Il personaggio. Baldini: «Alleno gratis e per amore del pallone»
Il sanguigno Silvio Baldini: massese, 60 anni, allenatore della Carrarese, serie C
Chi mastica solo calcio “spezzatino”, di sicuro si è perso un capitolo importante della nostra storia di cuoio, quella che si intitola: “Prima del sarrismo venne il baldinismo”. Sia Silvio Baldini che Maurizio Sarri sono degli “sperimentalisti” di provincia, arrivati ad allenare in Serie A con l’Empoli del presidente Corsi. Baldini nel 2001 (portando in dote l’inedito, per l’Italia, 4-2-3-1), l’alchemico Sarri nel 2014, alla veneranda età di 55 anni. «Sì, ma a parte i trascorsi comuni di Empoli, io e Sarri siamo due mondi diversi. Io sono un’altra persona... », ci tiene a precisare lo schietto e anarchico Silvio da Massa che ora allena i cugini della Carrarese e lo fa gratis (forse unico caso nella storia del professionismo calcistico) et amore del pallone. «Come l’hanno presa i massesi? Mah... qualcuno ci fa sopra la battuta ironica, qualcuno un po’ più cattivella. Siamo toscani, si sa, “maledetti” come scrisse Malaparte ». Il maledettismo di Baldini sta nel suo carattere sanguigno che qualche volta l’ha portato a “smoccolare” (bestemmiare) da bordo campo: «È capitato una sola volta e mi hanno squalificato. Ma io sono uno che vive anche il calcio come fosse una preghiera. E quella, la preghiera, la recito sempre prima di addormentarmi e quando erano piccoli l’ho insegnata ai miei tre figli». Uno dei tre, Mattia (gli altri sono Valentina e Niccolò), lo aiuta da “vice” in quest’avventura alla Carrarese, il club passato dalle mani di Gigi Buffon («un amico») al presidente Fabio Oppicelli che gli ha dato la possibilità di rimettersi in gioco, visto che l’ultima panchina risaliva al 2011, al Vicenza. Guarda caso la squadra che ha reso celebre, da giocatore, Mimmo Di Carlo, l’uomo a cui ha dato un “calcio sul sedere” in diretta nazionale (pay-tv) durante un Parma-Catania della stagione di Serie A, 2007-2008.
Un gestaccio che gli è costato caro (oltre a un mese di squalifica). Dica la verità Baldini: non lo rifarebbe più, vero?
Eccome se lo rifarei. Il porgi l’altra guancia mi appartiene per educazione cattolica, ma nella vita ho imparato che se vieni provocato devi difenderti. E quella volta ho sferrato il calcione solo dopo essere stato pesantemente provocato, altrimenti, e chi mi conosce lo sa, io di indole sono un pacifico.
Vi siete più incontrati con Di Carlo, avete fatto pace?
Ci invitarono una sera, tempo fa, in un teatro, ma è stata una pagliacciata... Almeno da parte sua non c’era nessuna voglia di riappacificamento e di riderci su come si fa di solito per una storia passata...
Di Carlo intanto è appena tornato su una panchina di Serie A, il Chievo, Baldini invece a 60 anni ricomincia dalla C, e senza prendere un euro.
Ognuno raccoglie ciò che semina – sorride –. Sono un pensionato felice, con vent’anni di contributi, che allena in C, lui in A, bene così. Per me al primo posto viene la famiglia, perciò, se mia moglie Paola e i miei figli, tutti doni del cielo, stanno bene, io posso vivere serenamente anche senza allenare. Al calcio infatti non ci pensavo mica più...
Come è avvenuto il suo rientro?
Lo scorso marzo mi chiama il dg Gianluca Berti che è stato il mio portiere all’Empoli e mi chiede se andavo a dargli una mano. Gli ho risposto secco che non mi interessava, anche perché non conoscevo il campionato di C. Se la sono presa male, pensavano me la tirassi, che li avessi “surclassati” e allora gli dico: facciamo così, se vi salvate, io a giugno vengo ad allenare la Carrarese, e lo faccio pure gratis.
Detto, fatto. E la Carrarese con il tecnico a “stipendio zero” è seconda in classifica e punta decisa alla B.
Ho rinunciato anche al premio promozione in caso di vittoria del campionato e il mio obiettivo è chiaro a tutti: portare la Carrarese in Serie A. Poi posso smettere davvero, perché un sogno del genere potrebbe essere insuperabile.
Faranno in tempo a realizzare questo sogno i “vecchi” Tavano, Maccarone, Coralli e Marchionni, i suoi quattro ex ragazzi all’Empoli che l’hanno seguita anche ancora?
È gente che ha classe, grinta ed esperienza da vendere e quindi può giocare fino a 40 anni. Il problema è che Maccarone quaranta ne fa l’anno prossimo (a settembre) – sorride – ma magari saremo già a buon punto con il nostro sogno....
Allenare i giovani di oggi è più dura rispetto a vent’anni fa?
Più che allenarli è diventato molto più duro gestirli. Vent’anni fa il ruolo del procuratore era marginale, ora è il fulcro del sistema, ed è difficile ragionare con un ragazzo al quale il suo agente gli ha messo in testa che è il nuovo Cristiano Ronaldo e che è sprecato per giocare in C... E poi ci sono i telefonini e i social che complicano tutto.
Come dribblare gli ostacoli?
Volendogli tanto bene a questi ragazzi e cercando di sopravvivere stando uniti... Dove c’è il capitalismo esasperato purtroppo domina l’egoismo. All’economia agricola abbiamo sostituito quella industriale in cui conta solo chi ha più soldi. Vince sempre il più ricco. Oggi il contadino non lo vuole fare più nessuno perché c’è da alzarsi all’alba e faticare sul serio sui campi. Ormai siamo al punto in cui i normali sono considerati persone di serie B... Fa male dirlo, ma è così.
Ma il calciatore è un lavoratore privilegiato della terra.
Vero, lo dico sempre ai miei ragazzi: ricordatevi che voi siete gente fortunata, fate quello che vi piace e vi pagano pure, e parecchio. Il problema è che accanto ai soldi andrebbe messa un po’ più di istruzione. L’80% dei calciatori professionisti si fanno “regalare” il diploma, e lì si fermano. Non capiscono che l’anima di un uomo è la sua cultura, e senza quella, puoi essere un milionario ma prima o poi paghi il conto...
Anche voi allenatori però, senza essere per forza Mourinho passate per uomini “speciali”.
Sono speciali se vogliono sentirsi tali, ma non è la realtà. Io personalmente mi sento una persona normalissima, alla mano. Non vivo di egoismi e non ho mai messo in cima alla scala dei valori i soldi e il risultato a tutti i costi. E forse è per questo che sono diventato un po’ scomodo.
Ma quei sette anni senza allenare come li ha trascorsi?
Ho fatto come Noodles (De Niro) in C’era una volta in America, sono andato a letto presto alla sera. Anche perché spesso mi svegliato alle 5 per andare a pascolare con il mio amico Mario che lavora nella tenuta di Tusa (tra Messina e Palermo) dell’altro caro amico Giovanni Cassata. Mario è una persona speciale, sa tutto delle pecore e di come si fa il formaggio, mi indica i posti dove posso cacciare le beccacce, mi racconta storie incredibili di cavalli. È uno innamorato del proprio mestiere, lo fa con gioia, e in questo siamo simili.
Chi è il collega più simile a Baldini?
Tecnicamente parlando nessuno, ognuno fa il suo mestiere sulla base delle conoscenze e il vissuto sportivo che ha. Umanamente invece Antonio Conte. Tutti guardano solo al Conte fuoriclasse della panchina e ai grandi successi che ha ottenuto: io lo vedo poco ma conosco l’uomo ed è come me. Per Antonio prima di tutto viene la famiglia e gli affetti più cari.
Dopo la famiglia e il campo, cosa c’è nella sua vita di tutti i giorni?
Le passeggiate in mezzo alla natura. Mi piace camminare nei boschi delle mie Alpi Apuane: sto in silenzio, penso, prego Dio, e lì lo sento più vicino e presente che altrove. Adoro leggere i romanzi di Sergio Bambarén e i racconti di montagna di Mario Rigoni Stern... Ci rivedo la storia di mio padre, Valentino, antifascista: faceva il cavatore e ogni giorno camminava quattro ore per andare a spaccare il marmo. Allenare gratis, è poca cosa rispetto alla fatica e ai sacrifici che hanno fatto uomini come lui.