La mostra. Canaletto e Bellotto, le vedute dell'illuminismo
Bernardo Bellotto, "Il Castello Sforzesco, Milano", 1744 circa, olio su tela. České Budějovice, Castle Náměšť nad Oslavou
Se oggi dovessimo tentare un cimento, come quelli che erano in voga proprio ai loro tempi tra artisti, tra Canaletto e Bellotto, forse non sarebbe il celebre zio e maestro a prevalere sul nipote e allievo. Questione di gusti, senza dubbio: ma la pittura di Bellotto, con i toni cinerini e desaturati, la luce livida, le ombre scavate e oblique che serrano i piani dell’immagine, l’attrazione per la patina logora delle superfici, suona oggi di una decisa modernità. Ma al grande pubblico sarebbe difficile far digerire una mostra del solo Bellotto. Ecco perché le Gallerie d’Italia a Milano – oggi uno dei poli espositivi di maggior rilievo in Italia – vanno a titolare Bellotto e Canaletto. Eppure basta la proporzione tra le opere per capire che di una monografia si tratta: su 72 tele solo 10 sono di Canaletto. Scopo dell’esposizione curata da Bozena Anna Kowalczyk (catalogo Silvana) è proprio definire la personalità di Bernardo Bellotto rispetto ad Antonio Canal, con il quale a lungo è stato confuso (complice il fatto che egli stesso, su suggerimento dello zio, si firmava Canaletto), al punto che numerosi sono stati negli ultimi anni gli spostamenti di catalogo specie nelle collezioni inglesi, mercato che fece la fortuna dei vedutisti.
Canaletto, "Il Canal Grande con il Ponte di Rialto da sud, Venezia", 1740 circa, olio su tela. Parigi, Institut de France, Musée Jacquemart André ( Culturespaces - Musée Jacquemart André) - A-Tableau(x)
Quando Bernardo nasce, nel 1722, lo zio materno Antonio (1697-1768) sta costruendo la sua fama come pittore di vedute; quando entra nel suo studio (vi è già nel 1736), questi è ormai affermatissimo. Bellotto di Canaletto assimila il procedimento di lavoro: schizzi ripresi dal vivo con la camera ottica con l’idea della veduta prospettica del luogo, ricomposti poi nello studio secondo il gusto e l’ispirazione del momento. Sulla veridicità della veduta si dovrebbe essere sempre sorvegliati: la sezione dedicata al “capriccio”, genere settecentesco per eccellenza, ci mostra come realismo e credibilità siano messi al servizio di una visione tanto artificiale quanto verosimile. Ciò che conta è quindi l’efficacia del montaggio, che è sempre cosa mentale. Veduta e capriccio sono, sebbene in misura diversa, entrambe realtà possibili e contribuiscono in modo paritario, attraverso un processo di selezione e assemblaggio, alla costruzione dell’immagine “classica” del paesaggio italiano.
Le prime sezioni mettono a confronto (anche su soggetti identici) i lavori di Canaletto e Bellotto. La collaborazione è stretta – il primo nel 1742 manda il secondo in viaggio a Roma per trarne disegni dal vero – fino a quando nel 1744 il nipote si separa per sempre dallo zio, spostandosi in Lombardia e Torino. Nel 1747, a 25 anni, viene invitato dall’Elettore di Sassonia a Dresda. L’anno prima Canaletto si era spostato a Londra: la scissione dei percorsi coincide con il distanziarsi degli stili, prima quasi indistricabili. Se in terra inglese Antonio scalda ulteriormente la tavolozza e insieme ammorbidisce il segno, Bernardo in Germania si fa più drammatico, e sebbene abbia l’incarico di ritrarre la città barocca che sale sembra più attirato dal vernacolo delle case dal tetto a spiovente e la polvere sospesa dei cantieri.
Bernardo Bellotto, "Dresda dalla riva sinistra dell’Elba, il Castello a sinistra, la chiesa cattolica Hofkirche di fronte", 1748, olio su tela. Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister (Scala/Bpk) - Copyright Photo Scala, Florence/BPK, Bildagentur fuer Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin
Eppure tra tutti coloro che passano nell’atelier del maestro – ben nutrito, vista la mole di commissioni a cui deve fare fronte – «Bellotto è l’unico assistente e allievo di Canaletto che ne comprende il credo artistico coltivandolo con lo studio e la lettura», scrive la Kowalczyk. La loro è pittura di luce, sì, ma soprattutto Canaletto e Bellotto sono pittori illuministi. L’approccio scientifico è alla base di ogni composizione e precede, come fondamenta, l’elemento emotivo. Ragione e sentimento, modernamente, si bilanciano. Canaletto «verso il 1730 – scrive la curatrice – mostra di avere completamente soddisfatto con la sua pittura gli ideali artistici dei giovani turisti del Grand Tour che nella casa veneziana di Smith (console britannico e principale agente sul mercato inglese di Canaletto, ndr) discutono delle nuove teorie illuministe ed è difficile credere che non ne sia partecipe, convinto e appassionato... I dipinti che produce sono opere di un artista colto, che conosce le nuove teorie scientifiche di Isaac Newton, di George Berkeley – e le sa interpretare ai fini di una rappresentazione razionale e convincente».
Bernardo Bellotto, "Pirna dalla Fortezza di Sonnenstein", 1754-1756, olio su tela. Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister (Scala/Bpk) - Copyright Photo Scala, Florence/BPK, Bildagentur fuer Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin
Il nipote parte da qui. E se di Canaletto non conosciamo le letture, ne siamo perfettamente al corrente per Bellotto, che le registra in un prezioso documento del 1760, ai tempi di Dresda. È un elenco di ben 1.078 volumi (in mostra troviamo esemplari di edizioni possedute dal pittore) in cui accanto a trattati tecnici di pittura – da Pozzo a Bibiena – si estende il catalogo che registra Berkeley e la sua teoria sulla visione, Voltaire, Montesquieu e Hume, il cattolicesimo illuminato di Muratori e Maffei ma anche il fronte antiromano, che in Venezia aveva una tradizione forte, da Paolo Sarpi a Gregorio Leti; sul versante letterario ecco Molière, Goldoni e Metastasio, quindi Cervantes e gli allora recentissimi Tom Jones di Fielding, Paméla di Richardson e la Papesse Jeanne di Spanheim.
Bernardo Bellotto, "Pirna dal villaggio dei pescatori", 1753-1754, olio su tela. Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister (Scala/Bpk) - Copyright Photo Scala, Florence/BPK, Bildagentur fuer Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin
Bellotto appare quindi un intellettuale europeo, e l’Europa è il terreno di azione del Bellotto maturo. Dopo Dresda ci sono Vienna, Monaco, ancora Dresda e infine a Varsavia, dove muore nel 1780. In mostra non si contano i capolavori, specie di dimensioni monumentali, che registrano la luce del Nord, in cui l’architettura si fonde con la natura: già anticipata nelle vedute della Gazzada a Varese o nel magnifico Antico ponte sul Po di Torino e culminante in Pirna dal villaggio dei pescatori (1753-1754), registrata al crepuscolo, quando la luce è ormai solo un riverbero nell’aria.
Milano, Gallerie d'Italia
BELLOTTO E CANALETTO. Lo stupore della luce
Fino al 5 marzo