Musica. Battiato, torna il suo primo "live" per i 75 anni
«Abito in una casa di collina… vivere più a sud, per trovare la mia stella. E i cieli e i mari, prima dov’ero». Iniziava così il primo disco live di Franco Battiato. A dargli il titolo però era l’unico brano registrato in studio, l’inedito Giubbe rosse. Un inno alla sua ritrovata Sicilia dopo gli oltre trent’anni a Milano, a cercare e trovare la propria via della musica e la consacrazione. Da allora, da quella fine degli anni Ottanta, «il fuoco incandescente del vulcano» è lì a uno sguardo dalla casa madre di Milo, Villa Grazia, come si chiamava la madre, sua e di Michele, il fratello che da due anni e mezzo si è trasferito con la moglie da Milano a Milo, per stargli accanto in questi difficili anni.
Tra pochi giorni, il 23 marzo, Battiato compirà 75 anni e, come già successo con Fleurs, la casa discografica Universal Music lo festeggia e omaggia con la pubblicazione (domani) della versione rimasterizzata (in vinile e in digitale con tre bonus track in spagnolo) di quel doppio live uscito nel 1989. Un album frutto del meraviglioso Fisiognomica tour, che era partito dal Teatro Ponchielli di Cremona e aveva portato Battiato in tutta Italia, oltre che in mezza Europa sul finire dell’88. Con Franco, in molti brani seduto su un tappeto con le cuffie, c’erano i suoi musicisti e l’Orchestra Internazionale d’Italia diretta dal fraterno amico e sodale Giusto Pio. Al Teatro Lirico di Milano, in tre sere di dicembre, a registrare le nuove perle E ti vengo a cercare e Oceano di silenzio, i vecchi successi L’era del cinghiale bianco e Centro di gravità permanente, oltre a chicche come Lettera al governatore della Libia (scritta per Giuni Russo) e Mesopotamia (prestata l’anno prima a Dalla e Morandi col titolo Che cosa resterà di me), c’era l’ingegnere del suono Maurizio Biancani, deus ex machina con la bolognese Fonoprint dei più grandi dischi italiani dal ’75 a oggi. «Era impossibile usare il camion con lo studio mobile perché nella viuzza accanto al Lirico non ci passava – ci racconta -, così abbiamo portato tutto il materiale in teatro e abbiamo allestito uno studio di registrazione in un camerino. Oggi basterebbe un computer portatile con scheda audio e due cuffie. Fu una situazione inedita per quegli anni. Catturai tutto il concerto per tre sere con un registratore a 32 tracce digitali, usando delle casse acutizzanti per togliere il rimbombo, una telecamera sul palco per vedere cosa succedeva e stando in costante collegamento con il fonico. Ho anticipato senza computer una situazione di registrazione che adesso con le nuove tecnologie è perfettamente normale».
Artefice di quella lontana registrazione, Biancani è anche l’autore dell’attuale rimasterizzazione. «Furono concerti bellissimi che ricordo ancora adesso nei minimi dettagli. Come ricordo con emozione il missaggio alla Fonoprint a Bologna fatto insieme a Battiato che, non avendo un produttore, aveva curato tutto personalmente insieme a me. Ricordo che dopo avere ascoltato il meglio delle tre serate abbiamo costruito insieme la scaletta aggiungendo in testa l’inedito Giubbe Rosse registrato in studio. Quindi a quattro mani abbiamo mixato. Franco era molto bravo tecnicamente e aveva una musicalità incredibile. È stata una delle mie esperienze più belle, sia musicalmente sia dal punto di vista umano. In quei giorni con Battiato si era creato un clima speciale, un’atmosfera piacevolissima, lui è di compagnia e gentilissimo. In Fonoprint se n’erano innamorati tutti». In questi ultimi anni Biancani ha rimesso mano a diversi altri grandi dischi degli anni 70 e 80. «Anche in questa rimasterizzazione – spiega - sono partito dai miei mix originali. Una cosa particolare che si sente in Giubbe rosse è che Battiato, rispetto alle esibizioni dal vivo dove utilizzava batterie elettroniche con sequenze prese dai suoi dischi precedenti, aveva voluto che gli trovassi dei riverberi da mettere, per esempio, sul rullante della batteria. Voleva dei suoni particolari che caratterizzassero quel suo primo live. E poi volle evitare durante i pezzi i cosiddetti “ambienti”, cioè gli applausi e il tipico effetto live. Desiderava che risultasse un suono molto pulito, con gli applausi solo tra un brano e l’altro». Applausi che per Franco non finiscono mai. E torneranno ancora: buon compleanno!