Intersezioni. Benedetto XVI e Napolitano, i destini rovesciati e quella «stella comune»
Giorgio Napolitano
I destini del Papa dimissionario e quelli del primo presidente ex comunista al Quirinale si incrociarono nel tardo pomeriggio del 4 febbraio 2013. Alle 18 era in programma un concerto in loro onore per l’84° anniversario dei Patti lateranensi. Il colloquio che lo precedette ci stava tutto, essendo Giorgio Napolitano determinato a vincere le pressioni che gli chiedevano un “bis” e tutto lasciava presupporre che potesse essere l’occasione per il commiato con Benedetto XVI. La storia si incaricherà invece di scrivere due pagine inedite a parti invertite. Napolitano proseguirà nell’incarico, letteralmente costretto al primo “bis” della storia – venendo meno, anche se per soli due anni, all’impegno preso col medico e la consorte Clio – ed è Benedetto XVI che lascerà, dopo averlo fatto sapere in quell’occasione, con 7 giorni di anticipo, all’amico presidente. In un’intervista ad Alessandro Acciavatti Napolitano aveva già raccontato il suo stupore («Santità, ma non è mai successo…») per la clamorosa decisione: «Mi disse del suo affaticamento e quindi della vera e propria impossibilità per lui di continuare. Provai sentimenti di grande ammirazione e solidarietà nei suoi confronti». Ora Daniela Tagliafico con "Re Giorgio" (Rai Libri, 256 pagine, 19 euro) entra nei particolari. Da direttrice di Rai Quirinale all’epoca, è una testimone privilegiata dei 7 anni più 2 vissuti intensamente da Napolitano sul Colle e – passato qualche anno – ha deciso di raccontare i “dietro le quinte” di una presidenza così lunga e incisiva. Quell’evento è ricostruito con attenzione ai dettagli proporzionata alla portata storica: «Dunque, quando inizia il concerto Napolitano “sa”. Non lo sa Monti – presidente del Consiglio dimissionario, in carica per i soli affari correnti, ndr – Non lo sanno il presidente del Senato Schifani, né quello della Camera Fini. Tenuto alla riservatezza Napolitano non può cambiare il discorso. Ma come non emozionarsi con quel segreto addosso?». Nell’Aula Paolo VI, «di fronte a migliaia di persone, due uomini stanno condividendo un’intimità straordinaria». Napolitano è nella fase finale del suo mandato: «Ella non si stupirà Santità se nelle mie parole affioreranno accenti di emozione», dice. Ma, messa in preventivo alla stesura del discorso, l’emozione è raddoppiata dall’annuncio appena avuto. La voce di Napolitano si incrina: «Mi ha arricchito molto il dialogo che abbiamo potuto intrattenere sull’Italia, sull’Europa, sulla pace e sulla stessa politica intesa come dimensione essenziale dell’agire umano…». Ad Assisi, con Benedetto XVI, Napolitano aveva avuto un altro momento di commozione nel ricordare – un po’ immedesimandosi – Benedetto Croce che scriveva ad Alcide De Gasperi: «Che Dio ti aiuti perché anch’io credo a modo mio». La musica ha contribuito tanto ad avvicinare due uomini diversi per storia, ruolo e cultura, scopertisi inaspettatamente vicini. Nel luglio 2012, ospite di un altro concerto a Castel Gandolfo Napolitano aveva parlato di vera e propria «affinità». Quel giorno, nei giardini della residenza estiva del papa, avevano «passeggiato, parlato come persone che hanno un rapporto di schietta amicizia». Gli scriverà Benedetto XVI il giorno delle dimissioni, rivelategli con una settimana di anticipo: «Nonostante la diversità della nostra provenienza e dei nostri impegni, eravamo guidati dalla luce della stessa stella».