagione in stagione, saranno pubblicate e accompagnate da saggi e prefazioni di Bo. E Betocchi fu sempre riconoscente di quella fedele e straordinaria dimostrazione d’affetto. Il poeta Betocchi - considerato da Bo, Luzi, Caproni, Raboni e diversi altri, tra i grandi e assoluti poeti novecenteschi - ancora oggi è tra i pochissimi a non comparire nelle edizioni dei Meridiani Mondadori. Un peccato di omissione che non trova giustificazioni.